Bambina

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Quand'ero bambina passavo i miei pomeriggi a fare disegni e scrivere letterine alle mie amiche, riempivo pagine e pagine del mio diario dai fogli rosa parlando di quel bambino che mi piaceva un sacco.
Credevo davvero che tutti quelli che dicevano di volermi bene me ne volessero davvero, avrei messo le manine sul fuoco sulla loro sincerità.
Ero troppo innocente per credere che al mondo ci fossero davvero persone cattive.
Tradita la fiducia una volta non torna più: la mia mamma mi diceva sempre così.
Avrei tanto voluto capirne il motivo prima.
L'ho capito solo sull'orlo del precipizio, quando non c'era più nulla da fare se non scappare via.
Per quanto lo odiassi, ho rinnegato me stessa per non farmi ancora più male, per salvarmi il cuore.
E sono cambiata.
Sono cambiata perché credevo sarebbe stato tutto più facile, perché più mi guardavo intorno più mi rendevo conto del fatto che nessuno si sarebbe preso cura di me, se non io stessa.
L'ho persa per strada, la me bambina.
Ho smesso di volere bene a chiunque: ho così tanti "amici", ma non riesco a fidarmi di nessuno. Le eccezioni si contano sulle dita di una mano.
Ho smesso di perdermi dentro gli occhi di chi mi fa battere il cuore, ed ho smesso di ascoltare il mio cuore che batte: a che serve, se non a farmi altro male? Pensi davvero che esista ancora l'amore, che le persone ti guardino dentro e non si fermino invece a un ricciolo disordinato, al mascara sbavato, al gloss colorato, all'abbigliamento succinto o sformato?
Sorridi e lascia stare. Vivi in una società materialista ed estetica, che ti aspettavi?
Ho chiuso porte in faccia a chi mi ha ferito, a chi mi "amava" per tornaconto personale, a chi chiedeva scusa e continuava ripetutamente a sbagliare, e a chi mi è entrato così tanto dentro da mettermi addosso la paura di starci male.
Ho chiuso porte per paura, perché non voglio soffrire ancora, e non ho lasciato un solo spiraglio aperto. Ma non ho mai chiuso a chiave.
Tante volte ho sentito bussare e poche sono state le volte in cui ho detto "avanti, puoi entrare" e non ho fatto finta di non sentire, e ancor meno le volte in cui ho cercato di bloccare la porta urlando "sparisci e non tornare", perché anche le urla sono dolore, e tutto ciò che vorrei è non sentirlo più.
No, non è per niente più facile. Le mura che mi sono costruita attorno sono diventate troppo alte, troppo strette, ed io soffro di claustrofobia.
Ho paura che il mondo possa farmi del male, paura di subire altra violenza, che sia fisica o mentale.
Ma sono io la prima a farmene, lasciando me stessa lì fuori, lasciandomi andare a cose vuote, nascondendomi dietro felpe larghe, ascoltando musica che non mi piace, omologandomi a tutti gli altri per non farmi notare, smettendo di scrivere, leggere, suonare, cantare, amare.
Vorrei rivederla ancora, la me bambina, persa in chissà quale parte del mondo, in mezzo ai fiori colorati, a cantare le canzoni di Elisa o Nada, con i palloncini a forma di cuore in una mano e il diario dalle pagine rosa nell'altra.
Vorrei tornare a quando il mio più grande problema era colorare senza uscire fuori dai bordi, a quando papà aveva ancora la forza di prendermi in braccio, a quando un voto al di sotto del 10 era la mia più grande tragedia personale, a quando tutti i pomeriggi costringevo mia sorella a insegnarmi il greco o leggermi quei libri pesanti e difficili che le lasciavano a scuola, perché in fondo sono sempre stata un po' masochista, ma era tutto così affascinante, e la curiosità superava ogni turbamento.
Vorrei tornare a quando tutto era bello, tutto era vero, tutto era amore, e mi faceva brillare gli occhi.

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