Capitolo 1 - Jimmy Railway

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Il rumore assordante delle macchine miste alla musica proveniente dalla discoteca in fondo alla strada mi risvegliarono. Posai una mano sulla fronte e sentii del bagnato. Socchiusi gli occhi e mi accorsi di avere del sangue sulle dita. "Dove mi trovo?" pensai, mentre con l'altra mano tastavo il marciapiede e la testa girava ancora, la vista era annebbiata, e il corpo dolorante. Improvvisamente scorsi una sagoma familiare venirmi incontro correndo e urlando parole che non distinguevo. Poi il buio.

***

«Suo figlio è stato trovato di nuovo privo di sensi e con una quantità eccessiva di alcool in corpo ieri sera su Camel Street. Per la centesima volta, signor Miller: che non si ripeta più!» si impose l'ufficiale di polizia mentre mi tienne per un braccio davanti la porta di casa.
«Per la centesima volta, agente: non è mio figlio! Non permetterei mai al mio di vagabondare di notte in questo stato.» risponse Brad, il fidanzato di mia madre «In ogni caso grazie Lucian, sei un amico»
«La prossima volta potrebbe finire in guai seri, non sarò cosi gentile da restituirvelo per sempre. Ha 19 anni, vi ricordo che è ancora minorenne per la legge» concluse, lasciandomi entrare in casa e salutando il mio patrigno.
«Non così in fretta» mi intimò Brad, afferrandomi la felpa e un secondo dopo mi ritrovai, non so come, spalle al muro. Mi girava la testa, avevo sete e il mio unico pensiero era stendermi sul letto per riposare.

«Ora basta, è da più di un anno che va avanti questa storia. Sono stufo di vederti rientrare tardi ogni sera, ubriaco, fatto...Non pensi a tua madre?» le parole di Brad non mi toccavano. Sapevo com'era fatto. Mi ha odiato dal primo momento in cui era entrato a far parte della famiglia, e la cosa era reciproca. Ci pensavo a mia madre, ci pensavo sempre: una madre che mi dimostrava affetto mettendomi sempre da parte, sbagliando di continuo senza provare a migliorarsi, cercando consolazione in uomini che non facevano altro che deluderla e trattarla come un oggetto. "Brad non é così" mi aveva detto l'ultima volta. Non le ho mai creduto.

Cercai di liberarmi dalla stretta del mio patrigno per raggiungere la mia stanza ma lo sentii premere una mano sulla mia spalla per tenermi contro il muro.

«Cosa pensi di risolvere?» continuò guardandomi negli occhi, sembrò quasi preoccupato, ma  non incrociai il suo sguardo, bensì lo rivolsi verso il basso sperando che si sarebbe arreso.

«E tu cosa pensi di risolvere?» replicai.

«Smettila di fare il duro con me Jimmy, io voglio aiutarti, te e tua madre...»

«Stronzate» lo interruppi «Sei come lei. Un bugiardo, ipocrita, bastar...» i suoi schiaffi erano prassi.

«Insultarmi non riporterà indietro Andrew..» mi disse. A quelle parole il mio sguardo s'inchiodò sui suoi occhi e sentii il mio corpo irrigirirsi per la rabbia.

«NON OSARE PARLARE DI MIO PADRE!!» gli intimai, afferrandogli la maglia sul petto «Non hai nessun diritto di nominarlo! Non sai nulla di lui...e non sai nulla di me!»

«Jimmy...» cercava di calmarmi mia madre, appena apparsa sulla soglia della porta della cucina.

«Quest'uomo è come tutti gli altri: uno sfruttatore. Non puoi essere così cieca! No..tu..a te va bene essere usata da lui...» continuai, ma Brad mi interruppe si nuovo ,tirandomi un altro schiaffo.

«Ora basta! Anche se ho fatto degli sbagli in passato questo non mi impedisce di migliorare. Sono cambiato, e questo tua madre l'ha capito, mentre tu non vuoi accettare il fatto che finalmente lei ha trovato qualcuno a cui realmente importa di voi!»

«Ancora stronzate! A te basta avere un tetto sopra la testa e una schiava in cucina d'altronde...»

«Impara a gestire la tua rabbia per l'amor del cielo e non parlare così a tua madre!» mi teneva per la maglietta e pensava di farmi paura «Posso non piacerti ma non per questo puoi prenderti la briga di trattare sia me che tua madre in questo modo» mi lasciò e si allontanò di qualche passo «Anche se hai 19 anni, finchè vivrai sotto questo tetto starai alle nostre regole» concluse, lanciandomi un'ultima occhiata prima di sedersi sul divano. Mi faceva sentire impotente, e lo odiavo. Per qualche motivo odiavo non avere il controllo.

«Jimmy...» sentii la voce di mia madre chiamarmi, appoggiata allo stipite della porta, ma la ignorai passandole accanto e cercando di contenere la voglia di tirare un pugno sul muro con tutta la forza che avevo in corpo. Tirai fuori il pacchetto di sigarette dalla tasca, non appena varcata la soglia della mia camera, e fortunatamente ce n'era ancora una. "Dov'è l'accendino?" pensai, imprecando mentalmente, mentre con una mano tastavo le tasche dei pantaloni e con lo sguardo lo cercavo disperatamente in giro per la stanza. Mi ricordai all'improvviso, di averne lasciato uno sotto il cuscino la sera prima e subito la mia mano smise di tastare i pantaloni e passò al materasso. "Finalmente" esclamò la mia mente, mentre faci il primo tiro. Sentivo il fumo riempirmi i polmoni. E un altro "Finalmente" mi riecheggiò nella testa, mentre sentivo il senso di vuoto affievolirsi per pochi istanti. La gola che bruciava ad ogni tiro successivo mi rilassava, mentre portavo la testa all'indietro, appoggiandomi alla parete del letto e, chiudendo gli occhi, tirai fuori il fumo dalla bocca. "Finalmente".

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