Capitolo Trentacinque

2.9K 189 67
                                    


Questo sarebbe dovuto essere l'ultimo capitolo, invece sarà il penultimo!

Vi aspetto domani.

Buona lettura.

Era sempre stato Alejandro a sfoderare la pistola per primo, ma ora sapeva che cosa significasse guardare in faccia la fine. Camila impugnava un'arma ancor più letale del piombo: i suoi segreti.

«Mila...» Portò una mani avanti per arginare le conseguenze, ma la cubana aveva rotto tutti gli argini.

«Tu l'hai uccisa. Hai ucciso mia madre.» Nonostante il fiume di le lacrime versato quella notte fra le braccia di Lauren, anche ora i suoi occhi si erano colmati di pianto. Solo perché aveva perso la colpevolezza, non significava che fosse pronta a perdere anche la sua famiglia.

«Tesoro, le cose sono più complicate di così.» Ancora nella sua espressione non vi si leggeva altro che pacatezza, come se avesse appiano troppi inghippi per comprendere che non poteva venire a capo anche di quello.

«Si, puoi giurarci. Perché non solo l'hai uccisa, ma hai anche avuto la faccia di tosta di lasciare che fossi io a prendermene la responsabilità!» Alzò sia il volume del tono che dei singhiozzi, e solo adesso, vedendo la sofferenza tingere il viso caramellato della cubana, Alejandro spostò la mano sul cuore.

«Camila, non mi avresti mai perdonato. Non potevo permettere che perdessi una famiglia in una notte sola.»

«Ma me l'hai portata via tu!» Le sue labbra fremevano più delle sue ciglia, e Alejandro non sapeva a quelle delle due appellarsi per ricevere una delle poche cose che non poteva comprare: il perdono.

«Camila, lei voleva che ti lasciassi uscire, che vivessi una vita normale... Era troppo rischioso, io non potevo permetterlo...» Scosse la testa, stringendo più forte la giacca sul cuore. Non c'era tessuto che potesse impermealizzare il dolore.

«E non potevi parlarci? Era mia madre! Lei.. Era mia madre..» Solitamente Alejandro andavo fiero di quello sguardo atterrito negli occhi delle sue vittime: era il passo prima della loro sottomissione. Ma ora, vedendo sua figlia sgretolarsi lacrima dopo lacrima, gli restituiva tutta la sofferenza che aveva sparso negli anni.

«Abbiamo parlato a lungo, Camila. Giorni e giorni, ma lei si ostinava a non comprendere. Ha minacciato di portarti via di nascosto, di...» Erano giustificazioni che non facevano altro che aggravare lo stato d'animo della cubana.

«E tu uccideresti anche con una pistola scarica, pur di non perdere il controllo.» Il suo tono, però, si stabilizzò anche in mezzo alla lacrime.

Improvvisamente gli baluginò di fronte agli occhi la ragazza che gli aveva puntato la pistola addosso prima di portarsela alla tempia. Quella era l'unica persona che lo costringeva ad uno sforzo per mantenere il mento alzato. Era come guardarsi allo specchio, solo che il suo riflesso non rispondeva alla sua volontà.

«È vero, lo farei. L'ho fatto.» Ammise inalando talmente forte che anche la sua barba vibrò. «Ma l'ho fatto solo per proteggerti.»

«Portandomi via una delle cose che amavo di più?» Non riusciva a credere quanto mitomane fosse quell'uomo. Si chiedeva fino a che punto le sue bugie condizionavano le sue scelte.

«Tenendoti al sicuro, lontana da ogni minaccia.» Le sue pupille si dilatarono fino a sfiorare le iridi, ma nemmeno questo bastava a contenere tutte le sue menzogne.

«L'unica minaccia sei tu!!» Sbraitò la cubana, additandola con fare tremulo.

«Tu non capisci, non capisci. Io dovevo tenerti al sicuro, dovevo tenerti lontana da questo mondo il più possibile! Vivi qui da un anno, e guarda quante volte hanno cercato di ucciderci! Pensi che questa sia "una vita normale?"»

In The DarkDove le storie prendono vita. Scoprilo ora