"Margherita Saloni" (decima parte)

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31 ottobre 2020, ore 08:00.

- Hai preso tutto? - mi chiede lui. Io sono immersa nella frenesia della stazione che è attiva già dalle prime ore di luce.
- Credo di si, controllo se ho preso la testa, aspetta. - rispondo in tono sarcastico, beccandomi un commento sulle mie battute poco illuminanti provenienti dall'altro lato del cellulare. Salgo in uno dei vagoni di Italo e mi accomodo di fianco al finestrino, sistemando la valigia e lo zaino.
- Nic devo andare, ti tengo aggiornato. - dico rilassandomi sulla poltroncina.
- Ci vediamo tra quattro ore. - mi risponde, io lo sento sorridere.

Bene! Dopo giorni sono riuscita a trovare un prezzo decente sui biglietti per andare a Bologna, e ora sono qui, in treno.
Non faccio molto uso di questo mezzo, in Italia mi sono quasi sempre spostata in auto. Ma a cosa pensano, di solito, le persone quando viaggiano in treno? Ripercorrono la propria esistenza? Ripensando agli errori commessi? O ai momenti di gloria? Probabilmente rimpiangono qualcosa, come tutti noi d'altro canto, anche se ci ripetiamo di vivere il più possibile senza di questi; sembra che ormai dovremmo vivere come esseri umani senza limiti, quasi supersonici, ma cosa c'è di umano in questo?
Io sto provando rimorso da quando dissi quelle parole ai miei genitori. Da allora ci siamo visti circa due volte: un saluto, un "come stai?" accennato, ma nulla di più.
Greta preferisce non pensarci, ha raggiunto le sue amiche in montagna per una settimana o due.
Recupero gli auricolari e l'ultimo libro di Markus Zusak, ma una donna di circa sessanta/settanta anni mi chiede di potersi sedere accanto a me, la faccio accomodare mettendo in ordine le mia cose. Non proferiamo parola finché non apro il libro.
- Leggi molto? - mi chiede in modo affabile, io le rivolgo un sorriso timido.
- Abbastanza, lo faccio appena posso. - le rispondo, non soddisfacendo la sua curiosità.
- Cosa ti piace leggere? - mi domanda nuovamente. Credo che in pochi mi abbiano posto questa domanda, infatti ci penso qualche secondo.
- Mi piace leggere fatti attuali, i classici, qualche volta dei romanzi, poi mi piace il fantasy, il thriller e talvolta il dramma. Mi piace variare. - le spiego.
- Ti piacciono le poesie? - continua lei, mantenendo sempre il suo tono gentile, per nulla impertinente.
- Certo. Lei legge? - le chiedo.
- Si, tante poesie; conosce Cesare Pavese? - mi chiede, ha una dizione incredibile: non si percepiscono accenti, il suo parlato è così fluente e pulito.
Annuisco alla sua domanda e prende qualcosa dalla sua borsa: un foglio di carta che appare molto vecchio deduco dal suo colorito ingiallito. Me lo pone con delicatezza e io lo apro, leggendo il contenuto: "La vita non è forse più bella perché da un momento all'altro si può perderla?"
- Vuoi sapere da quanto tempo lo porto con me? - io annuisco di nuovo. - Da quando ho perso mio marito diciotto anni fa, lui portava sempre queste parole con sé. - mi dice.
- È molto bello. - commento. Resta qualche secondo in silenzio per poi recuperare la sua borsa posata a terra.
- Signorina, come ti chiami? - mi domanda.
- Marta, lei come si chiama? - chiedo a mia volta.
- Margherita, sa dirmi dove si trova la toilette? - io in realtà non lo so, ma noto un cartello in fondo al vagone, che indico.
- Credo sia quello, le serve una mano? - domando.
- No, non preoccuparti. - così dicendo si alza e si reca verso il bagno.
Nel frattempo leggo, magari pesseranno più velocemente queste quattro ore da trascorrere nella stessa posizione.

Dopo non so quanto tempo, in realtà, mi accorgo di essermi addormentata; sono trascorse due ore. La signora non c'è, sarà successo qualcosa in bagno?
Preoccupata, mi reco verso di esso e busso.
- Signora Margherita? - chiedo, ma non ottengo risposta. Ripeto di nuovo questa azione, ma l'esito non cambia, attiro solo l'attenzione di alcuni passeggeri. Mi accorgo che la porta è aperta, la apro ma in realtà è vuota.
Sarà andata via?
Torno a sedermi e con preoccupazione mi si avvicina un signore sulla cinquantina.
- Signorina, chi cercava in bagno? - mi chiede non alzando la voce. Io lo guardo, per poi guardare la direzione di prima.
- Una signora non molto anziana, si chiama Margherita. - sentenzio anch'io a voce bassa. Il signore mi guarda con aria di stupore.
- È la prima volta che viaggia su questa linea? - mi chiede. Io rispondo in modo affermativo.
- Deve sapere che, da anni e anni, c'è una leggenda per la quale ogni nuovo passeggero di questo treno viene intrattenuto da questa signora, Margherita Saloni, che è morta suicida nella toilette del treno; non voleva più vivere senza il suo defunto marito. - mi spiega, in me si insinua una sorta di panico.
- Quindi mi sta dicendo che ho parlato con un fantasma? Mi ha fatto leggere un biglietto per portava con sé. - dico io mentre lui annuisce.
- È così che si mostra, ma non esserne spaventata, si dice che chi la incontra ha la fortuna di conoscere la propria persona. - mi spiega, mi sembra una cosa surreale. Ringrazio per il racconto e torno a pensarci, ma mando un messaggio a Nic per metabolizzare.
"Siamo a metà, dopo devo raccontari una cosa pazzesca."

Ore 12:30, stazione di Bologna.

Esco dal treno e con grossa sorpresa noto che al mondo esistono stazioni tranquille, c'è poca gente e non è chiassosa finché non scorgo Nicolas che urla "Martaaaa, da questa parte!". Cammino il più velocemente possibile, ma arrivata all'esterno lascio la valigia a terra per saltargli addosso.
- Piano piano, così cadiamo - si lamenta ridendo. Lo libero e per una manciata di secondi ci guardiamo negli occhi, ma quanto sono fortunata? È una forza indecifrabile.
Raccoglie la mia valigia e ci dirigiamo in auto, ho prenotato una stanza per una settimana, a metà tra il centro e lo studio dove lavora con i suoi compagni.
- Mi sei mancata troppo, non vedo l'ora di portarti in giro a vedere Bologna! - mi dice in auto, prendendo la mia mano sinistra e baciandola dolcemente.
- Dovrai lavorare molto? - gli chiedo, non voglio essergli d'intralcio.
- Poco, ma sappi che se vorrai, potrai venire in studio quando vuoi, i ragazzi non sono contrari. - mi dice - Però non voglio farti vedere solo loro, sappilo. - aggiunge.
A quelle parole immagino la mia espressione da pazza.
- Oddio, chi? - chiedo. Nic nota la mia reazione e scoppia a ridere.
- Vorrei conoscessi i miei amici almeno, poi SE te la sentirai, ma solo se lo vorrai tu, anche la mia famiglia. Sai quanto siano importanti per me, poi è la prima volta che vieni tu qui! - mi dice, quasi ad implorarmi.
Ora che ci penso, in realtà, il mito dell'ansia di conoscere i genitori del proprio partner per la prima volta deve essere sfatato, è solo un insieme di parole dette che possono intimorire; in realtà io desidero conoscere il suo mondo, tutto quel che per lui è importante, solo così potrò farlo.
- Lasciami conoscere tutto quello che vuoi. - gli rispondo, facendolo girare per guardarmi negli occhi ancora, finalmente.

Fil Rouge | Space Valley - Nic.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora