Capitolo 37

213 6 0
                                    

Non sapevo per quale cavolo di motivo, un semplice pugno tirato da due adolescenti contro delle stronze, potesse mettere in mezzo degli avvocati. Pensavo che tutto venisse deciso semplicemente dai giudici della federazione di atletica.

Giorgio mi telefonò dopo la riunione in federazione dicendo che i genitori di Giulia e di Asia volevano sporgere denuncia contro noi due, indipendentemente da quello che avrebbe deciso la federazione. Per loro era un fatto personale. Fortuna che a quanto pareva quelli della federazione ci sostenevano e avevano provveduto a fornirci un avvocato. Quindi io e Samuele dovevamo recarci fino a Roma il giorno dopo per incontrare questo avvocato.

Ci vollero tre ore interminabili di treno, in cui nessuno dei due disse una parola, persino mio padre che ci accompagnava rimase tutto il viaggio con gli occhi fissi fuori dal finestrino.

Appena scesi dal treno, uscimmo dalla stazione. Roma è una città affollatissima, fermammo un taxi e mio padre comunicò l'indirizzo della nostra destinazione. Non era molto distante dalla stazione. Solo che Roma è un caos.

Arrivati agli uffici della federazione, una segretaria ci accompagnò alla zona giudiziaria. Bussò a una porta e una donna rispose dall'interno.

Aprimmo la porta mentre la segretaria si allontanava. Davanti ci trovammo un' avvocatessa donna sulla quarantina d'anni, alta e dal fisico molto tonico, probabilmente un'ex atleta.

Ci fece accomodare, ci scambiammo qualche convenevole, poi lei tirò un sospiro. Io ero agitatissimo. Mi sentivo come se stessero per darmi una sentenza di morte.

Cominciò chiedendo a Samuele di raccontare i fatti dal suo punto di vista e lui lo fece. All'inizio la sua voce era un po' incerta, non sapeva bene come doveva comportarsi e quali parole usare. Ma più continuava, più la sua voce diventava meno incerta, come se si stesse rilassando. Io non lo stavo nemmeno ad ascoltare. Ero troppo assorto nei miei pensieri. Sentivo solo la cadenza della sua voce.

-Lorenzo Longhi vorrei sentire la tua versione- mi si rivolse all'improvviso l'avvocatessa.

-Samuele ha detto tutto- dissi guardando solo lei.

Non so se ero pronto a raccontare quella storia, negli ultimi giorni continuavo a riviverla nella mia mente e questo mi aveva portato a soffrire di insonnia e incubi. L'avvocatessa poi mi sembrava una donna molto fredda, a cui in realtà non interessava nulla del nostro caso.

-Vorrei sapere le ragioni del pugno contro Giulia Gatto- l'avvocatessa non ammetteva il mio silenzio, ma raccontare la verità in quel caso, per me significava dover parlare anche di Anna.

-Penso che lei lo sappia- le risposi freddamente.

-Forse, ciò non toglie che hai commesso un errore che potrebbe costarti una denuncia, anche se a mio parere è una stupidaggine in confronto a quello in cui sono coinvolte le due ragazze che avete colpito- più che una semplice domanda, mi sembrava che l'avvocatessa mi stesse impartendo un ordine.

-Giulia Gatto non è mai riuscita a battere A...- mi bloccai al solo percepire il nome di Anna sulle mie labbra -la mia compagna di squadra e non ha mai digerito questo. In particolare il sentimento si è inasprito dalle nomine per i campionati mondiali per le quali lei è rimasta esclusa. E questa sua rabbia e frustrazione deve essere esplosa quando la sua acerrima avversaria ha vinto la medaglia d'argento-.

-Fin qui c'ero arrivata anche io, ma perché tu hai colpito proprio lei e non Asia?-.

-Perché era quella che aveva cominciato per prima- dissi. Ma ripensandoci non sapevo nemmeno io perché avessi scelto Giulia come bersaglio rispetto ad Asia.

-Secondo te chi delle due ha architettato tutto?-.

-Non lo so, sono entrambe cattive e invidiose, solo che...- e mi fermai non sapendo come continuare la frase.

Corri da meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora