10. Un bracciale di salpe

103 18 4
                                    

+ Un bracciale di salpe, una storia di Belarda Cigna +

Passiamo subito al sodo, vi va?

Io sono Belarda Cigna, e questa è la storia che vi racconto stasera, in cambio di un po' di Amuchina.

Su una bellissima spiaggia lontana, che aveva la sabbia bianca e fine come farina e si affacciava su un mare incredibilmente blu, c'era una casa. Non era una casa molto ricca, anzi, era piuttosto modesta, ma nonostante tutto le persone che ci abitavano la amavano molto.

Non importava che fosse così piccola o che avesse un piano solo, per i suoi abitanti era una buona casa: era stata costruita abbastanza lontano dalla onde perché fosse sicura, aveva delle fondamenta solide e non li aveva mai lasciati alla mercé della pioggia o del maltempo.

Nella piccola casa sulla spiaggia vivevano solo due persone: una giovane mamma e il suo bambino, un ragazzetto curioso a cui il sole aveva punteggiato il volto di lentiggini. Sua madre era una donna piccola e gentile che sembrava la personificazione di una brezza marina, con quei suoi lunghi capelli biondi e gli occhi chiari, ed il figlio le somigliava molto.

Il bimbo era un tipo curioso, ma anche diligente nell'ubbidire alla sua cara mamma perché, fosse pure per tutto l'oro del mondo, non avrebbe voluto mai darle un dispiacere; così non si allontanava mai troppo dalla bella casetta anche si ritrovava spesso a giocare da solo.

Conosceva ormai come il palmo delle proprie mani quel fazzoletto di spiaggia a forma di mezzaluna e tutto quello che conteneva, dai lunghi tronchi sbiancati dal mare ("le ossa di drago" li chiamava la mamma) alla pietraia a sud, piena di piccoli sassi verdastri, levigato dal moto delle onde.

La sua mamma tornava a chiacchierare e giocare con lui solo di sera, dopo che aveva lavorato. Di solito poco dopo il tramonto e, se il tempo, era bello, i due facevano un bel falò e chiacchieravano seduti sulle ossa di drago.

«Il mare è un amico capriccioso. Una persona puoi sgridarla» Diceva la mamma «Ma come puoi sgridare il mare, alla fine? Lui ne sa più di te. È un buon amico se sai come prenderlo, ma basta un fraintendimento e si può finire molto male»

«Si può morire?»

«Anche»

«E papà è morto?».

La donna guardava allora il mare, che era nero come se il cielo stellato si stesse sciogliendo e mescolando con le acque. Il disco della luna proiettava un proprio riflesso rifulgente e tremolante, cavalcando le piccole onde increspate che venivano a rotolare mormorando sul bagnasciuga.

«No. È solo lontano» Disse alla fine

«E il mare lo protegge?»

«Non lo so. Forse, se si è comportato bene»

«E uno deve stare sempre attento tutti i giorni?»

«Sì, è così».

Era una conversazione che avevano spesso, eppure ad entrambi stava bene che rispuntasse invariata di tanto in tanto.

Quella volta però, il bambino protestò: «Ma non vale la pena di farci amicizia con questo mare, se è messo così».

La donna rise, come se trovasse quella risposta molto ingenua, molto divertente, o entrambe.

«Non proprio» Gli rivelò «Perché anche se è un poco permaloso, se diventi amico del mare puoi andare in posti dove non si può arrivare altrimenti e lui» e gli toccò la punta del naso con un indice «è generoso e ti farà moltissimi regali. Le onde portano a riva davvero di tutto, non ci hai mai fatto caso?».

Un boccaccio di AmuchinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora