Capitolo 4 - Ariana Heather

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Varcai la soglia della porta di casa e subito scorsi a destra mio padre nel salotto, seduto sul divano, e alla mia sinistra mia madre, in piedi in cucina, che iniziò ad impiattare appena mi vide, senza proferire parola. "Cos'è questo silenzio?" mi chiesi. Mi avviai per le scale che portavano alle camerate, ed entrai nella mia. Poggiai la borsa e il telo a terra e raggiunsi il bagno. Non avrei avuto tempo per la doccia, così legai i capelli in una coda alta e mi lavai le mani, domandandomi quale notizia mi aspettava al piano di sotto. Non appena chiudsi il rubinetto, sentii qualcuno bussare alla porta.

«È aperta!» alzai la voce per farmi sentire, mentre mi asciugavo velocemente le mani. Non feci in tempo ad uscire dal bagno che mi ritrovai una figura alta e castana sulla soglia. D'istinto mi spuntò il sorriso nel riconoscere Jared e subito gli saltai in braccio, come quando ero piccola. Lui mi prese, come sempre, stringendomi a sé.

«Come stai?» 

«Bene» risposi, stringendolo a mia volta. «Com'è stato il viaggio?»

«Lungo, qualche turbolenza, ma in generale tutto bene» mi spiegò, per poi lasciare la presa.

«Seattle comincia a piacerti?» Mi avviai sulle scale e lo sentii seguirmi.

«Lo sai che amo il mare della Florida, non mi abituerò mai alle fredde giornate uggiose del nord America.»

«Jeff, come sta?»

«Di sicuro meglio di me. Ha finito l'università da un bel pezzo, ed è finalmente tornato a Los Angeles...e io ho in mente di seguirlo appena dopo la laurea»

«Ma non mi dire? Finalmente può dare sfogo alla sua vena artistica, sono troppo contenta per lui. Ricordami che devo chiamarlo, mi manca il suo strano accento francese» risi, e Jared mi fece segno di sedermi a tavola.

«Lo sento spesso, più spesso di quanto pensassi. Ha fatto passi da gigante nella pittura. Tanto che, secondo me, a LA non farà sicuramente fatica a trovare un imprenditore e ad iniziare la sua carriera.» mi spiegò, sedendosi accanto a me.

«E tu? Che mi dici dei tuoi esami? Quanti te ne mancano per diventare ingegnere? Lo sai che la mia futura casa dovrà essere progettata da mio fratello in persona, vero?» dissi ironicamente, mentre mia madre fece cenno a mio padre di raggiungerci a tavola.

«Ancora uno, lo darò il prossimo mese, e poi potrò iniziare a lavorare sulla mia tesi.»

«Spero di essermi diplomata per allora»

«Questo dipende da te, scansafatiche!» mi prese in giro suscitando la mia risata e uno scappellotto sulla spalla. «Ouch!» esclamò, restituendomi il favore.

«A proposito di Los Angeles, cara...» ci interruppe mia madre, e mio padre, ormai seduto a tavola, le rivolse uno sguardo teso. «Non ti piacerebbe come città?» continuò lei.

«Io adoro Los Angeles, ricordo le estati passate da nonna quando ero più piccola e mi piaceva.» risposi, tra un boccone e l'altro. «Perchè questa domanda?» ora anche mio fratello si era fatto serio e rivolse il suo sguardo altrove.

«Nulla, era così...per sapere» intervenne mio padre, prima che qualcun altro potesse rispondermi.

«John...» lo riprese mia madre. «Dobbiamo dirglielo...» Avevano entrambi un'aria agitata, tanto che potevo percepire il loro battito accellerare.

L'unico che apparentemente sembrava calmo era Jared, che dopo istanti di silenzio misto a tensione e, da parte mia, preoccupazione e curiosità allo stesso tempo, decise di intervenire una volta per tutte e mettere fine ai miei dubbi. «I nostri genitori hanno ricevuto una proposta di ampliamento della loro azienda grazie ad una collaborazione con quella di Ryan Lewis»

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