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Continuiamo a ridere e scherzare. Dopo aver condiviso con lui gran parte di me, Mark mi racconta molto della sua vita, del lavoro di suo padre, i continui viaggi che ha dovuto fare, ma soprattutto dei suoi ultimi trascorsi a New York dove era entrato a far parte della Unicorno. Non faccio altro che ascoltarlo, il suo modo di parlare, di muovere la testa avanti e indietro, perfino il suo sistemarsi i capelli bagnati, mi facevano rimanere sempre di più ammaliata. Era come se in quel momento ci fosse solo lui. O quasi... non so perché ma avevo una strana sensazione alla stomaco e, proprio quando mi iniziò a raccontare di come era diventato capitano, non riuscii a non pensare a Paolo.
Mark e Paolo in fondo non erano così diversi, nazionalità a parte. Entrambi non solo mi trasmettevano energia e sicurezza, ma anche uno strano calore, la consapevolezza che stando vicino a loro sarei sempre stata a casa. Nonostante ciò, il ricordo dell'italiano mi faceva provare ancora ulteriori emozioni: mi faceva sentire unica.

"Beh direi che abbiamo parlato abbastanza per ora, anche se passerei intere giornate, anzi settimane, ad ascoltarti" mi disse lui facendo un sorriso che avrebbe sciolto anche Bryce Whitinghale.

"Già penso lo stesso" gli risposi sinceramente grata per quella serata.

"Ma...?" mi chiese lui, quasi percependo la perplessità che cercavo in tutti i modi di nascondere.

"Ma cosa?" cerco di fingere ancora io.

"Non puoi negare ci sia un bellissimo rapporto tra noi, nonostante ci conosciamo da pochissimo tempo. Ma lo vedo, hai come la testa su un altro pianeta" mi disse dolcemente.

Lui aveva praticamente scoperto tutte le carte in tavola: ciò che era nato in così poco tempo fra noi due e il mio grande pensiero fisso, Paolo.

"Cosa dovrei dirti? Penso lo stesso, ma non voglio illuderti. Prima pensavo a un ragazzo" confesso io. Fra noi due era tutto molto affrettato ma al contempo fantastico. Mark era in poche parole "fantastico". Proprio per questo ho fatto una cosa che non penso avrei fatto con altri ragazzi, ho messo a nudo i miei dubbi.

"Capisco, beh, senti Sonya. Io ci sono, come minimo vorrei esserti amico. Poi come si dice 'se son rose fioriranno'. Quindi non ti preoccupare, e soprattutto ricordati: se vuoi Paolo, vai e prenditelo. Non c'è niente che vi ostacola, non andare ad incasinarti tu la vita" mi disse mettendomi una mano sulla spalla.

Mi sembrava più strano che vero. Ero passata dal "quasi baciarlo" a parlargli di Paolo. E cosa ancora più insolita: solo grazie a questa esperienza mi sono resa conto di ciò che provo per il moro.

"Grazie" conclusi io. Lo abbracciai per un'infinità di secondi finché non fu lui a staccarsi.

"Sai, dovremmo andare ad un Galà ora. Che ne dice di vestirsi elegante Mademoiselle?" scherza l'americano inchinandosi e porgendomi la mano.

"Oh siete proprio un galant'uomo" scherzai civettando.

Dopo che ci fummo asciugati e messi i vestiti andammo a piedi verso il quartiere inglese, dove c'erano già tutte le altre squadre ad aspettarci.

OUR DREAM - Paolo BianchiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora