Capitolo 21

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L'istante seguente si udì un unico sparo e poi il silenzio.

*****

Silenzio, solo silenzio, era quello che devastava la Senatrice in quel momento. La mano sinistra, con cui stringeva la pistola ancora fumante, non riusciva a smettere di tremare. Era incredula di aver premuto il grilletto, non si aspettava che fosse così morbido e sensibile. Eppure era convinta di averlo appena sfiorato, e subito dopo aveva sentito un colpo squarciare il silenzio.

Guardava davanti a sé, ma non riusciva a distinguere le forme, percepiva solo silenzio, quel dannato silenzio che sembrava urlarle nelle orecchie.

'Eppure... non può essere reale, deve essere un fottuto incubo...', era quello che continuava a ripetersi in testa. Non poteva aver ucciso la donna che amava, non poteva aver ucciso un altro essere umano. Ma quel silenzio non faceva altro che confermare l'inevitabile, era la prova tangibile di quello che aveva commesso, non poteva essere altrimenti.

Il suo corpo fece due passi in avanti quasi fosse un automa e, stremato, si accasciò a terra ricadendo sulle ginocchia. La pistola, che stringeva ancora, cadde per terra mentre le sue mani continuavano a tremare.

"Oddio... cos'ho fatto...", mormorò senza capire veramente il senso di quelle parole.

"Lexa...", sospirò in affanno.

Il suo sguardo era ancora perso nel vuoto. Non riusciva a vedere Lexa, non sapeva come stesse, era paralizzata dalla paura, temeva di averla uccisa.

La lucidità tornò dopo un tempo che le sembrò infinito, quando riuscì finalmente a mettere a fuoco l'immagine che le si parò davanti: il corpo di Bellamy riverso su quello di Lexa. Nessuno dei due si muoveva o lamentava, entrambi sembravano morti.

Cominciò ad urlare a squarcia gola sperando che qualcuno la sentisse e l'aiutasse.

"VI PREGO AIUTATI.... HO BISOGNO DI AIUTO... LEXAAAAA...".

Più urlava più sembrava non sentire nessun suono uscire dalla sua bocca, sentiva solo le lacrime rigarle il volto copiose. La disperazione la stava facendo impazzire, non si accorse nemmeno che i rinforzi, tanto attesi, arrivarono.

Gli agenti Forest e White avevano seguito le briciole – o meglio la scia di cadaveri e le urla della Senatrice – ed erano riusciti a trovarle.

Anya vide per prima Clarke in ginocchio con le mani sul volto che soffocava singhiozzi in preda alla disperazione. Poi, quando si avvicinarono di più, riuscì a vedere la sua migliore amica a terra con il corpo di quel figlio di puttana di Blake sopra.

"Lexa!", esclamò Anya e, senza perdere altro tempo, corse dalla sua amica.

"Lincoln, dobbiamo far presto...", gridò allarmata.

L'agente White si limitò ad annuire seguendo solerte la sua collega.

"A questo verme ci penso io", disse riferendosi al corpo di Blake. Lo sollevò senza troppo sforzo e lo abbandonò a pochi metri di distanza, dopo essersi assicurato che non fosse più un problema.

"Lincoln, ho bisogno di aiuto, non c'è polso...", lo richiamò la Foorest con urgenza.

Quando si girò nella sua direzione vide l'amica già intenta a fare il massaggio cardiaco. La raggiunse in fretta e l'aiutò dandole il cambio, mentre Anya procedeva con le insufflazioni.

Le sirene dell'ambulanza si sentirono in lontananza e non ci volle molto affinché i paramedici li raggiungessero. Quest'ultimi presero subito in mano la situazione. Un paio di loro sostituirono subito Anya e Lincoln, mentre l'altra unità si occupò della Senatrice.

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