PROLOGO

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Sono le 09.30 di lunedì 24 giugno, anno 2019.
E' una bella giornata di sole, l'aria è quella mattutina ed ancora relativamente fresca, sarà nel primo pomeriggio che l'afa caratteristica dell'estate Padana calerà su tutto rendendo alcune giornate così calde da, specialmente in luglio ed agosto, risultare insopportabili.
Mi presento. Il mio nome è Stefano Sergio. Sergio in realtà è il mio secondo nome ma mi piace così tanto, ed è legato ad una persona che a me è stata cara, che lo sottolineo quando possibile, a volte arrivando ad usarlo come primo nome. Ma su questo ci tornerò più avanti. Ho 47 anni, ed orgogliosamente sono conscio, per tutte le volte che mi è stato fatto notare, di dimostrarne almeno una decina di meno. Anzi non esagero dicendo che potrei spacciarmi per un 32enne e farla franca, in special modo nei giorni migliori quando sono, diciamo, in salute. Nell'insieme non sono certo un figo, nemmeno uno evidentemente brutto, insomma quello che si può definire "un tipo". Sono alto poco più di uno e settanta, per sessantacinque chili circa, di corporatura non sono quindi un torello, tutt'altro, e quando cerco intimo sfrucuglio tra la "S" e la "M". Ho la fortuna di poter mangiare a sazietà, sono goloso in generale e di dolci soprattutto, senza che la mia linea ne vada a risentire in modo evidente. Occhi marroni, e se posso permettermi uno dei pochi lati attraenti di me, una bocca con labbra ben disegnate ma purtroppo quello superiore sfregiato sul lato sinistro, al pari della guancia destra, da un morso di cane qualche anno addietro. Capelli castani,  soggetti purtroppo a diradamento dalle tempie. Fronte alta e caduta dei capelli sono un'eredità di mio padre, oltre a lati del carattere che ritengo, meno male, delle qualità. Barba quasi sempre da fare, quella di qualche giorno, già tendente al bianco in alcuni punti. Peloso il giusto sul petto, in tutte le altre parti del corpo il pelo è un nemico che va affrontato a colpi di lametta se di fretta, con pinzette se ho tempo a sufficienza. Come detto sono piuttosto magro, muscoloso a sufficienza, belle gambe completamente lisce. Ora indosso maglietta bermuda e scarpe da tennis. Quando faceva più freddo aggiungevo felpa, scaldacollo ed un paio di jeans scoloriti.
Questo tre mesi fa, al mio arrivo qui in comunità. Comunità per la cura delle polidipendenze. Ora sono sul patio di fronte all'ingresso, la mia bicicletta pronta coi freni revisionati e le gomme gonfie. Ho una piccola borsa legata al portapacchi, uno zainetto in spalla ed il marsupio a tracolla. Ho scelto di stare leggero perchè non ho un posto dove andare. Cioè, un posto inteso come abitazione. Nessuno della mia famiglia attuale né di quella d'origine sa delle mie dimissioni e che sto uscendo in questo preciso momento, e per ora non ho intenzione di informarne nessuno. La mia destinazione è ancora un mistero, anche per me. La mia unica certezza è vivere all'aperto, dovrò solamente decidere dove. L'importante sia un posto discreto munito di panchine e possibilmente riparato.
Può sembrare strano ma il pensiero non mi causa la minima ansia o preoccupazione, sono così eccitato dal fatto che da questo momento sono completamente libero di andare e fare ciò che voglio che tutto mi appare come un mondo da esplorare e vivere come non ho mai fatto prima, senza regole dettate da orari di alcun genere e senza, almeno per ora, dover risponderne a nessuno. Coscienza a parte. Mi si para davanti tutto il tempo per soddisfare le mie voglie le mie curiosità ed i miei desideri, ed eliminare così quei fantomatici tarli che per settimane mi si sono insinuati nel cervello e che, alla fine, hanno avuto partita vinta.
Non sento più battere forte dentro di me quella motivazione che mesi prima mi aveva spinto ad entrare in questa comunità a Lacchiarella, grazioso paese sito nella campagna tra Milano e Pavia. Persa la motivazione, ho lasciato che i suddetti tarli vincessero sulle mie resistenze e sulla ragione. La mia permanenza qui è terminata nel momento sbagliato, questo lo so, e so a cosa sto andando incontro. Gli operatori e psicologi della comunità mi hanno avvertito che secondo loro non sono affatto pronto ad affrontare il mio demone. Ma la questione è semplice... io non lo voglio affrontare, non ho intenzione di resistergli. Già so che una volta arrivato a Milano la prima tappa sarà lo sportello bancomat della mia banca per prelevare. Non mi nascondo dietro un dito. Mi si prospetta un'esperienza di vita per me totalmente nuova ed ho bisogno di qualcosa che mi dia forza, mi faccia sentire al massimo delle mie capacità, scacci la paura, e mi faccia sentire a mio agio in un mondo, il vivere per strada, che non ho mai vissuto. Qualcosa che mi faccia star bene comunque vadano le cose. E cosa può essere questo portentoso elisir se non uno speedball, una fantastica pera di ero e coca assieme.
Questo è uno di quei momenti nella vita in cui la stessa cambia piega. Questa estate non sarà sicuramente la più bella della mia esistenza, ma sicuramente indimenticabile. 

"Dormendo Sotto Le Stelle"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora