Capitolo 3

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 3.


Era un'autentica fortuna che lei non fosse allergica al polline dei fiori. Primo, perché avrebbe dovuto tenere una battaglia all'ultimo sangue con sua sorella. Secondariamente, non sarebbe sopravvissuta allo sbarco a Hilo.

Era quasi certa di avere non meno di quindici ghirlande fiorate, e profumatissime, attorno al collo e, solo a stento, riusciva a muovere la testa per volgersi a destra o a manca.

Da quando erano atterrati all'aeroporto di Hilo, Summer e soci non avevano fatto altro che ringraziare hostess e addetti per la loro cortesia – corredata da ghirlanda –, e i mahalo mormorati a più riprese si erano sprecati.

'Grazie' era una delle pochissime parole in hawaiiano che conosceva e, almeno per quel giorno, era certa di averla usata non meno di venti volte.

Raggiungere il loro albergo, perciò, fu un'autentica gioia. Amava lo spirito di accoglienza degli hawaiani ma, dopo un po', anche lei ne aveva più che a sufficienza.

L'hotel che Big Mama aveva prenotato per loro si trovava nei pressi della spiaggia, in quel momento baciata dal sole pomeridiano e battuta da bianche onde schiumose.

Pur non essendo un complesso a cinque stelle, come quelli dove soggiornavano i vip, era sicuramente un locale tranquillo, pulito e gradevolmente familiare.

I proprietari dell'albergo – una giovane coppia coetanea di Summer – avevano deciso di ammobiliare sia gli interni, che le singole stanze, con lo stile esotico e organico dell'isola. La hall vantava i caldi colori del vulcano, così come i corridoi potevano godere dei colori freschi e lievi del mare e del cielo estivo.

Le stanze, poi, non erano da meno.

Quando Summer si ritrovò nella sua, sorrise spontanea quanto gaia. Quel locale era incantevole!

Le porte finestre si aprivano su una terrazza di tronchi, proprio di fronte a un boschetto di alte palme leggermente piegate dal vento, oltre il quale si poteva intravedere la linea scura dell'oceano.

In un angolo della stanza, nei toni del sabbia e dell'oro, si trovava un'amaca finemente intrecciata mentre il letto a baldacchino, corredato di tende in diafana seta, era stato ricavato dai tronchi levigati di una palma.

Il pavimento, per disegno e colore, ricordava i tatami giapponesi – cultura che ben si era amalgamata negli anni sull'isola – mentre il bagno risplendeva dei colori delle madreperle.

Un piccolo mobile a due ante, in legno di tek, si accompagnava a una cassapanca ai piedi del letto, su cui Summer poggiò temporaneamente la sua valigia.

Levato poi lo sguardo, osservò l'ampia pala a soffitto che sommoveva l'aria profumata al patchouli. Il lento movimento delle pale a forma di foglia la rilassò poco alla volta, portandola a mimare qualche breve passo di danza prima di sorridere sognante tra sé.

Amava quei luoghi, e il vulcano la faceva sempre sentire particolarmente euforica. Tutto, in quell'isola, faceva fiorire il suo Elemento e, per lei, era come tornare a casa dopo una lunga assenza.

Era abituata a viaggiare e le piaceva un mondo poterlo fare anche grazie al suo lavoro, ma trovarsi alle Hawaii aveva sempre un che di speciale, per il suo cuore.

Aperta la porta-finestra dopo aver ultimato la sistemazione di abiti e attrezzatura, uscì sulla piccola veranda di tronchi per respirare l'aria salmastra di quel tardo pomeriggio.

Sedutasi sull'assito di legno con le gambe a penzoloni, i piedi che sfioravano la sabbia sottostante, contemplò silenziosa il paesaggio. La brezza di quei luoghi era così piacevole che la assaporò a pieni polmoni.

The Lady of Fire - Volume 3 "The Power of the Four"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora