Cap. XXXI - Compravendite (parte 2)

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Jiyong P.O.V.

L'indomani mattina ebbi una spiacevole sorpresa. Mi fissava tutto contento poggiato sullo stipite della porta per la precisione. -Non sono dell'umore giusto per vederti di prima mattina- feci apatico dopo aver sospirato rumorosamente. Non potevo permettermi di far cambiare il mio umore così repentinamente e per colpa di uno stronzo patentato. Fortunatamente scorsi dei ciuffetti di capelli biondi e capii che non era solo. Sorrisi verso Minho quando la sua faccia tutta felice fece capolino nella mia stanza. Era bello poterlo vedere così.

-Vedo che sei una vipera inacidita solo con me! Sono contento!- intervenne Kai inclinando la testa e mostrandomi uno dei suoi ghigni. Alzai gli occhi al cielo e mi spinsi sul letto per poi scendere e dirigermi verso la porta. Afferrai Minho per un braccio e lo trascinai dentro -Visto che sei tanto contento perché non fai contento anche me ed evapori!- esclamai schietto e con un sorrisetto finto, chiudendogli la porta in faccia. -Jiyong! Dai! Non fare così!- Minho era con le braccia incrociate ed un broncio delizioso -Era venuto per scusarsi- mi comunicò abbassando la voce. Feci una smorfia tra il disgusto e il sorpreso -Cosa? Scusarsi? Scherzi? Quel tipo lì! Tu farnetichi Min!- continuai sicuro della mia posizione. Era ovvio che volesse prendermi in giro e quel piccoletto c'aveva creduto perché troppo offuscato dai suoi sentimenti.

Si irritò ancora di più -Non scherzo. Abbiamo parlato stamattina eh beh...- si fermò imbarazzato al pensiero di quello che si erano detti. Io lo spronai con lo sguardo a continuare. Mi ero troppo affezionato alla storia del ragazzo per non sperare che avesse un lieto fine. Anche se il suo prevedeva uno psicopatico con manie di controllo e mafioso per giunta. Si schiarì la voce e alzando gli occhi incontrò i miei -No, no, no... Niente di quello che stai pensando. Assolutamente! Gli ho soltanto chiesto scusa per lo schiaffo e gli ho detto che lui doveva fare lo stesso con te dato che non sei un oggetto ma una persona- affermò sicuro, dopo essere arrossito violentemente. Scossi il capo e iniziai a vestirmi -Non sono per niente convinto che voglia chiedermi scusa ma mi fido di te. Proverò a parlargli- mi fermai mentre stavo scegliendo che capo mettermi -Ma se mi prenderà in giro o altro mi arrabbierò sul serio!- conclusi optando per una camicia rossa e dei jeans bianchi strappati nelle ginocchia. -Non succederà-

Dopo aver pranzato e esserci divisi decisi di dirigermi verso il mio rapinatore. Ora che avevo una specie di coltello dalla parte del manico doveva spiegarmi qualcosa in più. Se non era cattivo come tutti lo descrivevano avrebbe potuto dirmi cosa lo aveva spinto a rapirmi e perché. Sapevo di essere stato venduto ma mi mancavano ancora troppi pezzi in quella storia. Lo raggiunsi in una parte della tenuta, all'aperto, in mezzo a tantissimi querce e cipressi. Sembrava di stare in mezzo ad un bosco. Stava seduto a cavalcioni su uno dei rami e con estrema facilità lo raggiunsi in uno vicino.

-Vedo che hai ancora manie suicide. Non dovresti fare cose così pericolose se non ne sei in grado- mi rimproverò senza guardarmi. Sapeva che ero lì per un motivo. -Potrei dirti lo stesso. Io sono un ballerino so qual'è la mia prestanza fisica, tu che scusa hai?- obiettai sicuro. Iniziavano sempre così i nostri discorsi. Comunicavamo attraverso litigi e screzi anche se la maggior parte delle volte ci portava a rinfacciarci cose che nemmeno noi volevamo realmente dire. -Non ho scuse- affermò ad un certo punto, dopo essere stato alcuni secondi in religioso silenzio. Abbassò lo sguardo per poi voltarsi a fissarmi. Eravamo distanti qualche metro ma potevo tranquillamente percepire i suoi occhi cercare di bucarmi anche se stavolta non in modo negativo. Non mi stava sfidando. -Non ti dirò quello per cui sei venuto a cercarmi. Non l'ho mai fatto e non inizierò di certo adesso- la situazione stava prendendo una piega strana. Scese dall'albero facendo un grande balzo e atterrò rumorosamente sul terreno senza perdere minimamente l'equilibrio. Era ovviamente abituato a fare certe cose.

Rimasi immobile sul mio piedistallo. Avevo bisogno di una certa distanza per parlare con lui in maniera civile. -Non voglio le tue scuse. Non me ne farei niente. Io voglio spiegazioni.-. Spostai leggermente il mio peso in avanti poggiando i gomiti sulle cosce e i lunghi capelli scivolarono giù creando una sorta di liana. Mi fissava intensamente dal basso non staccando mai il contatto visivo. -Ti dirò quello che vuoi sapere se tu mi dirai quello che voglio sapere io- stavo scendendo a patti con lui. Finalmente avrei ottenuto qualcosa di più di poche parole buttate lì con rabbia.

The Necklace ~ GTOPDove le storie prendono vita. Scoprilo ora