Capitolo 12 - Ariana Heather

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"Fate buon viaggio" fu l'ultima frase rivolta ai miei genitori, mentre con le scarpe ancora in mano, e il trolley nell'altra, mi salutavano dall'altra parte del metal detector

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"Fate buon viaggio" fu l'ultima frase rivolta ai miei genitori, mentre con le scarpe ancora in mano, e il trolley nell'altra, mi salutavano dall'altra parte del metal detector.

Se tutto fosse andato per il meglio, avrei dovuto raggiungerli tra un mese. Per il meglio? Era davvero qualcosa sulla quale mi conveniva sperare? Era qualcosa che avrei voluto accadesse? Non volevo mentire a me stessa: quindi no. Non avrei voluto lasciare Miami, eppure Jared, quella mattina, di ritorno dall'areoporto, era riuscito a dargli una luce diversa. Forse aveva ragione lui. "I cambiamenti, per quanto difficili, serviranno sempre a crescere...e non devono essere la fine, ma possono essere un inizio." Mi parve un po' Christine Palmer che convince Doctor Strange di non aver perso il suo lavoro, ma di averne trovato uno nuovo. "Era davvero così? Mi stava solo convincendo o era sincero?"

Le sue parole mi ballonzolavano nel cervello, mentre, con una mano su quel misterioso libro, tastavo la sua superfice ripetutamente. Era ancora ghiacciato, eppure non sembrai dar peso alla cosa. Agosto era il mese che odiavo di più: quello immediatamete prima di Settembre, dove tutto ricomincia, il lavoro, la scuola, i problemi che d'estate sembrano mettersi in pausa. Da qualche anno consideravo l'estate un po' come un misto di pubblicità tra il primo e il secondo tempo di un film: dove i drammi finiscono, il cuore diventa più leggero, tutto sembra accadere in una realtà parallela senza effetti sul film. Ciò che succede d'estate, rimane lì: tra gli ombrelloni della spiaggia e le giornate passate sul divano, tra il caldo afoso che neanche le tende del soggiorno riescono a contrastare, e il vento fresco delle serate passate a ballare, tra i giochi di società in famiglia e i giochi alcolici con gli amici. E ad Agosto fa ancora caldo, ma sai che presto finirà tutto, eppure continui ad andare in spiaggia, a divertirti, mentre conti le settimane che mancano all'inizio della scuola, poi i giorni, ed infine ti ritrovi con lo zaino in mano, che neanche ricordavi essere così pesante, e le penne scariche dell'anno prima infilate a forza nell'astuccio.

«Se continui ad accarezzare quel libro come un cucciolo di cane, la copertina si consumerà» Jared, in arrivo dalla cucina con un piatto di pasta, sembrava sereno. Com'era possibile che a lui non preoccupasse per niente questo cambiamento? Certo, non l'avrebbe vissuto in prima persona, ma anche lui amava Miami. Il pensiero di non poterla chiamare più "casa", davvero non aveva avuto nessun effetto su di lui?

Accese la TV, e mi guardò, quasi sorrise per un attimo vedendomi lottare contro un boccone bollente. Non ci feci caso, continuai a mangiare con lo sguardo fisso sul telegiornale. Era da un po' che non passavo del tempo sola con Jared: da quando si era trasferito a Seattle per studiare, le mie giornate in famiglia erano state sempre meno piacevoli. Mio padre parlava sempre di lavoro, e mia madre lo assecondava. Mi chiedevano raramente dei miei amici o dei miei interessi, soprattutto mio padre. Ha sempre detto che non avrebbe voluto interferire con la mia vita privata, e per questo l'ho sempre ringraziato. Odiavo quando mia madre mi faceva il terzo grado se tornavo più tardi la sera, eppure si fidava di me. Entrambi si fidavano, e per questo i miei amici li amavano. Dicevano che John era uno dei pochi padri ad essere così poco geloso della figlia femmina. Certo, aveva anche lui i momenti da padre possessivo nei confronti dei ragazzi che frequentavo, ma non mi aveva mai fatto troppe pressioni. Mi ha sempre detto che lo faceva perchè sapeva come ragionavano gli uomini, e sapeva che la fuori ero una preda facile per loro. Ma odiava ripetermelo ogni volta, perchè sapeva che non avrebbe potuto farci niente, che non avrebbe potuto educare tutti gli uomini del mondo. A volte storceva il naso per i miei vestiti corti o per il makeup che usavo, ma non mi ha mai vietato di andare in giro come volevo. Era sempre silenzioso, al contrario di mia madre che non perdeva occasione per parlare dei suoi libri preferiti duranti i pasti. Ne aveva sempre uno nuovo da consigliarmi, e io la ascoltavo con piacere. Leggevo anch'io, ma spesso non riuscivo a starle dietro. La battevo però nelle serate cinema, il sabato sera, quando ci riunivamo in famiglia a guardare un film. Era la mia serata in famiglia preferita, ed ero imbattibile. Conoscevo la maggior parte degli attori, e guardavo con ammirazione ogni movimento registico della pellicola. Rebeca non amava il cinema quanto me, eppure era abbastanza informata a riguardo. Mio padre invece conosceva poco e niente, e durante la visione era iperpartecipativo con i dialoghi e i colpi di scena, che commentava continuamente insieme a mia madre. Jared non amava le serate cinema, ne i libri, e da molti punti di vista aveva ripreso da nostro padre. Guardava assiduamente i programmi di ingegneria fin da quando era bambino, e capì all'età di 12 anni che avrebbe voluto studiarla all'università. Era molto più attivo nell'azienda di famiglia di quanto lo eravamo io e mia madre, anche se John mi avrebbe voluta più interessata.

«Allora...che programmi hai per sta sera?» mi chiese lui, durante l'interruzione pubblicitaria del telegiornale.

«Sta sera?» dissi spontaneamente poichè quella domanda mi colse di sorpresa, ma qualche secondo dopo capii che si stava riferendo al fatto che era il mio compleanno. Me l'ero totalmente dimenticata. A parte qualche "auguri" ricevuto quella mattina sul telefono, e quelli della famiglia a colazione, non avevo avuto modo di pensarci più di tanto. La partenza di John e Rebeca era stata il centro dei miei pensieri già da qualche giorno, tanto che il mio 18esimo compleanno era passato completamente in secondo piano. Non avevo programmato nulla. Non avevo avvisato Emma, ne Michael e Jason. «Non saprei»

«Ma come?» dalla risposta di Jared capii che anche lui non se l'aspettava. Non ero mai stata la tipa che preferiva stare a casa piuttosto che uscire, e in effetti, se la situazione fosse stata diversa, avrei scelto, con molta probabilità, di passare una serata in spiaggia con gli amici.

«Ti sarai accorto che gli ultimi due giorni li ho passati elaborando la partenza improvvisa dei nostri genitori, non è così?»

Jared non disse nulla. Aveva colto il tono sarcastico della mia frase e non voleva tornare sull'argomento, e per questo lo ringraziai mentalmente. Mi chiesi per l'ennesima volta per quale motivo i miei genitori non avessero preso in considerazione il fatto di chiedermelo prima di firmare il contratto, e non mi diedi nessuna risposta. Cercai successivamente di focalizzarmi sul telegiornale che nel frattempo era tornato in onda salvando la nostra conversazione.

«Notizie dell'ultima ora: precipitato un aereo diretto a Los Angeles. Il velivolo era partito questa mattina dall'aereoporto di Miami, è sparito dai radar poco dopo aver sorvolato il golfo del messico. Si pensa ad un malfunzionamento del motore ma per ora nessuna notizia dei passeggeri. Le ricerche sono ancora in corso...»

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