† Č𝐓𝐘Ř𝐈 †
Non si può guardare una foto in pace che arrivano i demoni
"Et creavit Deus hominem ad imaginem suam;
ad imaginem Dei creavit illum;
masculum et feminam creavit eos."
Non mi appartieni
Ora solo, nella sua buia camera, l'abat-jour delinea appena le forme del suo viso: i tratti sono rilassati, ma non di una pace senza fine; è un rilassamento apparente, è solo il rilassamento della sua perdizione mentale: ma il suo corpo, la sua anima, la sua mente, i suoi organi, tutto è turbato nella sua essenza più profonda – nell'essenza più profonda di Adam. La sigaretta penzolante si abbandona contro le labbra secche e il mento; le gambe lunghe si tendono verso il pavimento, mentre la sua schiena è distesa sul letto sfatto. In quella – quasi – completa mancanza di luce, i suoi occhi lucidi estraniano dalla loro vista ogni contorno: tutto è sfocato, reso inutile e amorfo. Le tende della finestra coprono l'immagine splendente della luna di quella notte, le porte chiuse ovattano ogni singolo rumore; la porta del bagno è socchiusa, e sembra che in quel raggio di apertura, il buio possa risucchiare tutto: anche le anime.
Disteso su quel letto sfatto, la camicia aperta, il petto nudo e scoperto al soffitto bianco, la cinta slacciata, i pantaloni abbassati fino alle cosce, il sesso insensibile tra le sue gambe, Adam ha un braccio che si tende verso l'alto: e questo stringe tra l'indice e il pollice un piccolo pezzo di carta fotografica. Il bianco e il nero delineano, le ombre si diradano, la luce si mostra, il contrasto perfeziona angoli sbavati di una vita a lui sconosciuta: e in quella piccola carta che l'uomo può contenere nel palmo della sua mano, l'immagine di una ragazza a lui estranea si fa spazio.
Dall'uomo è stata tolta
Adam non potrà mai sapere di quale vero colore fossero i suoi capelli: sa solo che la foto li ha resi scuri, come i suoi occhi. Poggiata contro un comò, incrocia le gambe piccole e scoperte all'altezza di metà polpaccio da una gonna scura: il petto è coperto da una camicia bianca e larga, arrotolata fino ai gomiti, ai piedi calza dei calzini bianchi che si arrestano e si abbandonano, pigri, poco dopo la caviglia, e vengono poi coperti da delle francesine nere. Nessun segno particolare sulle braccia nude, né sulle gambe. Il comò sosta sul prato, davanti una grande casa, che sembra molto vecchia all'interno della fotografia. Il suo sorriso, però – Adam potrebbe perderci tutta la notte. Quel sorriso è ciò che c'è di più indecifrabile in tutta la foto. È un sorriso che parla, parla tanto, ma parla senza avere alcuna voce. È un'indecifrabilità diversa dal sorriso della Gioconda, pensa il giovane uomo disteso sul letto: la Monna Lisa con quel sorriso avrebbe voluto parlare; ma la ragazza in quella foto, con quel sorriso, sta parlando senza sosta, senza nessuna voce ad aiutarla. Parla di ere lontane, parla di anni persi, parla di storie perdute, di libri bruciati, di persone dimenticate. Parla di un mondo che Adam può guardare senza poter toccare con mano. Un mondo che Adam può guardare solo attraverso una benda spessa attorno agli occhi: è tutto davanti a lui, ma non riesce ad osservarlo. Il giovane uomo esala un profondo sospiro, prova ad aguzzare la vista invano: da quella foto non riesce nemmeno a capire se quella sia Praga oppure un altro posto, più lontano, più vicino, disperso in quell'universo senza tempo e spazio. Solo, a guardare così tanto quel pezzo di carta che stringe forte tra le dita, avverte lo stomaco stringersi con forza: non ha la forza di mordersi le labbra, ma solo di spostarle verso destra nella sua solita smorfia. Quella foto in realtà non sa nemmeno dirgli quanto siano profondi gli occhi di lei: sa solo che sono scuri, sa che sono lì e lo guardano, trapela determinazione, si nasconde incertezza, si mescolano quei due sentimenti in un ossimoro che compongono l'essenza delle sue orbite all'interno del bulbo.
Adam la rigira: rilegge la frase, poi riporta lo sguardo sul viso di lei, sulla sua posa pigra, poggiata contro quel comò, sul sorriso che parla così tanto da non riuscire a farsi sentire in alcun modo, sulla posa delle gambe incrociate. Una sensazione di vuoto gli attanaglia i polmoni, portandolo a poggiare la mano destra sul petto, cercando il respiro: la vista si annebbia per un attimo e avverte un conato di vomito cercare di salire lungo la trachea chiusa e incapace di rilasciare respiri. Chiude gli occhi che rendono sfocato ogni singolo oggetto incontrato, cerca di riprendere possesso della sua mente: un'ombra scura è seduta sul suo petto, preme con forza lì; allunga le grinfie senza nessun confine di materia, e con esse circonda il collo dell'uomo: e stringe, stringe, stringe con forza. Ghigna, ghigna silenziosa, e stringe - i contorni indistinti della sua figura scura singhiozzano dal ridere. Adam si sente ricadere senza fine verso le acque della Moldava, avverte quella stessa sensazione che lo ha reso inerme.
Le dita della sua mano sinistra riavvertono il contatto con la foto: e quel piccolo pezzo di carta sprigiona un'aura potente e senza controllo, quietano ogni anima senza pace di Praga, spengono ogni luce del suo centro storico, rianimano le statue sul Ponte Carlo e fanno impazzire le lancette dell'orologio astronomico. Adam spalanca gli occhi, alza il petto e, come fosse appena uscito dal più profondo degli abissi dell'oceano, il suo petto riacquista il respiro perduto. Lo slancio del suo corpo è stato così forte da farlo ritrovare disteso completamente per terra, una tosse incontrollabile a smuovergli le spalle e raschiargli la gola secca. La tosse vibra all'interno delle pareti di quella grande stanza che è la sua casa, all'interno di quella notte così insolita di Praga.
Nigoaa.
I suoi occhi si accendono di un'emozione a lui sconosciuta: le pupille si dilatano, e un luccichio a lui sconosciuto le illuminano, ma solo per un istante; l'ultima cosa che essi vedono, prima di cadere in un sonno tormentato e non voluto, è la foto che l'uomo stringe ancora tra le dita.
Sei carne della mia carne.
† Astra Koutek †
Yaaaaaassssssss
Rieccoci!
Bentornati su Nigoaa mi siete mancati tutti tantissimo sigh.
Questo capitolo penso sia uno dei più corti se non il più corto al momento, ma non ricordo bene lol.
Al momento sono un attimo bloccata, ammetto di aver messo nel calderone un sacco di roba e ora devo cercare di incastrare l'incastrabile e mamma mia che bordello allucinante, ma ne uscirò prometto!
Questi piccoli capitoli sono semplicemente di entrata all'interno dell'atmosfera della storia: ho continuo bisogno di farvi sentire la sua ambientazione crepuscolare, e spero di star riuscendoci senza esagerare troppo - ché a me piace strafare e lo abbiamo capito.
Quindi sì non penso ci sarà molto da dire riguardo questo capitolo, ma con il prossimo si torna PEMPEM con la robbba pesante quindi preparatevi, questi sono i momenti più leggeri della storia lol.
Dovrei tornare presto con il prossimo dato che vi siete dovuti sorbire questi due capitoli piccini e vi ci potete sciacquare le beneamate gioiellerie co sti stronzetti ma, ripeto, servivano. Spero sarete ancora qui al prossimo capitolo, spero la storia continui a interessarvi anche solo un po', e vi ringrazio tanto per il continuo supporto e il bene che mostrate verso questa storia - e quindi verso me. Vi stringo forte e vi abbraccio con tanto calore, sembrerà scemo ma vi voglio bene.Un bacio,
Astra xxP.s. Ma la nostra carne di chi è? 👀
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𝐍𝐈𝐆𝐎𝐀𝐀
Ficción General«Non mi appartieni, Ma sei carne della mia carne.» Copyright © -TRVCHEITE, 2020, All Rights Reserved. |20/03/2020 - 02/04/2021|