Capitolo 8

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L'agente Woods, seguì la Forest fuori dall'ufficio della Senatrice, tirandosi dietro la porta. Era furiosa e, allo stesso tempo, grata per l'interruzione della sua migliore amica. La preoccupazione per le sorti di Clarke l'avevano frastornata a tal punto da cedere di nuovo al suo stato d'animo, ai suoi sentimenti, che non riusciva a gestire in presenza di quel demone biondo. Come sempre avevano finito per discutere. La Senatrice l'aveva punta nell'orgoglio e lei aveva reagito di conseguenza ma poi, messa alle strette, si era lasciata sfuggire qualcosa di troppo e si era ritrovata le labbra di Clarke di nuovo sulle sue. Stavolta però era la Senatrice che l'aveva baciata, e che bacio, non era mai stata baciata in quel modo così complice, esperto e profondo. Quel semplice tocco l'aveva travolta, catapultandola in un altro universo. Lexa era certa che se Anya non le avesse interrotte non sarebbe riuscita a fermarsi e probabilmente sarebbe successo l'irreparabile. Non poteva assecondare quella pazzia e nemmeno i suoi sentimenti che la stavano facendo andare sempre più in tilt. Sbuffò cercando di darsi un contegno e decise di archiviare la storia dei baci: come attimo di debolezza e niente più.

'Non dovrà mai più succedere'. Era quello che continuava a ripetersi fino alla nausea, per cercare di concentrarsi anima e corpo sul suo lavoro. Peccato però che non avesse considerato la tenacia della Senatrice e della sua migliore amica. Almeno per quest'ultima, sapeva già le avrebbe dato il tormento.

"Non dire una parola", la rimbrottò Lexa una volta uscite dall'ufficio cercando di frenare sul nascere la lingua pungente della Forest.

"Lex non crederai veramente che io stia zitta?! E chi se la perde un'occasione simile...", la schernì Anya non prendendo in considerazione l'avvertimento dell'altra.

'Appunto!'.

Arrivarono nell'ufficio della Woods e la Forest non perse l'occasione di prendersi gioco dell'amica.

"Allora la tua famiglia come sta? Immagino tutto bene visto che sei già qui?", ironizzò cominciando con le sue frecciatine.

"Comunque, mi devi cinquanta dollari per aver perso la scommessa!", aggiunse poi, con un sorriso a trentadue denti stampato sul volto.

"Che scommessa?", le chiese Lexa non riuscendo a capire a cosa si riferisse l'amica.

"Quella che implicitamente abbiamo fatto sulla Griffin. Come al solito, io ci avevo visto giusto e tu ci sei caduta come un'allocca...", le spiegò con un sorriso di trionfo.

Lexa voleva ribattere, ma a conti fatti non sapeva come. Anya aveva ragione, era caduta nel cliché più banale per una guardia del corpo: infatuarsi della propria cliente.

"E poi... mi dai una serata libera in più visto che mi hai mentito guardandomi in faccia!", continuò il suo secondo mantenendo il suo classico tono goliardico da presa in giro.

La Woods alzò lo sguardo sulla collega e la fulminò riprendendo possesso di quella ligia professionalità di cui tanto si faceva vanto.

"Ok. Il giorno libero è tuo e anche i cinquanta bigliettoni... solo se mi spieghi un paio di cose però...".

"Quali?".

"Beh per cominciare potresti spiegarmi perché sulla CNN è più di un'ora che gira il servizio della berlina della Senatrice finita fuori strada. Pare che nell'incidente siano state accertate un paio di vittime. Ne sai per caso qualcosa Anya?", le domandò facendole sparire quel sorrisino ebete dal volto.

"E poi perché cazzo il tuo telefono è irraggiungibile?! È da quando ho visto quel cavolo di servizio che provo a chiamarti! Gesù, An, hai la più vaga idea della paura che mi è venuta?! E se qualcuno di voi si fosse fatto male? Se fosse morto? Dio, perché cazzo non hai risposto alle mie chiamate?", le urlò contro Lexa sfogando tutta la sua frustrazione.

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