Capitolo 23

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Dal capitolo precedente

"Clarke sei stata grande", si complimentò la Reyes andando ad abbracciarla.

"Concordo Senatrice. Ora dobbiamo solo sperare che la stronza abbocchi!", esclamò Octavia.

"Lo farà...", mormorò appena la Griffin.

Anya entrò nella stanza proprio in quel momento, la sua espressione cupa fece temere il peggio a tutti.

"Lexa è appena uscita dalla sala operatoria. Ho parlato col medico, è ancora molto grave, ha avuto un arresto cardiaco ed ha perso molto sangue. La prognosi è riservata, ma, se supera la notte, ha qualche speranza", spiegò la Forest.

"Voglio andare da lei!", esclamò Clarke con un tono che non ammetteva repliche.

*****

Lexa si ritrovò distesa su un prato soffice. Si mise seduta spaziando con lo sguardo tutto intorno. La distesa d'erba era disseminata di campanule azzurre e l'aria era intrisa del loro profumo. Abbagliata dall'intenso chiarore del cielo si accorse di non percepire il proprio corpo, come fosse privo di consistenza. Le girava la testa. Domande senza risposta le inondarono la mente: come ci era finita lì? Forse stava sognando? Oppure era morta e quello era il paradiso?

Non ricordava nulla, come se passato e presente fossero svaniti. Si lasciò cadere nuovamente supina e, nel farlo, un monito le balenò nella mente, rammentandole di stare alla larga dai prati zeppi di quella specie di fiore perché abitati da fate maligne; suo padre era solito citare le leggende scozzesi, perché erano parte delle loro origini, e tra quelle gliene era venuta in mente una: le Campanelle del Demonio. Erano così che venivano chiamati quei fiori, e lei ne era circondata.

D'improvviso si sentì vorticare, risucchiare, e sprofondare nel buio accompagnato dall'eco di un tintinnio lontano. La consapevolezza di cosa fosse successo la sfiorò ma il ricordo sfuggì prima che potesse coglierlo. Il profumo divenne sgradevole, un miscuglio dolciastro di effluvi medicinali e fiori marci; il tintinnio si affievolì, sostituito da un bip intermittente. Era un suono familiare ma la sua mente ancora confusa, era incapace di riconoscerlo... tornò pian piano a percepire il proprio corpo. Non provava dolore, se non un leggero pizzico nell'incavo di entrambi gli avambracci. Le sue palpebre si schiusero. Non sapeva dove fosse, vedeva solo un lattiginoso soffitto. Girò la testa per guardarsi intorno e si rese conto di trovarsi in un ospedale. Il bip alternato era quello del suo battito cardiaco sul monitor, aveva delle flebo attaccate alle braccia. Era viva ma non aveva memoria di cosa fosse successo.

"Ben svegliata boss... come hai fatto a capirlo?".

Quella voce ridestò il ricordo. Si voltò e fu pervasa da un misto di rabbia e terrore nel vedere seduto accanto al proprio letto Bellamy Blake. L'uomo la fissava tenendo le mani sui bracciali della sedia. Il suono intermittente accelerò assieme al ritmo del battito del suo cuore. Cercò di parlare ma non ci riuscì. Era come se il cervello fosse disarticolato dal resto del corpo. Un pensiero la travolse facendola rabbrividire: 'Dov'era Clarke?'.

"No, non ti affaticare inutilmente, tanto manca poco, sai?" continuò lui con fare rassicurante.

"Accidenti, sei veramente un osso duro Woods, stavi per avere la meglio!" esclamò, spalancando gli occhi divenuti due biglie scure e luccicanti.

"Guarda cosa ti ho portato", aggiunse, indicando un vaso di campanule azzurre poggiato sul comodino.

"Le senti tintinnare, non è cosi? Sai cosa significa vero?!".

Lexa scosse il capo.

"Oh, certo che lo sai! ora ti sfugge perché hai la mente confusa, devi riposare", l'apostrofò Bellamy con un ghigno malvagio sul viso.

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