08. Raro e Spontaneo

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L'aria in riva al mare era gelida e profumata, portando con sé gli odori tipici del luogo e un sentore di libertà che Eren aveva sempre adorato.

Seduto all'elegante tavolo della magnifica terrazza, sospesi sulla superficie salata che si infrangeva ritmicamente sugli scogli sotto di loro, si sentiva calmo e sereno.

Levi aveva ordinato il vino migliore per celebrare l'ultimo traguardo lavorativo, suggerendogli le pietanze più saporite a base di pesce fresco e gustosi frutti di mare. Il risotto, proprio come aveva detto, era davvero squisito e l'orata al forno con contorno di patate buona da leccarsi i baffi.

Una stufa nelle vicinanze evitava che patissero il freddo dell'inverno e, complice la bevanda, Eren sentiva il viso scaldarsi ad ogni sorso.

L'Alpha osservava il suo Omega mangiare con gusto e si sentiva orgoglioso del proprio operato: Eren stava bene, e non c'era nulla che potesse renderlo più appagato.

«Scegli un dessert. Questo al cioccolato sembra delizioso» gli disse, invogliandolo, mostrandogli il menú.

«Quanta roba intendi farmi mangiare, ancora? Sto per scoppiare» rispose il ragazzo, raggomitolato sulla poltrona che fungeva da sedia, per quanto l'etichetta gli consentisse.

Era un posto elegante, ma il loro tavolo era defilato a sufficienza da lasciargli un po' di libertà d'azione. «Sul serio, di questo passo non entrerò più nell'auto...»

«Era tutto a base di pesce, Eren, ogni piatto era leggerissimo. Preferisci un sorbetto al limone?»

Levi poggiò il viso sul palmo di una mano, accennando un sorriso divertito.

«... Il cioccolato andrà benissimo» rispose, distogliendo lo sguardo da lui per puntarlo sul mare.

Le sue guance si erano imporporate e negli occhi verdi si riflettevano le luci che decoravano la terrazza, rendendo l'atmosfera rilassata e romantica.

Levi lo guardò divorare anche quel dolce, con il cuore pieno di tenera soddisfazione.

Il calore del ragazzo era finito da quasi due settimane, il suo odore era tornato neutro e poco interessante per lui come quello di ogni altro beta, eppure c'era qualcosa che lo portava a guardare oltre la dinamica che il corpo percepiva, ed era Eren stesso.

Ogni suo gesto, sorriso o battuta. Il modo in cui faceva girare la spillatrice nella mano, come fosse una pistola, prima di usarla o che ricordasse esattamente quanto zucchero mettere nel suo té nero, prima di portarglielo la sera, quando si fermavano a lavorare insieme.

Il corteggiamento era iniziato e da allora si erano scambiati solo qualche bacio, la notte, nascosti dalla sicurezza delle porte chiuse dei loro uffici. Eren rifiutava categoricamente di fare qualsiasi cosa nel raggio di due chilometri da quell'edificio e quei baci fugaci per Levi erano allo stesso livello di una medaglia olimpica.

Al ritorno in città, Eren si addormentò sul sedile del passeggero, cullato dalla musica jazz che faceva loro da sottofondo e dal vino che aveva bevuto, non tanto da ubriacarlo ma abbastanza da distendere i suoi nervi sempre tesi.

Levi guidò fino a casa del ragazzo. Parcheggiò in strada e spense il motore.

Protetto dai vetri oscurati dell'automobile sportiva, completamente neri dall'esterno, si sporse per svegliarlo con un bacio sul collo.

«Mhm... Siamo già–... Oh...»

«Sì, bello addormentato» gli rispose, lasciandogliene un altro prima di ritrarsi e sedersi nuovamente composto.

«Non mi ero accorto di... Beh, potevi svegliarmi, ti avrei fatto compagnia durante il tragitto...» mormorò, non troppo pentito in realtà, mentre si stiracchiava allungando le braccia nello spazioso abitacolo dell'automobile. «Le tue playlist sono proprio perfette per farsi un sonnellino.»

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