Rientrare in città è tutta un'altra storia. In molti punti le mura della città sono facilmente scalabili e le guardie non prestano molta attenzione alle sommità delle mura. Una volta essersi arrampicati basta saltare su qualche tetto stando attenti a non farsi vedere da nessuno ed è fatta.
Una volta rientrati in città Agre e Pik si mettono in cammino per ritornare dal loro proprietario, niente di strano. Il loro possessore è un imprenditore in regola che spesso collabora con criminali ed i loro colleghi al governo. Si chiama Mariner e l'edificio in cui ha aperto la sua attività è un vecchio magazzino a due piani: al piano terra tiene tutti i suoi operatori, mentre ha adibito il primo piano a suo appartamento. Vive e lavora nello stesso luogo. A volte si chiede se lavora per vivere o vive per lavorare.
Entrati nell'edificio Agre e Pik effettuano la solita routine obbligatoria prima di salire al piano di sopra e consegnare la merce. Svestiti e disarmati salgono le scale, l'unico oggetto con loro è la chiave in mano ad Agre.
Mariner è in trepidante attesa, ha seguito con cura il viaggio dei suoi operatori e si e molto preoccupato quando sullo schermo del suo ufficio ha visto i parametri vitali, di Agre in particolare, variare.
I torsi nudi e le gambe coperte solo da vecchi pantaloni entrano nell'appartamento. Pik rimane all'entrata, Agre fa qualche passo in avanti, Mariner gli viene incontro nel corridoio.
Il grasso possessore è vestito da una vestaglia in pelliccia di chissà quale mammifero mentre l'assente occhio destro è sostituito da una perfetta sfera d'oro puro affiancata dall'unico vero occhio dall'iride chiara e scolorita. Avviandosi a pesanti passi verso i suoi strumenti fa trasparire l'ansia dal respiro affannato e dalla fronte luccicante.
"Allora?", quasi grida Mariner all'Ingegnere. Questo il soprannome di Agre, ed il Gatto quello di Pik. A Mariner piace dare soprannomi ai suoi strumenti, secondo lui li rende più umani.
"Ce l'avete fatta, vero?"
Agre allunga verso Mariner, il muscoloso braccio coperto da peli grigi ed apre la mano all'altezza della sua testa con il palmo rivolto al soffitto.
"Oh, sì. È proprio come la ricordavo", l'imprenditore ruba avidamente la chiave col suo palmo grassi dal palmo ferreo dell'operatore. "Adesso andate. Via!"
Dentro Agre una forte emozione viene soppressa involontariamente. L'unica cosa che può fare è stare dietro la barriera dell'ordine, dell'obbedienza. È stato privato ormai da tempo della sua forza di volontà e soprattutto del suo strumento di libertà. La cicatrice verticale alla gola ne è un indimenticabile ricordo.
Chiusa la porta alle sue spalle, Mariner, di nuovo solo nel suo appartamento, venera con lo sguardo l'amalgama metallica a forma di chiave da lui forgiata anni prima (a quanto ricorda) come se fosse la soluzione ai suoi egoistici tormenti da altruismo. La soluzione alla libertà, una chiave per riavere un pezzo della sua vita strappatogli improvvisamente.
Aprendo la cassaforte incastonata al muro del suo ufficio vi rinchiude la chiave chiudendola a chiave. Nessuno potrà più privarlo di quell'oggetto fino alla conclusione della vera missione. Poi, un po' più rilassato, prende fra le mani una cornice ed osserva la foto incastrata all'interno, sotto il vetro, chiara e luminosa. Una bambina dai capelli neri e lisci e dalla pelle bianca e candida. Mariner scoppia in lacrime.
"Presto sarai libera, Nagrida."
Lo studio di Mariner è disordinato. Libri, mappe, raccoglitori, penne e matite sparse sul pavimento e sui tavoli, senza alcun criterio. Nelle ultime ore Mariner non ha chiuso occhio, preoccupato com'era a ripercorrere mentalmente i successivi passi della missione. Negli ultimi giorni, quando il piano è entrato in azione dopo il completamento di tutti i preparativi, ha addirittura tralasciato il suo lavoro. Non accetta più alcuna commissione, favorendo moltissimo il suo concorrente in città: Romer.