cap 10 – 3 giorni dopo
Era stata questione di un'inezia. Una scintilla appena visibile, che si era trasformata in un incendio.
Brando era nell'androne principale della scuola, insieme a quasi tutta la squadra di calcio, quando Fabio era entrato e si era avviato allo scalone. Gli aveva rivolto un'occhiata fugace e poi era tornato a ridere di quello che stava dicendo Vittorio. Stavano in cerchio, proprio accanto alle scale.
Fabio aveva salito due gradini... e aveva urtato leggermente lo spallaccio dello zaino di Filippo, facendoglielo scivolare dalla spalla. Lui lo aveva fermato prima che toccasse terra.
Un'inezia.
Ma le inezie a quelli come Fabio raramente vengono perdonate.
"hei!" gli urlò rabbioso Filippo "scusa.." borbottò a bassa voce Fabio facendo per rincamminarsi sulle scale, ma a lui non era bastato "scusa un cazzo Fedeli" aveva ringhiato afferrandolo per la giacca e tirandolo giù dalle scale davanti a lui, subito altri tre o quattro ragazzi della squadra li avevano accerchiati, neanche fossero stati chiamati. Brando serrò le mascelle provando subito un senso di nausea. "quella borsa costa più di te, Fedeli, potevi rovinarla" gli disse Filippo a due centimetri dal naso, poi fece un sorrisino bastardo davanti alla sua espressione allarmata, gli prese lo zaino, lo aprì e rovesciò l'intero contenuto sul pavimento in un gran fracasso di libri e penne. Gli altri, compreso Niccolò, compreso qualche altro studente nelle vicinanze, scoppiarono a ridere. Fabio guardò Filippo buttare a terra anche il suo zaino con una gran voglia di sbuffare "ecco, ora siamo pari" gli stava dicendo dandosi di gomito con Carlo.
Fabio represse la rabbia e si inginocchiò per terra a raccogliere le sue cose tra le risatine dei presenti.
Brando strinse i pugni, rimanendo più indietro.
Proprio mentre Fabio si allungava per recuperare un quaderno di appunti però, Filippo ridendo mollò un calcio all'oggetto mandandolo qualche metro lontano.
E fu qui che accadde qualcosa di imprevisto.
Fabio scattò in piedi come una molla e spinse Filippo con tutta la forza che aveva facendolo barcollare all'indietro.
Era la prima volta che reagiva.
In un attimo si sollevò un polverone, Carlo e Vittorio afferrarono Fabio per le braccia tirandolo via da Filippo che imprecava e gli si rifaceva addosso. Tutti intorno cominciarono a vociare, chi si allontanava, chi chiamava qualcun altro, chi già prendeva in mano il telefono
"oh! Ma come ti permetti finocchio!" gli urlò Filippo in faccia "tu non mi devi toccare! Mi fa schifo che mi tocchi, hai capito???" gridò afferrandogli la faccia con una mano e stringendo. Niccolò gli si precipitò attaccato al braccio cercando di calmarlo "fratè sta buono, siamo in mezzo all'androne" gli soffiò nell'orecchio a denti stretti, ma Filippo se lo scrollò di dosso.
Brando nel frattempo era come paralizzato. Quelle erano le stesse cose che gli aveva detto suo padre quel giorno, le stesse identiche parole.
"mi sa che meriti una lezione, finocchio" disse ridendo Filippo all'indirizzo di Fabio, poi si voltò passando il cellulare a Niccolò "chi vuole vedere di che colore ha le mutande Fedeli??" urlò per farsi sentire. Parecchia gente iniziò a ridere e fischiare. Carlo e Vittorio anche se erano impegnati a tenere fermo Fabio ridevano sguaiatamente
"per me ha un tanga!"
"per me mutandine di pizzo!"
Fabio spalancò gli occhi terrorizzato quando vide Filippo avvicinarsi, cercò per un attimo lo sguardo di Brando, che ancora se ne stava a un paio di metri immobile come una statua con l'aria atterrita, poi iniziò a cercare di divincolarsi con tutta la forza che aveva. Carlo e Vittorio faticavano a tenerlo, ma comunque non riuscì a liberarsi. Quando Filippo gli toccò la fibbia della cinta sentì un moto di disgusto venirgli su e gli occhi pizzicare per il bisogno di mettersi a piangere dalla frustrazione, dall'impotenza.
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Non avere paura
RomanceCosa succede a Fabio dopo la fine della seconda stagione? E a Brando sopratutto?? L'esperienza spaventosa del suo collasso sarà l'occasione per riavvicinarsi, e iniziare a lavorare per cominciare ad essere... davvero se stesso