IN-Dipendenza affettiva

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Vedo mia sorella in lontananza e mi incammino più lentamente possibile.

Non sembra reale tutto ciò.

Non riesco a realizzare ancora che cosa sta succedendo.

Lasciare tutto da un giorno all'altro è strano.

Orribile, si.

Mi giro per guardare l'ultima volta la mia scuola, una scuola a cui ho dato tanto, troppo.

Sento un affanno dietro di me, è Lucas.

MI volto e sorrido.

Lo abbraccio. Sento la sua mano sulla mia schiena spingere contro di lui, come se non volesse staccarsi da quell'abbraccio, da me. Neanch'io vorrei.

«Ti voglio bene Fleur. Non ti dimenticherò mai di te, lo sai. Sei stata fondamentale questi ultimi due anni e lo sarai sempre»

«Dai, mi sto solo trasferendo solo ad un'ora da qui. Non vuol dire che non ci vedremo mai più, lo sai vero? Continueremo a sentirci, ogni giorno promesso.» sorrido e lo abbraccio più forte di prima.

Non vedo Alex. 

Dopo essersi arrabbiato per non aver deciso di rimanere non si è fatto più vedere, nemmeno in classe.

«Salutami Alex , ti prego»

«Certamente, sai che quando si arrabbia fa così e sparisce» 

Lucas mi sorride e mentre mi allontano mi saluta sventolando la mano.

Lo vedo andarsene sulla nostra vecchia solita strada e ci m'incammino verso la macchina di Silvia.

Silvia mi prende lo zaino e lo mette nel bagagliaio, mentre mi indica di salire con aria affrettata, ma felice.

I sedili sono così freschi e io danno piacere dopo ore che stavo sudando per l'ansia.

La strada è piena di mamme o papà che vengono a prendere i loro figli, qualche scuolabus ancora non pieno e ancora altre decine di scuolabus già in cammino davanti a noi.

Immagino come sarà essere presi da mamma da scuola. Un'emozione tutta nuova.

Silvia mette in moto la macchina.

Penso sia abbastanza esaltata anche lei.

Dopo 10 minuti di silenzio assoluto, entrambe immerse nei pensieri, Silvia esclama

«Sai questa nuova vita mi spaventa »

«Ho lasciato tutto di fretta, non so cosa pensare in realtà» confesso io

«Piccola Fleur stai tranquilla, sei una ragazza brillante, hai tutte le potenziali per ripartire.»

Ciò mi tranquillizza. Silvia non mi aveva mai detto cose del genere su di me.

Sorrido.

«Fleur controlla se ho preso una borsa verde, lì dietro ci dovrebbero essere i miei occhiali da sole»

Silvia fa per aggiustare lo specchietto quando

frena di colpo.


Sbatto la testa contro il vetro ed inizio ad urlare.

«SILVIA MA COSA TI PRENDE, FRENARE DI COLPO IN AUTOSTRADA? DI COSA TI SEI FATTA, SEI DAVVERO U--»

«FLEUR QUALCOSA SI MUOVE NEL BAGAGLIAIO»

La guardo con aria esterrefatta. 

«Ma che stai dicendo» 

La mia testa rimbomba per la capocciata di prima.

«E poi, se stavi guidando come hai fatto a vedere dietro. Incoerente non hai quatt'occhi»

Lei si volta dietro con uno sguardo spaventato, come se qualcuno l'avesse accoltellata in quell'istante.

Si rigira e toglie la cintura.

Scende dalla macchina e chiude lo sportello.

Non ho mai visto Silvia ubriaca o fatta di qualcosa, in realtà non sapevo si drogasse, ma dopo questo suppongo di siì. 

Che si fa in questi casi?

Si chiama l'ambulanza? O la polizia?

«Scendi Alex» 

Sento queste parole uscire dalla bocca di Silvia.

«SCENDI» grida aprendo il bagagliaio.

Vedo scendere qualcuno.

Bassino, capelli ricci, e..

Alex. Dio non ci posso credere è Alex.

Non avete idea di come lo stia fulminando Silvia con lo sguardo.

Quel ragazzo è fuori di testa.

Faccio per scendere dalla macchina ma Silvia ha bloccato gli sportelli anteriori.

«Silvia aspetta ti prego, siamo a chilometri da Apeldoorn, per favore almeno accompagniamolo..»

Silvia si allontana con Alex.

Dopo 5 minuti circa risale in macchina.

«Non fiatare.»

Dove ha lasciato Alex?

Che cosa succede?

Mi affaccio al finestrino della macchina.

Non vedo niente e Silvia accellera.

«Fleur, forse per te è un gioco.»

«Che cosa?? Io non ne sapevo niente»

Silvia sospira e guarda in aria.

«Te lo giuro»



Arriviamo alla stazione.

Mentre Silvia va a prendere i biglietti, mi osservo intorno: è pieno di gente, questo senza dubbio, ma non riesco a scovare 1 persona con uno straccio di sorriso sul volto.

La maggior parte dei muri della stazione sono tinti in bordeau, gli altri sono grigi. Grigi come gli sguardi di queste persone. E come il mio probabilmente.

Tra tutta la gente vedo in particolare un uomo. Ha un maglione rosso scuro e dei jeans a vita bassa. Vecchio stile direi. Ha in mano una valigia, penso sia appena arrivato. Non riesco a capire se stia guardando me o la tabella degli orari, è lontano. Mi piace il suo stile.

Si avvicina sempre di più, ed io rimango per i primi secondi immobile.

Il pavimento è scivoloso, l'hanno appena lavato. Davvero lavano i pavimenti delle stazioni? 

Intanto l'uomo alza il passo quasi per venirmi incontro.

Si starà avvicinando per vedere gli orari.

Lo vedo sempre più vicino, mi inizio ad allontanare, non so perché, mi inquieta.

«Bene possiamo andare»

Silvia interrompe i miei pensieri

«Il nostro treno arriverà a momenti.»

Entrate nel treno ci sediamo in quei posti a 4, nonostante fossimo due, ma volevamo entrambe stare al finestrino.

Il treno è bellissimo, non avevo mai visto treni così puliti e lucidi, forse perchè non li avevo mai visti dal vivo.

Mi metto comoda sul sedile blu e inizio a cercare di ricordare i miei genitori.

Avevo 5 anni quando successe la svolta principale di tutto.

Non ricordo molto bene la scena, c'era mia madre che gridava, mia zia che le rispondeva e mio padre ci ci teneva per mano.

Solo a 9 anni Silvia mi spiegò veramente cosa successe.


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