2. Damiano e il prezzo dell'ispirazione

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+ Damiano e il prezzo dell'ispirazione, una storia di Piera Elodea della Francesca +


D'accordo, d'accordo, inizio io.

Mi serve un'idea, però, per una storia... Ehm...

Beh, una volta conoscevo un uomo che continuava ad avere problemi con le idee, molto di più di quanti ne ho io adesso! Non che gli mancassero, anzi, però non riusciva mai a portarle a compimento come si deve. Potrei raccontare questo, ora che ci penso.

Per la storia, chiamiamo quest'uomo Damiano: in fondo viviamo tutti nella stessa città e non sarebbe giusto se io raccontassi queste cose su di lui facendovelo riconoscere, sarebbe come spettegolare. Perciò se lo riconoscete da qualcosa che dico, mi raccomando, fate finta di niente.

Damiano era un uomo semplice, senza moglie e senza figli, che viveva nel paese di Caltaleone.

Aveva solo un cane molto sporco, che si chiamava Cesare e mangiava davvero di tutto, dai calamari morti da tanti anni, che erano i suoi preferiti, ai sacchetti di plastica, che non gli piacevano tanto ma si accontentava. Una volta ho dovuto inseguirlo con la scopa, ma alla fine si è mangiato pure quella e si è sentito male, così ho pagato l'intervento dal veterinario per scusarmi.

Anche se era un uomo semplice, Damiano sognava di non esserlo più: voleva un giorno diventare un grande autore di opere teatrali, e ogni giorno si impegnava a scrivere nuove pagine delle proprie storie per esercitarsi e cercava di vedere più rappresentazioni dal vivo che poteva, per studiarle e diventare un grande artista.

Damiano, però, non era partito nelle migliori condizioni per realizzare il suo sogno.

I suoi studi arrivavano fino alla terza media e non c'erano tante occasioni di lavoro nel paese, perciò, in attesa di tempi migliori o di fare il grande salto come drammaturgo, faceva il badante, e quando i suoi amici erano impegnati, raccontava ai vecchi e ai malati le sue idee.

Lui amava raccontare storie che potessero colpire il suo pubblico e drammi di grande angoscia e pathos, perciò raccontava ai vecchi storie di anziani rapinati, abbandonati e morti di vecchiaia, ed ai malati storie in cui la loro malattia aveva un triste decorso e nessuno dei parenti li ricordava più. Insomma, i parenti continuavano a chiamarlo solo perché era bravo nel suo lavoro, perché se fosse stato per le persone che accudiva avrebbero preferito spedirlo in Kuwait, o andarci loro stessi, piuttosto che passare un altro solo giorno in compagnia di quella sciagura travestita da uomo.

Insomma, Damiano continuò per un anno, sei mesi e trenta giorni così, senza avere la grazia del colpo di fortuna che desiderava tanto disperatamente. Nessuna compagnia teatrale accettava i suoi copioni, i video fatti con i due figli dei vicini come attori non avevano riscosso nessun successo, neppure negli eventi locali. Ovunque si girasse non c'erano che porte chiuse, e quando erano semi aperte, gli venivano sbattute in faccia.

Non ho tenuto il conto di quanto tempo è passato, ovviamente, mi è solo capitato di rendermene conto ora. Ma certo che si può fare un calcolo così, su due piedi! E poi sono seduta.

Sì, lo so, era una brutta battuta, scusate.

A furia di fare questa vita, Damiano era diventato afflitto da una brutta bestia: la sindrome da pagina bianca. Non aveva affatto rinunciato al suo sogno, ma ogni volta che cercava di scrivere qualcosa, gli venivano in mente tutti i rifiuti e i fallimenti che aveva ricevuto e improvvisamente ogni idea che aveva in testa sembrava troppo brutta, troppo banale, troppo poco.

Sembrava che avesse finalmente smesso di appestarci coi suoi racconti tristi.

Un giorno nel paese arrivò una donna misteriosa, che aveva capelli biondi ed occhi unici, quasi del colore dell'uva spina. Questa donna, che chiamerò Lianna, veniva da lontano, ed era così riservata che solo una manciata di persone si accorsero che si aggirava nella nostra zona, anche se non ho mai capito dove alloggiasse la notte.

Un boccaccio di AmuchinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora