"Ma sei tu?" (nona parte)

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20 ottobre, ore 18:00.

I miei genitori mi scrutano con sguardo inquisitore mentre il mio è sempre più arrabbiato: siamo qui da più di un quarto d'ora a discutere, sento ogni nervo irrigidirsi.
- Non potete farmi la predica quando siete i primi a sparire per una settimana intera e non degnarci di uno straccio di telefonata! Trovo solo bigliettini che lasciate in giro per dirmi che avete ripreso subito il treno, ma mai che qualcuno dei due ci scrivesse un messaggio per chiederci come vanno le cose qui, l'unico mezzo tramite il quale comunicate sono gli assegni, le bollette e le rette universitarie pagate! - grido, ma non ho finito qui. - Ma non mi chiedete come sto, se sto studiando, chi frequento! E voi, nonostante tutto questo, vorreste farmi la predica per aver trascorso due notti fuori e aver lasciato Greta qui? Ma almeno io mi interesso del come trascorrerà la serata in mia assenza, voi siete solo piombati a casa non trovandoci, cosa per voi nuova, ma non per me e mia sorella. - continuo.
Mio padre è stato zitto fino ad ora, la sola ad esprimersi è stata mia madre, come sempre.
- Non puoi dire che non ci interessiamo, chi ti ha trovato l'appartamento per trasferirti? - mi chiede con l'espressione di chi si sta arrampicando sugli specchi, ma inutilmente.
- Quindi per te consigliare qualche zona della città e riferirmi di una telefonata a riguardo, è trovarmi l'appartamento? Ah allora nonno che mi ha accompagnata a visitarli, cosa dovrebbe dire? - rispondo alzando di nuovo la voce, cosa che crea allarmismo in mia madre.
- Basta Marta! Stai esagerando, hai ragione, non dobbiamo farti una colpa se torniamo a casa dopo due settimane di lavoro e non ti troviamo. - dice, ma colgo il sottile tono ironico nel suo tono.
Inizio a sentire gli occhi pizzicare, così li lascio lì e cammino velocemente verso il grande balcone della mia camera: l'unico posto di questa casa dove respiro aria diversa, che non sappia di mancanze o delusione.
Sfogo le lacrime che ho trattenuto, cercando di ristabilire il respiro. Il mio pianto viene interrotto dalla suoneria del mio cellulare, dal quale mi accingo a leggere il nome di Nic.
Mi schiarisco la voce con qualche colpo di tosse prima di rispondere.
- Hei.. - dico appena accetto al telefonata.
- Hei, volevo dirti che sono appena arrivato a Bologna, ma ho preferito sentire la tua voce che leggere i messaggi. - dice con tono stanca, ammetto di averlo stremato in questi giorni.
- Sì, dopo delle giornate passate insieme, è strano non sentirti. - dico a voce bassa, per non sciogliere il nodo che ho in gola, ma Nic capisce subito che qualcosa non va.
- Marta, stai bene? - mi chiede, io cerco di trattenermi ma qualche secondo dopo non ci riesco più.
- Hei cosa è successo? - mi chiede preoccupato. Io continuo a piangere, ma lui resta in silenzio per ascoltare i miei sfoghi anche se non sa ancora da cosa siano causati.
- Scusa... - dico asciugandomi le guance con la felpa.
- Non ti preoccupare, ora ti va di dirmi cosa ti ha fatto piangere? - mi chiede, io mi immagino i suoi occhi colmi di premura puntati nei miei, che mi mancano già.
- Sì.. - rispondo respirando a fondo - sono tornata a casa e ho trovato i miei genitori, che mi hanno incolpata di non essere stata a casa per due giorni, mentre Greta era qui. Mi sono arrabbiata e ho sfogato buona parte della collera che ho dentro da tanto, poi è finita con mia madre che mi ha quasi presa in giro. - dico sommando la questione che, detta ora, sembra una sciocchezza, o meglio dire: una sciocchezza che ha aperto la porta su questioni più complesse.
- Forse è stato un bene, ti sei sempre astenuta per non litigare, ma questa discussione ti ha liberato dai pensieri pesanti. - risponde a quello che gli ho raccontato.
- Lo so, ma ho paura che le cose possano rovinarsi di più. - dico io con la voce ancora impastata.
- Più di quel che erano già? Credo che dopo questo, se aprono gli occhi, possono solo risalire a galla. Se così non fosse, le cose restano come fino ad ora; però tu hai fatto un passo grande Marta, sono pur sempre i tuoi genitori e devono sapere del tuo stato d'animo nei loro confronti. - mi dice. Ha ragione, peggio di così cosa potrebbe succedere?
- Grazie Nic. - rispondo io, non sapendo cosa aggiungere a quel che mi ha detto. Emette una risatina dolcissima.
- Che mi ringrazi, voglio solo che tu stia bene. - risponde.
- Ma sei a casa ora? - gli chiedo rendendomi conto del tempo che è passato dalla telefonata.
- Sono in auto con Cesare che è venuto gentilmente a prendermi. - risponde e sento il cazzotto amichevole che gli tira.
- Salutamelo, e digli di guidare con prudenza. - Nic riferisce.
- No, mi dispiace Marta! Anzi, digli addio. - risponde lo zuccone che guida.

ore 21:00.

Sono sola in stanza mentre cerco di applicare decentemente il mascara; di solito non mi trucco se non per qualche festa o evento, tutto quello di cui faccio uso è mascara e burro cacao, detesto la sensazione della pelle attaccata dai prodotti.
D'un tratto fa ingresso Greta, senza nemmeno bussare.
- Si bussa se la stanza non è tua. - dico nel mentre delle mie smorfie per truccarmi. Greta sbuffa, ma si avvicina per darmi un bacio sulla guancia.
- Mi dispiace per il casino di oggi, come stai ora? - mi chiede seduta sul mio letto, i nostri sguardi si incontrano nello specchio che sto utilizzando. Metto giù il prodotto per poi girarmi verso di lei con la sedia da studio.
- Sto bene, anzi credo sia stato più che buono tirar fuori le mie emozioni e non credo che tu ne senta di più positive. - le rispondo avvicinandomi a lei, che in questo momento ha lo sguardo rivolto al pavimento.
- Ovviamente no, come potrei non risentirne. Ma per qualche motivo non sono mai riuscita a parlare con loro, forse perché tra noi non c'è via di comunicazione. - risponde guardandomi. In questi momenti viene a galla il suo lato più soffice, lei è tutta "sono la tipa più forte che esista", ma ha il cuore come pochi.
- Sì, probabilmente è proprio per questo! Vedremo come reagiranno. Questa sera vuoi venire con noi? - le chiedo dopo qualche istante di silenzio.
Lei assume un'espressione prima di sorpresa, poi dopo mezza maliziosa.
- Che c'è, vuoi farmi conoscere il tuo ragazzo? - mi chiede ridendo, cosa alla quale rido pure io.
- No cara, è tornato a Bologna. Esco con le ragazze, non sto con loro da giorni. - le rispondo aprendo l'armadio per decidere cosa indossare.
- Dove andate? - chiede seguendomi con gli occhi.
- Non lo so - rispondo vaga, per poi girarmi verso di lei - ovunque ci venga voglia di andare. - continuo, convincendola.

Ore 22:00.

Sono in auto con mia sorella e le oche della mia vita, dirette in un locale in centro.
- Marta lì c'è un parcheggio vuoto! - urla Carlotta per farsi sentire, la musica e le loro voci sono abbastanza potenti.
Parcheggio a poca distanza dalla meta e ci rechiamo all'entrata, l'una di fianco all'altra, come sempre.
Non è un posto super affollato, ma c'è parecchia gente, intanto prendiamo un tavolo con cinque posti.
Bianca e Francesca vanno ad ordinare qualche cocktail per tutte, mentre noi abbiamo sentito un pezzo che ci piace tanto e ci siamo buttate a ballare, anche se quasi nessuno sta facendo lo stesso.
Le ragazze fanno ritorno col cameriere che porta due bicchieri blu e tre gialli, io mi avvicino a Francesca per porle una domanda.
- Francy io non sono esperta, ma credo abbiano sbagliato le ordinazioni. - alzo la voce per farmi sentire.
- No, li ha preparati avanti a noi, impossibile. Bevi, dai! - mi risponde porgendomi uno dei bicchieri blu.

Più tardi sono seduta sul divanetto, più che stanca, mentre tengo d'occhio mia sorella e
una ragazza mi si avvicina in modo abbastanza brusco.
- Scusa ma tu sei la fidanzata di uno degli Space Valley? - mi chiede alzando la voce. Come sa questa ragazza di me e Nicolas?
- Perché me lo chiedi? - domando a mia volta. Lei tira il cellulare dalla tasca, cercando qualcosa su Instagram, che poi mi fa vedere.
- È che Nicolas ha postato questa foto e sembri tanto tu. - mi dice, mostrandomi lo scatto sulle rocce del lago, fatto la prima notte che è stato con me. Non uso molto instagram, anzi non accedo da parecchio tempo. Sorrido a quella foto, è bellissima anche se non mi ha chiesto di poterla pubblicare.
- Bella foto, ma non sono io. - urlo ancora per non farmi sentire. La ragazza mi guarda con aria sospetta e mi chiede scusa, per poi andare via.
Dopo poco qualcuno mi tocca la spalla con un dito, mi volto e noto che a chiamarmi è Leonardo, un mio vecchio amico di corso per il quale ho avuto una cotta segreta tempo fa, ma il nostro rapporto non si è chiuso nel migliore dei modi. Mi avvicino incredula per salutarlo.
- Marta! Da quanto tempo, da quando frequenti questo locale? - mi chiede.
- Leo! Vero, ne è passato. Ma in realtà è la prima volta che ci metto piede, di solito non veniamo mai in posti troppo chiassosi. - gli rispondo. Mi invita a sedermi, così ci accomodiamo sui divanetti.
- Come stai? Ti trovo alla grande. - mi chiede spalancando gli occhi.
- Sto bene, a te che si dice?
- Nulla di nuovo, solo che ho abbandonato gli studi per lavorare altrove. Tu piuttosto, ho visto che esci con qualcuno. - insinua.
Ah ecco allora, anche lui questo. Dopo la rottura dei nostri rapporti, vedere queste notizie e, casualmente, provare ad approcciare dopo anni. Questa cosa inizia già a starmi male.
- Con chi, scusa? - chiedo facendo finta di niente.
- Dai non fare la finta tonta, questa notizia sta girando. Comunque io devo chiederti scusa per il modo in cui ho chiuso i rapporti con te, sei una bella persona e non avrei dovuto comportarmi come ho fatto. - risponde, ma ora voglio solo levarmi da qui.
- Va bene, grazie per esserti scusato dopo così tanto, ma apprezzo. Ora devo andare a recuperare mia sorella. Ci si vede! - cerco di ammonire, così mi alzo per andarmene ma trattiene il mio braccio, scaturendo in me un déjà vu; tiro un mega schiaffo su sul braccio per poi raggiungere le altre.


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