Chapter three

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“The mystery of the book”

ALICE’S POV

“Mamma, ho freddo…” disse sfregandosi i palmi delle mani sulle braccia ed emettendo un piccolo ticchettio per via di alcuni suoi dentini che battevano fra loro.

Aveva ragione. Era ormai da dieci minuti che stavo cercando un asciugamano pulito per far riscaldare il suo gracile corpo dopo una normalissima doccia calda. Per lei, normalissima.

Ero ancora scioccata per quello che era successo poco fa. Ero più che certa che tutti quegli incredibili e difficoltosi problemi fossero finiti. Sapevo benissimo che avendo come fidanzato e madre degli angeli, la mia vita sarebbe stata ancora inondata dalle storie di queste strane creature soprannaturali, ma non mia figlia. Nei primi anni della sua vita cercai il più possibile di tenerla lontana da tutto quello che aveva rovinato la mia esistenza. Avevo distrutto tutto quello che aveva distrutto me, con l’aiuto di Harry, ovviamente. Anche lui questa situazione non riusciva a digerirla per bene. Diceva sempre che era e doveva essere sempre un suo problema. Io e Luce non dovevamo centrare in nulla in tutto ciò. Beh per me era fin troppo tardi, ma per nostra figlia no. L’aveva tenuta assolutamente al sicuro. Pochissimi sapevono della sua esistenza e Harry si era incaricato di crearsi un personale equipaggiamento di supporto composto dai suoi più fidati amici angeli, pronti ad intervenire se fosse stato necessario. In poche parole erano i pochi angeli del Paradiso che non odiavano Harry per tutto quello che aveva fatto. Ma evidentemente tutto il nostro impegno era stato invano.

La testa mi scoppiava. Il dolore era così forte che avevo paura che prima o poi si fosse incendiata da un momento all’altro. Era ormai da anni che non provavo più quelle sensazioni di totale smarrimento e confusione in tutto il mio corpo. Concentrarmi su dove avevo riposto tutti gli asciugamani che possedevamo era difficile e troppo faticoso, ma non potevo lasciare la mia piccola al freddo gelido che stava entrando da una piccola fessura di una finestrella messa in un angolo molto in alto del bagno del piano di sopra ormai da un quarto d’ora, aperta precedentemente da me per far uscire tutto il vapore dell’acqua calda usata per il bagno che aveva appannato i due enormi specchi sopra il lavabo. Scossi la testa riprendendo il controllo della mia mente. Raggiunsi l’armadio bianco sporco del corridoio e afferrai una dei suoi tanti accappatoi.

“Mi dovevi prendere proprio questo? Io volevo quello con la faccia della paperella sul cappuccio” si lamentò una volta che intravide la mia figura fare capolinea nel bagno.

Quando i suoi occhi si posarono sui miei, il cuore cominciò a battermi forte. Come se mi incudeva timore il fatto di rimanere da sola in una stanza chiusa insieme a lei. Era mia figlia. Lo era anche se, molto probabilmente, non era un essere umano. Il fatto che capii che fosse quello che cercai di tenerla il più lontano possibile, mi impediva di guardare mia figlia come ogni madre può guardare la propria figlia. Era ormai cambiata ai miei occhi e questo mi faceva sentire un completo schifo. Come poteva una madre giudicare in quel modo la propria figlia? Forse il fatto che era diventata ciò che mi aveva spaventata per anni. Era diventata il mio più grande incubo.

Chiusi gli occhi, presi un grande, anzi, un grandissimo respiro e gli aprì di nuovo. Sentii il petto liberarsi da un peso posizionatosi nella parte del petto che non mi faceva arrivare l’ossigeno ai polmoni, ormai esauriti. Il battito del cuore ritornò a regolarsi, ritmi corti, ma costanti, quasi come il ticchettio di un orologio a pendolo in legno che avevamo appeso in soggiorno, sopra ad un ripiano dello stesso materiale. Regalo di Hope e Louis, portatoci della Svizzera per il loro quarto anno insieme. Ma nel preciso istante in cui l’uccellino in legno, decorato con un giallo forse un po’ troppo luminoso e sgargiante per i miei gusti, segnò mezzogiorno determinato da vari fischi che seguivano un ritmo ben preciso e, per certi versi, assolutamente fastidioso, ecco che il tutto dentro di me ricominciò a farmi impazzire.

Broken Wings, the final season [h.s.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora