Capitolo 9 - Ariana Heather

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Sentii Emma scoppiare in una fragorosa risata dall'altra parte del telefono, appena dopo averle comunicato la notizia. Non ci voleva credere, tanto che le sembrò uno stupido scherzo.

«Wow, mi raccomando, spediscimi un Avocado Toast appena arrivi! » continuò, seguita da un'altra risata.

«Emma, io non...non sto scherzando...» le dissi con un filo di voce, sperando che fosse sufficiente per farmi sentire, senza bisogno di ripeterlo. Allo stesso tempo, avrei preferito non lo sentisse. Volevo evitare di affrontare l'argomento di nuovo, pur consapevole che avrei dovuto comunque riaffrontarlo con Michael e Jason.

Sentii la risata di Emma affievolirsi sempre di più. «Voglio dire...Sarà temporaneo giusto?»

A quella domanda, iniziai a vedere la mia stanza sempre più sfocata, e gli occhi tornarono a sembrare bacinelle piene d'acqua. «No, io-...»

«Oh avanti...»  mi interruppe lei, forse ancora sperante in uno scherzo. «Di che parli?»

«Devo trasferirmi, Emma» dissi tutto d'un fiato. Non sapevo come mi fossero uscite quelle parole dalla bocca senza sprofondare in un lago di lacrime, eppure riuscii a trattenerle. Strinsi gli occhi, poi guardai in alto, come se avessi avuto un makeup da non rovinare. Non volevo quelle dannatissime righe di pianto sulle guance, non avrei voluto vederle di nuovo e nè avrei voluto che mia madre o mio fratello mi vedessero così. "È solo un trasferimento" come mi aveva detto mia madre. Avrei dovuto solo rimanere in contatto con i miei amici per un anno, e poi sarei tornata in Florida per il college.

«Quando?» la voce di Emma si fece più seria.

«Tra un mese»

«Tra poco più di una settimana si torna a scuola...»

«Credo...che i piani siano inziare l'anno qui, per quanto mi è possibile, e poi... »

«Continuare in una qualche scuola di Los Angeles. Ho afferrato.» il suo tono risentito mi face immaginare quanto questa situazione stesse seccando anche lei. «E in quale scuola andrai?»

«Io...non lo so ancora-...»

«Beh, allora faresti bene a dare un'occhiata su internet e fare domanda prima che riaprano tutte le scuole d'America» Sentirle pronunciare quelle parole, stizzite, quasi provocatorie, mi faceva male. Non era colpa mia. Io cosa c'entravo? Eppure più sentivo le parole della mia migliore amica, e più mi sentivo in colpa. Se solo me ne fossi accorta prima. Se avessi prestato più attenzione agli affari di famiglia, ai noiosi discorsi burocratici dei miei genitori. Se avessi partecipato di più ai pranzi, alle cene d'affari con i colleghi, piuttosto che evitarle per uscire con i miei amici. Se solo non fossi stata così superficiale...magari avrei, in qualche modo, avuto la possibilità di fargli cambiare idea, o per lo meno di trovare un compromesso, posticipando l'accorpamento delle aziende.

«Lo farò-...»

«Spero che LA possa darti più possibilità di quante non te ne dia già Miami» mi interruppe, per poi terminare la chiamata.

***

Poggiai il telefono sul letto e feci per sedermi, quando qualcuno bussò alla porta. Allungai una mano sul pomello, quasi d'istinto, ma non avrei voluto parlare con nessuno. Un altrettanto gesto involotario permise a mio fratello di varcare la soglia della porta.

«La mamma è di sotto. Vuole parlarti.» Jared tense le mani verso le mie guance, ma le mie strinsero di scatto i suoi polsi. «Come l'ha presa Emma?»

«Te l'avevo detto che non avrebbe capito» Lo oltrepassai, raggiungendo le scale, mentre lui mi seguiva con lo sguardo.

«È solo questione di tempo, vedrai...» aggiunse, prima che potessi varcare la soglia del salotto e raggiungere mia madre.

» aggiunse, prima che potessi varcare la soglia del salotto e raggiungere mia madre

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«Volevi parlarmi?» esordii. Lo sguardo di mia madre si spostò su di me, mentre afferrava dei libri dallo scaffale di legno, posto di fianco al divano.

«Volevo solo darti questo». Mi porse un libro dalla copertina nera, anche se coperta dalla polvere, con incavo al centro, contornato da quello che sembrava oro scintillante. Non l'avevo mai visto in casa, nè tantomeno fra le mani di mia madre. Sembrava antico, eppure il dettaglio in oro notato poco prima, sembrava tutto tranne che sporco o consumato.

«Cos'è?»

«È solo un vecchio libro: apparteneva a mia madre.» La vidi spostare lo guardo dietro di me, oltre la soglia della porta, dove le nostre foto di famiglia sono accuratamente disposte su un mobile di betulla. «Voglio che lo tenga tu»

«Che significa? Perchè me lo stai dando proprio ora?» chiesi, confusa, mentre le mie mani tastavano la copertina ruvida del libro, passando sull'incavo rotondo, fino a sfiorare delicatamente tutti e quattro gli angoli taglienti. Era freddo, più freddo di qualsiasi altro libro, e considerando che fosse Agosto, avrei azzardato a dire che quello che avevo fra le mani sembrava appena uscito da un freezer.

«Non significa nulla, tesoro. Promettimi solo di tenerlo sempre con te.» Le sue mani mi cinsero le spalle e i suoi occhi puntati contro i miei, ora quasi mi spaventavano.

«D-d'accordo, mamma.» La confusione crebbe nella mia testa. Perchè sembrava così importante quel libro? Cos'aveva di speciale? «Di cosa parla?»

«È solo un vecchio libro, non preoccuparti. Per me ha un valore affettivo molto forte, e vorrei diventasse lo stesso per te.»

Annuii, ancora più confusa, prima di vederla sparire sulle scale. Il mio sguardo tornò ad analizzare la copertina gelida. Anche se non sapevo bene perchè, avevo quasi paura a sfogliarlo e leggerne il contenuto. "È solo un vecchio libro"..Era davvero così?.. Ero sicura che sarebbe piaciuto molto ad Emma, appena lo avrebbe visto...appena dopo aver deciso di perdonarmi.

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