Capitolo 3

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La Reyes stava ascoltando lo sfogo della Senatrice, che da più di un'ora stava facendo il solco nel suo ufficio inveendo contro il suo Capo della Sicurezza. Il protocollo per il primo dibattito per la corsa a Governatrice, le era stato sottoposto dalla stessa Raven e non la stava prendendo per niente bene. Il Capo Staff alzò gli occhi al cielo più di una volta mentre subiva lo sproloquio dell'altra.

"Non esiste proprio Raven. Ma l'hai visto questo protocollo? Hai visto a che razza di regole dovrei sottostare? Non posso fermarmi a parlare coi cittadini, non posso stringere loro le mani ne rispondere alle loro domande... è inaccettabile per me! Non sono una prigioniera Raven e la Woods se lo deve mettere bene in testa. Io ho delle esigenze, ho la mia routine, non voglio sentirmi reclusa e sempre sotto sorveglianza speciale. Al solo pensiero, mi manca l'aria!", imprecò Clarke furiosa.

"L'unica nota positiva in questa faccenda è che mi starà sempre incollata... almeno così la potrò strozzare meglio!", ironizzò facendosi prendere sempre di più dalla rabbia.

'Strozzare eh? Ma chi vuoi prendere in giro? secondo me vorresti fare ben altro!', pensò Raven.

"Hai finito?", le chiese poi in modo pacato.

"No che non ho finito...", puntualizzò la Senatrice.

"Era una domanda retorica la mia... Gesù dammi la forza...", sbuffò il Capo Staff scuotendo la testa esasperata.

"Ora smettila di lagnarti e di fare i capricci, e vai a prepararti che siamo già in ritardo!", aggiunse poi cercando di rimanere il più calma possibile.

"Ma...".

"Niente ma... o preferisci che chiami la Woods e che ti ci porti lei di peso in camera tua a cambiarti?!", la minacciò cercando di rimanere seria sapendo benissimo di aver toccato un punto dolente.

Clarke la fulminò con lo sguardo prima di lasciare la stanza e seguire il suo suggerimento. Raven la seguì fino alla porta con il sorriso stampato in faccia.

"Amica mia, ti stai ficcando in un brutto guaio, o forse ci sei già dentro fino al collo e nemmeno te ne sei accorta", sussurrò la Reyes appena la Senatrice lasciò l'ufficio.

*****

Clarke ci mise più del previsto a prepararsi, aveva scartato il suo solito completo da combattimento per uno più audace e provocante. Non era certo da lei un cambio di rotta di questo tipo, ma guardandosi allo specchio continuava a ripetersi: perché no? Era solo un dibattito, il primo di una lunga serie, con il candidato repubblicano, ma stasera doveva, o meglio voleva, conquistare tutti, voleva mostrare al mondo intero che non sarebbe scappata a gambe levate per delle ridicole minacce. Era questo che continuava a ripetere alla sua immagine riflessa mentre finiva di truccarsi. Ma poi il pensiero di una mora dagli occhi verdi fece capolino nei suoi pensieri. Erano da quando si erano conosciute che non riusciva a smettere di pensare al Capo della Sicurezza. E più cercava di non pensarci, più la sua mente le giocava dei brutti scherzi. La cosa la faceva impazzire, era irritata, frustrata e arrabbiata con sé stessa per non essere in grado di controllarsi ma era più facile prendersela con Lexa ed i suoi protocolli.

Trasalì quando sentì bussare alla porta.

"Avanti", disse distrattamente finendo di mettersi il rossetto.

La porta si aprì e, dietro ad essa, comparve proprio il suo chiodo fisso, Lexa. Clarke fece finta di nulla, ma l'occhiata che le aveva buttato era stata sufficiente per notare che il completo nero indossato dal Capo della Sicurezza la rendeva ancora più attraente. Fece gli ultimi ritocchi sulle labbra evitando di mordersele e sciupare così tutto il suo lavoro. Anche Lexa era nelle stesse condizioni della Senatrice. Entrando nella camera da letto, non poteva certo immaginare di trovarsi davanti la donna più bella che avesse mai visto. La Senatrice era vestita con un abito elegante e provocante, che risaltava le sue forme ma senza essere volgare. Il trucco leggero risaltava il suo sguardo e la sua bocca. Lexa deglutì a corto di fiato, cercando di ritornare in sé: aveva un lavoro da fare che non comprendeva certo lo sbavare dietro alla Senatrice Griffin. Sospirò chiudendo leggermente gli occhi, ritrovando così la sua professionalità. Quello che non aveva previsto, però, era il tono di voce roco e malizioso della Senatrice.

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