Capitolo Ventisei

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Ciao a tutti!

Mi prendo uno spazio qui invece che in fondo per dire che... Mi sono portata avanti con i capitoli, ma sono anche arrivata alla fine, più o meno, devo sistemare ancora alcune cose, ma più o meno ci siamo. Ecco perché ho deciso di aggiornare anche stasera. Perché questo sarà un capitolo, rispetto agli altri, più di passaggio che altro, perciò ho deciso di pubblicarlo in anticipo.

Buona lettura!

Dormire poteva ritemprare le energie dopo averle sfinite completamente, era anche capace di ristorare coloro che poggiavano la testa sul cuscino sempre troppo pesante per addormentarsi subito, ma non bastava il sonno di qualche ora a cancellare un momento. Schiuse le palpebre tornava tutto a palpitare. Poteva convincersi di non aver sperato in qualcosa di più nemmeno per un attimo, la sera prima, in macchina. Ma non poteva negare di aver aspettato sul sedile più di quanto avesse impiegato per percorrere il vialetto e chiudersi la porta alle spalle.

Era passata una settimana da quel giorno, e ancora era riuscita a tenersi lontana dal fermento, da suo padre, da Lucy e da Lauren. Solo Shawn era andato a bussare qualche volta, sempre sotto ordine di Alejandro, e ciò che avevano ritrovato ogni volta che la punta delle scarpe del ragazzo oltrepassava la soglia, era la sincerità di guardarsi negli occhi come due vecchi amici. Camila non era sicura che Shawn avesse accettato ciò che gli aveva portato via, ma restava ogni volta che la cubana doveva asciugarsi le lacrime, e non era così ingenuo da credere fossero versate in suo nome.

«Non dirlo a mio padre.» Ridacchiò Camila, accettando il fazzoletto del ragazzo.

«Non che possa farlo, comunque.» L'inflessione delle sue labbra apparve più onesta e triste di quanto fosse capace di sopportare in quel momento, ma non seppe pronunciare parole confortanti. Per fortuna poteva nascondersi dietro il fazzoletto.

«Beh, non dirlo a nessuno in generale.» Specificò, e stavolta la serietà era più tangibile delle guance umide.

«Non che qualcuno lo chieda, in generale.» L'intensità dei suoi occhi erano un'accusa ineludibile, ma non era il rancore che ancora gli serrava i pugni a colorargli lo sguardo di fuoco. Era l'affetto che nutriva nei suoi confronti e l'impossibilità di poterla guarire con quello a tingergli le iridi.

«Non importa.» Scosse la testa Camila, dispiaciuta di non potersi scervellare con qualche esercizio di matematica per ingannare le equazioni di pensieri.

«Si che importa.» Stavolta il tremito delle labbra non preannunciò niente di buono.

Per quanto volesse convincersi che la rabbia di Shawn per i suoi sentimenti feriti la faceva stare meglio, era ancora la ragazza che si era intromessa fra un pugno vagante e una sconosciuta potenzialmente colpevole. E ora non si sentiva tanto diversamente, anche se avesse voluto esserlo per schermarsi lei stessa dai pugni.

«Shawn, non devi fare niente. Promettimelo.» Chiederglielo, con quel tono supplichevole poi, fu come domandare al fuoco di spegnersi con la benzina.

«Shawn.» Lo richiamò risoluta questa volta, sperando che la fermezza della sua voce e il tremore del ragazzo si stabilizzassero a vicenda.

«Non farò niente.» Anche se il cipiglio campeggiava ancora in mezzo alla sua fronte e i bicipiti si erano solo contratti maggiormente sullo scoccare della risposta, Camila si fidava.

«D'accordo. Anche perché, io sto bene, sono solo più sentimentale quando si avvicina la luna nuova.» Scherzò, ma la sua risata aveva il sapore di un limone.

Shawn rimase a farle compagnia finché fu certo che non avesse bisogno di altri fazzoletti o consigli. Forse rimase anche nella speranza cambiasse idea, e gli concedesse il beneplacito per dare una lezione a miss "io non mi innamoro di nessuno oltre la mia giacca di pelle". Ma in quel caso avrebbe dovuto attendere in eternità e nessuno dei due era ancora pronto per passare troppo tempo insieme.

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