Capitolo Trentaquattro

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Sì, è vero che si era svegliata con alta necessità di caffeina, ma non pensava che le sarebbe stata servita tanto esuberantamente.

«Dov'è Lauren?» Lucy sbatté la mano sul tavolo facendole tremare anche i denti.

«E io che cazzo ne so?» Sbadigliò Keana, rimangiandosi gli imprechi solo perché temeva il karma la castigasse esaurendo le scorte di caffè prima che potesse metterci le mani sopra.

«Non era nel suo letto alla mansione di Alejandro e tantomeno nel mio. Andando per esclusione...» Il sorriso saccente lasciava intendere quanta poco temesse l'avversaria, ma anche gli sbadigli di Keana esprimevano quanto poco le importasse di tutta quella storia.

«Si vede che non sei molto brava in matematica, perché ti manca almeno un altro letto da conteggiare.» Solo perché non era interessata, non significava che non le piacesse screditare la boria di Lucy, vederla appassire come il suo volto la mattina prima di una tazza di caffè. Ma non c'era bevenda che potesse compiere miracoli.

«No, lei e Camila non vanno più a letto insieme.» Scosse la testa non come se volesse negarlo, piuttosto come se cercasse di scacciare la probabilità dalla mente.

Keana salutò Normani, che fortunatamente aveva pensato anche lei. Le allungò la tazza calda e già solo l'odore fumante del caffè la rinvigorì, ma fu il primo sorso a ritemprarla davvero. «Lucy, loro due hanno passato più notti insieme di quanto Lauren abbia fatto sia con me che con te.» Le diede una pacca sulla spalla e si avviò verso il sofà solo dopo averle sussurrato: «Non c'è niente tu possa fare per cambiarlo.»

Le labbra della mora si incresparono rabbiosamente, ma lasciò andare senza aggiungere altro. Anche perché, c'era davvero qualcos altro da dire? Forse sì, ma venne messo a tacere quando le chiavi girarono nella toppa e il sole illuminò tutti i dubbi che aveva cercato invano di allontanare.

Lauren non si era mai fatta troppi scrupoli riguardo ciò che voleva. Ma dagli sguardi algidi che saturavano la stanza come fosse inverno malgrado le prime luci del mattino caldo, comprese che quella volta aveva superato un confine che l'avrebbe portata solo a due finali certi: la vittoria o la morte. Avrebbe fatto di tutto per concederle la prima delle due alternative... Ma quando gli occhi caddero sulla mano intrecciata a quella di Camila comprese che non c'era altro modo per lasciarla andare che vederla fare ciò che con lei non aveva mai fatto.

«È uno scherzo?» Suonò offesa Normani.

La mano della corvina si strinse più saldamente a quella di Camila dandole l'input giusto per spronarla a seguirla. «No, non è uno scherzo.» Il tonfo dell'uscio sancì la serietà delle sue intezioni, anche se già ci pensava egregiamente il suo sguardo. «Volevo far vedere a Camila la nostra base operativa.» Gli smeraldi della corvina passarono in rassegna gli spettatori allibiti. Forse avrebbe dovuto fare l'illusionista, a quanto pare le riusciva bene lasciare tutti a bocca aperta. Ma aveva il sentore che fosse tardi per qualsiasi genere di trucco. «Perché lei sta con noi ora.» Lauren era troppo impegnata a guardare Camila per registrare le occhiate esterrefatte, ma la cubana deglutì sentendo addosso tutta la pesantezza della disapprovazione.

«Io ve lo avevo detto che si stava facendo di roba pesante.» Commentò Lucy, ma affondò la faccia fra le mani prima che lo sguardo di Lauren potesse fulminarla.

«Non ho bisogno di drogarmi per saper prendere una decisione.» Ringhiò a denti stretti, e fu sicura che la donna rimase nascosta dietro i propri palmi per evitare di sentirlo addosso il brulichio infuocato che assorbiva soltanto il dorso.

«No, Lauren. Non pensiamo questo...» Intervenne Normani, più cauta ma comunque non meno contrariata. «Ma devi ammettere che è un po' azzardato.»

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