Cap.02

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Quando Dean e Sam oltrepassarono un'ampia porta a vetri furono accolti da un fastidioso odore di disinfettante e spirito, tipico degli ambienti ospedalieri. Il maggiore strizzò gli occhi e cercò di trattene un conato di vomito, fortunatamente ci riuscì e tirò un lieve sospiro di sollievo. Ultimamente si sentiva stanco e prosciugato, la notte prima non aveva quasi chiuso occhio e sicuramente la birra che aveva bevuto di prima mattina, contro ogni buonsenso, era solo servita a renderlo meno lucido. Un caffè sarebbe stato una scelta decisamente più matura e ragionevole. Alla fine fu solo contento di non aver vomitato sul pavimento lucido della sala d'aspetto. Sorrise a Sam, che intanto gli aveva lanciato uno sguardo di rimprovero, e insieme a lui si avvicinò alla reception.

«Salve. Sono l'agente dell'FBI Tom, questo è il mio collega Markus.» indicò Sam e mostrò alla donna dietro al bancone i due distintivi, ovviamente falsi; l'infermiera sorrise ai due uomini e si mostrò subito disponibile, dando loro tutte le informazioni che avevano chiesto. Erano lì per parlare con una donna, Ellen Martz, che secondo le notizie di un giornale locale era sopravvissuta all'attacco del mostro.

I ragazzi ringraziarono l'infermiera e raggiunsero la camera 206, infondo al corridoio a sinistra. Era una camera ampia e immersa in una penombra spettrale, qualcuno aveva chiuso le tende e i raggi del sole faticavano ad entrare, così come l'aria, che non sembrava circolare da giorni e che rendeva l'atmosfera pesante ed opprimente. Ma non era l'aria in sé, era quell'odore insopportabile che la riempiva, era l'odore della paura.

Sam si avvicinò alla donna distesa sul letto e avvolta in delle leggere lenzuola che la coprivano fin sopra le spalle. All'inizio sembrò non mostrare alcuna reazione, ma non appena si accorse della presenza dei due ragazzi sollevò il capo, guardandoli con occhi colmi di lacrime.

«C-chi siete?»

«Siamo agenti di polizia, signora. Vorr-»

Lei lo interruppe bruscamente «Avete trovato mio figlio?» si sollevò di scatto, mettendosi a sedere e trattenendo a stento un mugolio di dolore.

Sam guardò prima la donna poi Dean, accigliandosi leggermente. Non aveva letto da nessuna parte del bambino, quella notizia coglieva entrambi i fratelli impreparati.

«No, non lo abbiamo trovato. Potrebbe raccontarci di nuovo cosa è successo?»

Ellen deglutì nervosa e i suoi occhi si fecero liquidi «Ero...ero al piano di sotto quando...quando mio figlio Joshua...» una lacrima le scivolò lungo la guancia. «Quando lui ha cominciato ad urlare. Sono salita al piano di sopra e ho aperto la porta della sua stanza, è stato allora che l'ho visto.»

«Visto chi?» le domandò Sam; lei lo guardò sorpresa.

«Quell'uomo! L'uomo che ha preso mio figlio!» tirò un respiro profondo e si passò una mano tra i lunghi capelli biondi cercando di calmarsi. Dean la guardò dritto negli occhi, poteva solo immaginare ciò che quella donna stava passando, ma avevano bisogno di riposte. «Ha notato qualcosa di strano in lui? Colore degli occhi diverso dal normale?» le domandò.

«Cosa?»

«Senta ogni dettaglio potrebbe esserci utile per ritrovare quell'uomo.»

«Ecco...lui era...era alto e con una barba folta, aveva gli occhi neri, come i capelli.» aggiunse lei, tirando su col naso.

«Ricorda altro?» continuò Dean, da bravo "poliziotto". Ellen si prese qualche secondo per pensarci poi annuì: «Sul pavimento, subito dopo la sparizione di mio figlio, è comparsa una croce capovolta.»

Sam guardò suo fratello, poi si rivolse alla donna: «La ringraziamo signora, e le prometto che faremo il possibile per trovare suo figlio.»

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