"Ottobre" (quarta parte)

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16 ottobre 2020, ore 19:14.

"Metro in arrivo, allontanarsi dalla linea gialla."
La voce elettronica della metropolitana pone conclusione alla giornata appena trascorsa; il desiderio di un bagno caldo mi accompagna mentre salgo in questo mezzo di trasporto sempre un po' maleodorante.
Devo attendere cinque fermate.
Recupero il cellulare dalla tasca della felpa per leggere i messaggi che avevo visualizzato ore fa, ma non avevo ancora avuto il tempo di leggere.
Infatti Francesca ha scritto sul nostro gruppo: "Raga non dimenticate che domani sera abbiamo la festa di Erika, chi prende l'auto?".
Tra una cosa e l'altra lo avevo già dimenticato, ottimo!
Non posso rispondere per mancanza di linea in metro, ma con le solite manie che si sviluppano tenendo tra le mani un cellulare, scorro le varie conversazioni sull'app.
Trovo quella di Nicolas, o meglio dire, voglio rileggere l'ultimo messaggio: "Scusami se ci sentiamo poco, ma siamo molto impegnati tra i progetti nuovi."
Ultima conversazione di dieci giorni fa, a seguito nessuna chiamata, tantomeno messaggi.
Non mi aspettavo nulla, non avrei mai potuto, ma qualche volta mi capitava di cadere in preda all'ingenuità; per un mese è stata una fantasia continua, un rapporto che, nella sua lontananza, sembrava darmi sensazioni piacevoli, vere.
Ci siamo raccontati le nostre giornate, ci siamo dedicati pezzi che, anche se ascoltati per la prima volta in posti sconosciuti, ci lasciavano immaginare di essere insieme ad ascoltarli. Abbiamo parlato in videochiamata per ore e fantasticato su posti da voler vedere insieme, un giorno. Sembrava di correre, certe volte, ma in altre sembrava di pensare e fare la cosa giusta con qualcuno di adatto. Sembra bello visto da questa prospettiva, ma non lo è sempre quando realizzi la realtà. Immagini momenti ipotetici, ma restano lì come, probabilmente, continueranno a restare.
Penso a tutto questo prima di voltarmi e vedere la mia fermata quasi arrivata. La metro è quasi vuota verso questi orari: a parte me, c'è un gruppo di ragazze e una signora di mezza età circondata da sacchetti per la spesa.

17 ottobre 2020, ore 22:35.

Le feste nella mia città sono un casino totale: la maggior parte dei ragazzi, di qualsiasi età, si veste o come giudice di una sfilata di moda, o come se fossero appena usciti da un giro di corsa in un parco abitato da ubriachi; invece noi ragazze ci dividiamo in fazioni, nella maggior parte dei casi siamo pure in contrasto, quasi come fosse una gara di supremazia. Quindi ogni arma è lecita.
Li osservo molto, per questo lo noto, ma d'altro canto non mi ci mischio.
Ho preso io l'auto e sto percorrendo le solite strade per recuperare le altre; Erika è una nostra vecchia compagna di liceo, oggi compie ventidue anni nella piccola villa dei suoi nonni.
- Vi immaginate che noia sentire Gab e Talia parlare delle loro ultime fiamme? O Giada dei suoi trenta e lode agli esami? - sentenzia Francesca seduta avanti, al mio fianco.
- Fate come me: annuite e ogni tanto dite qualche parole, ma non ascoltatele. - risponde Bianca dal sedile posteriore.
Arrivate dopo venti minuti a destinazione, parcheggio l'auto proprio fuori casa sua e la musica ci accoglie anche prima della festeggiata, che ci viene incontro poco dopo col suo abito viola.
- Che casino, c'è giá una schiera di persone che beve un fiume di alcol. - dice Carlotta.
Intanto facciamo un giro del giardino e diamo i regali ad Erika che ci ringrazie con la sua voce squillante.
Mi avvicino ad uno dei tavoli ancora sani e prendo un bicchiere di prosecco, considerando di aver cenato già, dato che alle feste non si riesce a mangiare.
Guardo le ragazze che sono poco distanti da me, prima di sentire un forte "Hei" alle mie spalle. Lo guardo in volto tra tutte le luci colorate e lo vedo, con il solito sguardo beffardo e il busto allungato: Alex.
Non ricambio il suo saluto, così mi volto dall'altro lato e mi sposto, ma sento la sua ombra alle mie spalle. Mi giro di scatto e sono già mezza furiosa.
- Che stai facendo? - gli chiedo alzando la voce.
- Ma non mi saluti? - mi chiede sorridente.
- Non voglio farlo. - rispondo diretta, ma queste risposte fredde non fanno che peggiorare il suo comportamento.
- Senti, cosa vuoi che faccia? Che ti chieda ancora scusa in ginocchio? - mi chiede.
- Non voglio nulla, eccetto che non mi rivolgi la parola. - rispondo guardandolo dritto negli occhi, ma lui si avvicina a me prepotentemente, cercando di arrivare al mio volto e finendo col mettermi le mani sui fianchi.
- Lasciami stare! - grido levando le sue mani e allontanandomi. Esco fuori al cancello e cammino per un minuto, finché non raggiungo una panchina.
Mi siedo per riprendere fiato, ma mi rendo conto che ho un bisogno assurdo di sfogare in un pianto nervoso.
Così scendono le prime lacrime, riecheggia il singhiozzo e le mia mani che frugano nella borsa in cerca di un fazzoletto.
Impiego secondi per cercarlo, ma poi una mano esterna me ne pone uno con movenze gentili.
- Credo tu ne abbia bisogno. - dice in tono dolce facendo sì che potessi riconoscere il tono. Alzo la testa e lui è lì, avanti a me, con una camicia bianca, un pantalone blu scuro e il suo bellissimo sorriso.
- Ma tu eri..- dico a singhiozzi. - cioè credevo che fossi.. - tento di continuare la frase, ma ne esce qualche suono sconnesso.
- Sì, io ero a Bologna, ma volevo farti una sorpresa e grazie alla posizione su Instagram delle tue amiche, sono riuscito a capire dove fossi. - mi dice sedendosi accanto a me.
- Oddio Nicolas, grazie. - dico calmandomi e riuscendo, finalmente, ad abbracciarlo.
Mi stringe, accarezza i miei capelli con delicatezza, ogni suo movimento esprime positività.
- Scusami se sono sparito, ho combinato dei casini per arrivare qui e sono contento di vederti. Mi sei mancata tanto. - mi dice piano, mentre mi accarezza ancora la schiena.
- Sono stata arrabbiata, anzi ancora lo sono. Ma vederti dopo questa mezz'ora orribile, mi fa capire che non conta il resto. - gli dico respirando il suo profumo.
Raccoglie il mio viso tra le mani e asciuga il residuo del pianto, baciandomi la punta del naso.
- Vuoi dirmi cosa è successo? - mi chiede piano, come se avesse paura di svegliare qualcuno nonostante siamo soli.
- È che sono a questa festa, ho preso un bicchiere di prosecco e nel mentre il mio ex fidanzato mi è sbucato alle spalle. Sono più fredda che mai, ma mi ha quasi aggredito, così sono corsa qui fuori per calmarmi. - dico brevemente. Nic ascolta e d'un tratto sospira, guardando nella direzione dalla quale proviene la festa.
- Ora, se tu vuoi, sai cosa facciamo? Entriamo, tu fai come niente fosse e lasci a me la faccenda, così recuperiamo anche le tue amiche, va bene? - mi chiede con calma, io annuisco. Si alza dalla panchina, mi pone la sua mano destra che intreccia alla mia sinistra e ci dirigiamo verso la festa.
Apro la porta del cancello che è completamente incustodito ed entriamo.
Le mie amiche si voltano restando pietrificate alla vista di noi due, così come Alex che scherzava col suo solito fare da cretino in compagnia dei suoi amici, e la maggior parte dei nostri ex compagni di scuola ci stanno guardando. Nicolas non curante di tutto, mi fa strada al centro del giardino e, come se intorno a noi non ci fosse praticamente nulla, mi accarezza il viso e poggia le sue labbra delicatamente sulle mie.
Tra volti che sono stati di passaggio, altri che nemmeno conosco; il mio segnato dai grumi di mascara un po' sciolto, il suo è più luminoso che mai.

Fil Rouge | Space Valley - Nic.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora