Capitolo Nove

3.6K 194 23
                                    


Stavano preparando un assalto. Non aveva mai visto così tante armi in vita sua, nemmeno in televisione, e ora se le ritrovava persino in bagno. Si esercitavano ogni giorno, la tensione era più alta della voce di Dinah. Eppure, il problema prioritario, non era quante munizioni possedessero, no. Era come vestirsi per la serata. Come se la camicia fosse più importante della propria vita.

«Mila, te l'ho spiegato. È una tradizione. Ormai quasi scaramantica direi.» Shawn si annodò la cravatta, ma ancora non era soddisfatto e riprovò daccapo.

«Quindi è normale andare a sbronzarsi la sera prima di infiltrarsi nel territorio nemico? Mossa astuta.» Scosse contrariata il capo, tirando su la cerniera del vestito, posizionata sul fianco.

«Ci aiuta a concentrarci su ciò che succede e non su ciò che potrebbe succedere domani.» Lo sguardo franco del ragazzo tacitò le proteste di Camila.

«Perciò un bicchiere di vodka è il vostro pre funerale?» Brontolò sommessamente, strappandogli un sorriso.

Shawn abbreviò abbastanza le distanze da prendere fra le braccia le sue paure. Camila ricambiò solo lo sguardo ma non il sorriso. «Nessuno beve alcol, ovviamente. Balliamo, scherziamo, ci diamo la carica.» Incassò pudicamente le spalle, liquidando il discorso con un bacio che però Camila non riuscì ad approfondire.

«È lontano questo posto o posso star tranquilla che nessuno cerchi di rapirmi?» Gli sistemò la cravatta invece, distogliendo l'attenzione dalle sue labbra.

«Nessuno ti rapirà, te lo garantisco.» Sapeva che si riferiva ad altro, ma Camila inspiegabilmente ebbe un tuffo al cuore, non come se avesse paura bensì come se non fosse pienamente concorde. Scosse la testa.

Qualcuno era già sul posto. Alejandro aveva case dappertutto e alcune servivano solo per liberare i delirium tremens dei suoi gorilla prima di spedirli in mezzo al fuoco. Uno di quelli era il luogo dove si stavano dirigendo a centodieci chilometri all'ora. All'ingresso spostavano almeno venti uomini che controllavano le facce di tutti prima di farli entrare, ma l'auto di Shawn non ebbe problemi a transitare.

«Sei più potente di una bomba ad orologeria.» Ridacchiò il ragazzo, a mo' di complimento che però non la lusingò e tantomeno la fece arrossire.

Loro due erano fra gli ultimi ad arrivare. A quanto pareva Shawn aveva un'ossessione sia per le bretelle che per le grandi entrate. Non gli piaceva accogliere, ma essere accolto. Figuriamoci adesso che poteva sfoggiare Camila al suo fianco come il gemello più costoso della sua collezione. Per la cronaca, non si faceva mancare nemmeno quello, lo appunava sempre sulla giacca, ma sull'altra manica, cosicché avesse ben due gioielli da mostrare da entrambi i lati. Alejandro le si fece subito vicino. Aveva preparato un bicchiere di analcolico anche per lei, mentre Shawn dovette pensare a versare il suo, lasciandola da sola con il padre.

«Papà, non ti sembra avventato festeggiare prima dell'operazione?» I suoi dubbi infoltivano il cipiglio in mezzo alla sua fronte.

«Camila, su con la vita! Dobbiamo trovare un buon motivo per non morire domani, si o no?» Dobbiamo? Certo, come se lui, comodamente seduto alla sua scrivania, fosse in pericolo tanto quanto i ragazzi sul campo. L'occhiata ammonitrice della cubana fu la prima della sua carriera.

«Anche Shawn sarà in prima linea domani, quindi perché non cerchi di goderti la serata e lasciare che anche lui lo faccia?» Invece, per Camila, il cartellino giallo alla sue obiezioni fu il primo della sua vita. Anche Sinu la riprendeva, ma c'era una bella differenza nell'insegnarle a non mangiare la pizza con la mani dal riprenderla per un pensiero.

La mano di Alejandro copriva interamente la spalla della cubana, ma non le sue incertezze. Non era preoccupata per Shawn, insomma lui doveva solo sincerarsi che i sistemi di sicurezza fossero game over e sfoderare la pistola in caso di stretta necessità, ma tante altre persone avrebbero rischiato la vita e... Cioè... Perché le interessava? Obiettivamente piangeva anche per i personaggi delle serie tv, ma aveva più senso quello, dato che per diciassette anni erano stati gli unici amic che poteva avere. Ma ora per cosa le temevano le ginocchia? Per gli spari? Lei non li avrebbe nemmeno sentiti. Sarebbe stata messa al corrente solo una volta terminata la missione. Allora perché il suo cuore galoppava? Forse era solo suscettibile.

In The DarkDove le storie prendono vita. Scoprilo ora