Chapter four

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“Doti Nascoste”

HARRY’S POV

La gamba destra mi vibrò per la milionesima volta consecutiva. Stavo cominciando ad odiare a morte quella sensazione e quel ritmo costante che mi faceva scombussolare ogni volta.

“Ha ragione… è da due ore che sei qui. Dovresti ritornare da lei” mi sorrise Clarice con voce un po’ soffocata.

Era da mezz’ore che Alice mi chiamava.

Grazie al fatto che io e lei siamo legati, riesco a sentire ogni suo sentimento. Non capivo per quale motivo, ma circa un’ora prima i battiti del cuore cominciarono a risuonarmi ovunque. Era come se il mio cuore stesse galleggiando per ogni parte del mio corpo. Il ritmo sempre costante perse ogni cosa della parola “costante” e cominciò ad aumentare con dismisura. Sentivo che ad ogni minuto che passava, si stesse sempre più avvicinando ad un eminente esplosione. Le mani, invece, erano un continuo tremolio. Feci addirittura uscire tutta l’acqua all’interno del bicchiere che porsi ad Clarice per quanto mi tremassero. Percepivo sempre di più la stanchezza che veniva emanata da ogni organo interno ed esterno. Restai seduto sul pavimento sudicio e impolverato della casa abbandonata di una delle vie più mal ridotte di New York, non compì alcuno sforzo, e allora perché mi sentivo debole da sembrare quasi in fin di vita? Sapevo che non ero io a provare quelle sensazioni. Erano, si, forti, ma non le sentivo pienamente in tutto il loro orrore.

Perchè Alice stava così male? Cosa gli era accaduto?

Non era la prima volta che accadeva una cosa del genere. Una domenica di metà novembre dello scorso anno, io e Luce eravamo usciti per fare la nostra solita passeggiata dopo un bel piatto di pasta asciutta alle vongole preparato da me. Alice stava conseguendo gli ultimi esami prima della laurea, quindi passava intere giornate suoi libri. Credo che potreste intuire come mi sentivo al riguardo. Io e Alice avevamo perso tutto quel tempo per riuscire a capire che il nostro vero posto era uno accanto all’altro e a risolvere tutti i nostri conflitti sia all’interno  che all’esterno. Come potevamo permetterci di perdere altro tempo? Per tutti questi sei anni cercai di stare accanto il più tempo possibile alle due donne della mia vita. Passai momenti magici con Alice. Quei momenti che raramente, da quando ci eravamo conosciuti, ci potevamo permettere. Vivemmo tutto quello che avevamo sempre desiderato, solo insieme. Ma cercai anche di giocare e di coccolare stringendola tra le mie braccia il mio piccolo angioletto. Insomma, cercai di vivere la vita che avevo sempre desiderato e voluto al massimo. Ma Alice era troppo fissata con questa laurea da ignorarmi completamente. Anche io dovevo laurearmi in quel periodo, ma cercavo comunque di non perdermi attimi importanti, a differenza di lei. Ricordo quel giorno perfettamente: il vento soffiava leggero. Il sibilio che emetteva quando si inoltrava tra i rami degli alti pini di Central Park mi stava facendo rilassare. Ad ogni passo che facevo insieme a Luce i miei muscoli si stendevano e si alleggerirono. Chiusi gli occhi, la sensazione era quella che provi quando sei sdraiato sulla sabbia rovente di una delle tante spiagge delle Hawaii. Il sole è talmente forte che è come si solleticasse il viso. Non senti alcun rumore intorno, le onde non le definisci rumore. Più che altro per te diventano un sottofondo che ti aiuta in questo processo di rilassamento. Sapevo che Luce mi stava parlando dei maschi della sua classe della scuola materna. Durante il tragitto e prima di provare quelle meravigliosi emozioni, mi aveva raccontato del disastro che erano. Rutti, scherzi infantili e prese in giro. So che era un comportamento un po’ troppo egoistico da parte mia, essendo suo padre, ma smisi del tutto di ascoltarla. Come potevo non approfittarne in quel momento di quella situazione? Però il tutto svanì senza rendermene conto. Tutto precipitò in pochissimi secondi, direi nani secondi. La spiaggia soleggiata in cui la mia testa era immersa completamente, all’improvviso venne oscurata da una tempesta che spazzò via tutto quello che diventava un intralcio nel suo cammino. Stavo vivendo l’incubo a cui fui sottoposto pochi minuti prima nella vecchia villa sciroccata dove trovai Clarice quasi in fin di vita. Luce, come ogni bambina della sua età può fare, cominciò ad agitarsi furiosamente e cominciò a piangere disperatamente, tanto da farsi sentire per tutto il parco. come poteva reagire in modo diverso vedendo che il proprio padre, senza una ragione logica, si distese sull’asfalto umido anaspando per permettere all’innumerevole ossigeno di quel luogo di entrare nei suo polmoni, ormai in fiamme, e far scorrere il sangue nelle proprie vene che ormai erano accorte e che fecero raffreddare e impallidire qualsiasi parte del corpo avesse un briciolo di pelle. Perfino il viso mi cominciò a bruciare, pur essendosi raffreddata. Riaffiorai ancora la sensazione che provai quando ebbi il coraggio di appoggiare le mani sulle guance e ritirarle subito. Era come se non si potessero nemmeno lontanamente avvicinare. Il tutto era troppo strano, non era da me tutto questo. E fu proprio in quel momento che capii che non era dovuto da me. Anche se sento ogni, singola, anche piccolissima sensazione che prova Alice, lo sento se deriva da me o da lei.

Broken Wings, the final season [h.s.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora