A casa Brighton si era consumata una tragedia greca quando la signora Risa era rientrata dopo il lavoro.
Kira aveva cercato in tutti i modi di nascondere il suo bernoccolo, ma ovviamente non c'era riuscita. Si era calata un cappello sulla testa, fingendo di dover prendere parte a una recita scolastica inesistente. Non appena si era distratta, però, sua madre glielo aveva sfilato, esaminandole attentamente e in silenzio la fronte per lunghi secondi.
Dalla bocca di sua madre erano uscire tre o quattro domande di fila, per le quali Kira aveva imbastito una scusa veloce ma credibile, dicendo di essere andata a sbattere contro la barriera della pista di pattinaggio.
Risa aveva urlato, ripetendo mille volte che il pattinaggio era uno sport pericoloso, e che un giorno o l'altro si sarebbe ammazzata. Aveva alzato il telefono più volte per chiamare non si sa bene chi, forse il marito, come se lui avesse potuto risolvere la questione mentre si trovava dall'altra parte del mondo.
Dal canto suo, Kira aveva desiderato ci fosse papà: Kei avrebbe saputo come calmare gli animi, ma senza di lui si trovava sola contro una persona che faceva per mille.
Ogni volta che Kira si infortunava in maniera più o meno grave, Risa insisteva per giorni interi che cambiasse sport, se proprio doveva praticarne uno. La signora Brighton era assolutamente contraria allo spirito competitivo tra ragazzi; se sua figlia doveva competere in qualcosa, che lo facesse sui banchi, non sulla pista.
Risa punì Kira con una settimana di coprifuoco: a casa da scuola alle tre e mezza in punto. Niente chiacchiere dopo le attività dei club, niente passeggiate con le amiche in centro, e soprattutto niente allenamenti extra.
Alla luce di ciò, la nuova sfida con Mark Lenders veniva per forza di cose rimandata.
Ai primi rimproveri avrebbero potuto aggiungersene di ben peggiori: se Kira avesse danneggiato le lenti a contatto sarebbe stata una catastrofe. Invece, per somma fortuna, erano miracolosamente scampate alla pallonata di Lenders.
Nel frattempo, lui si allenava come un matto insieme a tutta la squadra. All'inizio di maggio, la Toho si sarebbe battuta nel primo girone del campionato con la squadra della scuola Nakagi, la favorita del distretto di Chiba.
I ragazzi di Kitazume iniziarono ad allenarsi anche il mattino presto. Mark e compagni raggiungevano la scuola alle sei e lavoravano sodo fino alle otto e mezzo. Poi c'erano le lezioni, e nel pomeriggio ancora allenamenti fino alle tre.
Concentrato su questa prospettiva, Mark non prese male la notizia che la sua rivale fosse in punizione. Tanto meglio, si disse, non l'avrebbe avuta tra i piedi per un po'.
Una settimana passò piuttosto in fretta, e la punizione di Kira terminò in concomitanza con la sparizione del bernoccolo.
Il primo di maggio, durante l'intervallo, la ragazza si presentò davanti alla 1B, sbirciando dentro per trovare Mark. Solitamente se ne stava sulla porta assieme al suo amico portiere. Strano che quel giorno non ci fosse...
«Cosa stai facendo?» disse la voce di lui.
Kira si girò. «Oh. Ciao. Ti stavo cercando»
Ian e Nicholas lanciarono un paio di fischi, ridacchiando. «Ehi, ehi, capitano! Una ragazza è venuta a cercarti in classe! Accidenti!»
«Tacete, imbecilli!» esclamò Mark infastidito.
Ian e Nicholas si defilarono dentro l'aula. Alcuni compagni allungarono il collo per vedere cosa avesse suscitato la loro ilarità.
«Ti aspetto dentro» disse Ed a Mark. Si astenne da ulteriori commenti, anche perché dubitava che al capitano sarebbe andata a genio qualsiasi cosa avesse detto. Ed salutò Kira con un inchino e un sorriso, la quale ricambiò.
«Allora, cosa vuoi?» incalzò poi Mark. Meno tempo parlavano, meno Mellin e Loson avrebbero fatto i deficienti.
«Ricordi che ero in punizione?» esordì la pattinatrice.
Mark annuì appena. Erano stati sette giorni di pace. Lei era talmente preoccupata di non uscire tardi da scuola che non gli aveva rivolto la parola. Di solito, quando si incrociavano, litigavano inevitabilmente e perdevano sempre un mucchio di tempo.
«Volevo dirti che è finita» continuò Kira con soddisfazione. «Da oggi tornerò a fermarmi a scuola un po' di più, quindi possiamo disputare la nostra nuova sfida. Ti aspetto domani alla pista di pattinaggio terminati gli allenamenti. Ciao!»
Kira si girò e saltellò per il corridoio, quando la mano di Mark si richiuse sulla sua spalla come un artiglio.
«Ehi, frena un attimo! Come sarebbe domani?»
«Perché, non va bene?» chiese lei.
«S-sì, va bene. Cioè, avrei la partita con il Nakagi tra pochi giorni»
«Lo so. Per questo ho scelto domani. Oggi ho da fare dopo le tre, e dopodomani tu inizi le eliminatorie. Per cui, domani è perfetto» puntualizzò Kira, notando che lui sembrava in difficoltà. «Qualcosa non va?».
«No, niente» rispose Mark in fretta. «Solo... facciamo alle quattro, okay? Alle tre è troppo presto. Può darsi che il mister ci faccia restare sul campo un po' più del solito»
«Allora, va bene. Domani alle quattro. Adesso puoi lasciarmi andare? Devo tornare in classe». Kira indicò la mano con cui lui le stringeva ancora la spalla.
Mark la lasciò andare e tornò in classe a passo lento.
Domani.
Domani.
D-O-M-A-N-I!
Assorbito com'era dal pensiero di giocare la prima partita ufficiale con la maglia della Toho, non aveva più pensato alla sfida con Kira.
La Brighton si era allenata in vista della sfida di calcio, mentre lui non si era preparato affatto.
Aveva mai indossato un paio di pattini? Forse, ma non ricordava né quando né dove.
Era nei guai.
Una strana, sinistra aura oscura iniziò ad aleggiare su di lui. Camminò verso il suo banco avvolto da una nube nefasta.
«Che cosa è successo?» gli chiese Ed, intimorito e preoccupato dalla strana nuvola nera.
Mark si voltò verso l'amico con aria tetra. «Non so pattinare»
Si guardarono in silenzio.
«Ah...» fu il commento del portiere.
«Tutto qui quello che sai dire? 'Ah'?»
«No, no, è...accidenti, è un bel problema». Ed portò una mano sotto il mento, iniziando a pensare.
L'aura oscura attorno a Mark si intensificò. «La sfida è domani. Domani, capisci? E io non so pattinare!»
«Sì, ho capito, ho capito. Fammi pensare». Ed fece qualche smorfia buffa, si grattò il naso, la testa, si passò una mano tra i capelli.
Mark sbatté una mano sul banco. «Allora?!»
Ed sollevò le braccia, palmi delle mani in su. «Non ne ho idea» disse, muovendo una volta le spalle.
«Sei un essere inutile!» Mark si abbandonò sulla sedia, le braccia strette al busto. La sua espressione di quel mattino avrebbe tenuto lontano anche gli spiriti maligni.
Le lezioni ripresero, ma lui non riuscì a mandare a mente niente di quel che spiegò la professoressa di storia. Alla fine dell'ora, i suoi appunti erano praticamente in bianco.
Doveva riuscire a battere la Brighton, assolutamente, o ne sarebbe andata della sua reputazione – oltre al fatto che non aveva i soldi per comprare una bicicletta nuova.
Probabilmente sarebbe stata un'altra sfida sciocca e avrebbe vinto senza problemi. Restava il fatto chelo aveva pensato anche la volta precedente, ed era quasi rimasto fregato. Si era ripetuto varie volte che la Brighton non andava sottovalutata, perché sotto l'aria da svampitella si celava una persona piuttosto furba e ostinata come pochi altri. Chissà cos'altro aveva architettato...
«Perché non vai a dirle che domani non puoi?» tentò Ed quando andarono a pranzo, indovinando già la risposta negativa.
«Non posso tirarmi indietro! Che figura ci farei?» sbottò Mark.
Il sospirò del portiere si perse in un boccone di cibo. Orgogliosa testa calda che non era altro... «Non è una sfida contro la New Team, capitano. È solo una ragazza che rivuole la sua bici»
«Una sfida è una sfida, e io ho dato la mia parola giorni fa. Se accampassi scuse per ritardarla ne andrebbe della mia credibilità»
Non aveva tutti i torti, pensò Ed. Uno come Mark non poteva e non voleva essere da meno della Brighton - una ragazza! - la quale aveva dimostrato un gran fegato. Al pari di lei, Mark non avrebbe rinunciato, anche se non conosceva nemmeno le regole base del pattinaggio.
«Senti, non dovrebbe essere complicato, no?» disse Mark poco dopo.
«Io non so niente di pattinaggio» rispose Ed in tono di scuse. «Ascolta, perché non andiamo a fare un paio di prove alla pista, più tardi?»
«Non possiamo usarla senza permesso, noi non facciamo parte del loro club»
«No, ma possiamo intrufolarci ugualmente prima che chiudano la scuola. Abbiamo tempo fino alle diciotto»
Mark valutò l'idea di Ed. Non era male, però... «Guarda che non ho bisogno che ti preoccupi tanto. In fondo è solo una sciocca questione»
«Dai, Mark...» commentò il portiere sorridendo. Non sarebbe cambiato mai. Non avrebbe ammesso di aver bisogno di una mano nemmeno in una situazione peggiore di quella.
Mark era combattuto. Ci pensò su ancora un momento e infine annuì. Dopotutto lo avrebbe saputo solo Ed, non c'era bisogno di vergognarsi.
Tuttavia, il loro breve 'allenamento' fu un totale disastro.
Mark non credeva di incontrare tante difficoltà nel pattinare. In definitiva bastava stare in equilibrio, una cosa da nulla, un po' come andare in bicicletta.
Equilibrio ne aveva.
Sfortunatamente, scoprì presto che non era semplice come sembrava.
Ed non era un bravo maestro, sapeva stare in equilibrio meglio di lui. Ma a parte consigli che chiunque avrebbe saputo dargli, non fu di molto aiuto.
Mark si sentiva un completo idiota. Con le braccia spalancate e il passo arrancante sembrava una specie di pinguino zoppo. Cadde una, due, tre volte, finché non riuscì più a contarle. E intanto Warner se la rideva sotto i baffi da bordo pista, dove aveva deciso di restare dopo esser ruzzolato malamente sul ghiaccio a sua volta.
Traditore.
Dolorante e di cattivo umore, il capitano della Toho si trascinò verso casa.
Non era fatto per stare sui pattini, assolutamente no. La sfida dell'indomani si prospettava un ostacolo veramente difficile.
Kira era carica, motivata dal pensiero che la sua bella bici sarebbe stata presto di nuovo in mano sua.
Finì di allacciarsi i pattini, alzando la testa per osservare la pista bianca davanti a lei. Poi guardò l'orologio che aveva tolto dal polso e posato su una panchetta lì vicino.
«È in ritardo» mormorò tra sé e sé.
«Magari non viene» disse Jem, seduta su una delle panche assieme agli altri membri del team.
Gli studenti che assistevano come pubblico alla nuova sfida erano più o meno gli stessi della prima volta, anche se a guardare bene parevano aumentati di qualche decina.
«Verrà. Probabilmente è stato trattenuto agli allenamenti» sentenziò Kira con sicurezza. Sapeva poco di Lenders, ma aveva perfettamente inteso che non era il tipo che mancava di parola, di questo era certa. «Intanto faccio un giro della pista».
Prima di una competizione – quale che fosse – era sempre meglio scaldarsi un po'.
Kira non era preoccupata questa volta, tutt'altro: la calma la faceva da padrone. Il ghiaccio era il suo elemento, il suo migliore amico. E Mark Lenders era spacciato.
Un ghigno malefico deformò il grazioso viso della ragazza.
Poco dopo, la squadra della Toho fece il suo ingresso nel palazzetto, con tifosi annessi, Mark in testa.
Immediatamente, le due fazioni iniziarono a lanciarsi occhiate roventi. La squadra di calcio non andava molto a genio al team di pattinaggio, e il sentimento era reciproco. Per non parlare dei sostenitori, i quali iniziarono a sventolare cartelli e cartelloni di incoraggiamento.
Mark gettò un'occhiata attorno e sul viso gli comparve un'espressione infastidita.
Di nuovo tutta quella gente ad assistere. Perché mai, poi? Erano così interessanti le sue sfide con la Brighton?
La cercò tra i suoi compagni di club, ma non era in mezzo a loro. Solo in un secondo momento si avvide di una figura solitaria già sulla pista, ed era proprio Kira.
Mark la seguì con lo sguardo. «Non sembra difficile» commentò rivolgendosi a Ed.
D'un tratto, Kira iniziò una serie di rotazioni su una sola gamba, piegando schiena e testa all'indietro. Acquistò velocità e, senza smettere di ruotare, afferrò la gamba libera sollevandola dietro la testa.
Guardarla faceva venire quasi il mal di mare. Come faceva a non girarle la testa?
«Vattene, capitano, sei ancora in tempo» commentò Eddie Bright con voce rauca, tirandolo per la giacca della divisa.
Mark strattonò il braccio e si liberò, avanzando deciso verso bordo pista.
Che la Brighton fosse una specie di contorsionista lo aveva capito durante il loro primo scontro, ma vederla snodarsi in quel modo...
Era finito.
Accortasi dell'arrivo del rivale, Kira scivolò fuori dalla pista, raggiungendolo con un sorriso che sapeva di sfida.
«Lenders»
«Brighton»
Se fosse stato un film sarebbe partita la musica di duelli tra cowboy.
«Credevo avessi cominciato senza di me» disse Mark.
«Mi stavo solo scaldando»
Lui la fissò un momento, stampate in mente le sue acrobazie di poco prima. «Come fai a... ?»
«Cosa?»
Mark scosse il capo, raddrizzando le spalle. «No, niente. Iniziamo?»
Lui faceva il falso duro, in realtà gli sudavano le mani. Si mise seduto su una delle panchette in prima fila, tenute libere per i due sfidanti e i loro amici.
Da una parte, Kira sistemava i lacci dei pattini, dall'altra, Ed Warner massaggiava le spalle di Mark come farebbe un allenatore al suo boxeur prima di entrare sul ring.
«Ricorda, capitano: non tenere le gambe tese, piega leggermente le ginocchia e allarga le braccia per mantenere l'equilibrio. Non è difficile»
Mark alzò gli occhi al cielo. «No, Ed, sarà una passeggiata, vedrai»
I due sfidanti si alzarono. I membri del team di pattinaggio e i componenti della squadra di calcio schierati alle spalle di Kira i primi, e di Mark i secondi.
Mark faticava a stare in piedi solo portando i pattini ai piedi. Se avesse posato un passo sul ghiaccio aveva idea che sarebbe partito in orbita senza possibilità di ritorno. Si sbilanciò all'indietro e i compagni di squadra lo afferrarono prima che potesse cadere ed esibirsi nella prima di una lunga serie di figuracce.
Kira si accinse a spiegare le regole; intanto, un paio di ragazzi del team di pattinaggio iniziarono a sistemare dei coni gialli di plastica, creando due file lungo tutto il perimetro della pista.
«Sembra lo stesso percorso con cui ci alleniamo noi» commentò Mark.
«Ehm, ecco...in effetti l'idea mi è venuta guardandovi» ammise Kira.
Mark la squadrò allibito. «Sei venuta a vedere i nostri allenamenti?»
«Non di proposito» si affrettò a rispondere la ragazza. «Il vostro campo si vede dalla finestra della mia classe» spiegò. Era praticamente inevitabile non vederli allenarsi ora che Kitazume li faceva sudare a ogni ora del giorno.
«Quindi... dobbiamo fare uno slalom su ghiaccio?» chiese ancora Mark. Se era così poteva anche farcela.
«Sì, più o meno» rispose Kira. «Sarà più che altro una gara di velocità, ma anche di equilibrio. Faremo due giri della pista slittando attorno ai coni; chi li completerà per primo avrà vinto. Ma se durante il percorso uno due di noi cade, avrà perso anche se l'altro non ha terminato il percorso»
Perfida calcolatrice, pensò Mark. E certo! Quando mai sarebbe caduta? Dal poco che aveva visto sembrava esserci nata coi pattini ai piedi!
Accidenti a lei...e a sé stesso per aver accettato!
«Questa volta sarà Yusuke a fare da giudice» disse infine Kira, spostandosi per lasciar avanzare un ragazzo alto e snello.
«Farò anche la telecronaca» sorrise Yusuke, mostrando un megafono preso in prestito da uno dei tifosi. «Gli sfidanti entrino in pista» disse poi, dando una pacca amichevole sulla spalla della ragazza.
Un verso sprezzante uscì dalle labbra imbronciate di Mark. Si erano attrezzati per benino, comportandosi come se lei avesse già vinto.
Il capitano della Toho si voltò solo una volta a guardare i compagni di squadra. Ed gli fece un segno d'incoraggiamento alzando il pollice. Mark fece un respiro profondo ed entrò in pista, tenendosi alla barriera con entrambe le mani, come un naufrago aggrappato all'ultimo pezzo di legno galleggiante. Rimase così per alcuni secondi.
«Ehm, scusami, dovresti avanzare fino ai coni» gli suggerì gentilmente Yusuke.
«Sei sicuro di saper pattinare, Lenders?» chiese Kira, ferma davanti alla seconda fila di ostacoli.
«C-certo»
Lei si coprì la bocca con una mano e sogghignò. «Hi-hi-hi, no, non è vero»
«Sono fuori allenamento!» esclamò Mark, arrossendo di vergogna. Non le avrebbe permesso di prenderlo in giro. Era lui che pendeva in giro lei, non il contrario.
Impavido, staccò entrambe le mani contemporaneamente, facendo qualche zoppo passo e provando subito una sensazione di instabilità.
«Piega le ginocchia!» gridò Ed alle sue spalle. Qualcuno sugli spalti ridacchiò.
Mark voltò la testa solo per fulminarlo con uno sguardo. «Ho capito!» Lui le piegava pure, ma non succedeva niente di diverso da quando non le piegava. Qual era la differenza?!
«Su, cominciamo» lo incitò Kira, quando finalmente lui si fu sistemato davanti al percorso.
«Ehi, Lenders! Mica avrai paura!» gridarono ancora dalle tribune.
Vaffanculo. Mark irrigidì tutto il copro e riuscì a stare dritto.
Adesso veniva il bello.
«Bene. La sfida può avere inizio» annunciò Yusuke. «Ricapitolo brevemente le regole, così non ci saranno fraintendimenti: farete due giri della pista pattinando tra i coni. Quando arrivate in fondo toccate la barriera e poi tornate indietro da me. Vince chi completa per primo i due giri senza cadere. Ma il primo di voi che cadrà avrà vinto anche se l'altro non completa i due giri. Se al termine dei due giri nessuno dei due è ancora caduto, si ricomincia. Patirete al mio tre» Yusuke alzò un braccio. «Uno, due...»
«Let's go!» gridò Kira, partendo lancia in resta.
«Ehi!» Mark la guardò scivolare sulla pista, veloce e leggera. Come diavolo riusciva a stare in equilibrio su quei cosi? «Dovevamo partire al 'tre', non al 'let's go'!»
«È uguale!»
Le gambe di Mark tremavano e sembravano non voler trovare l'equilibrio. Iniziò a scivolare in avanti ad una lentezza esasperante.
Mossa a pietà – o più semplicemente per divertirsi un po' a suo discapito – Kira tornò sui suoi passi e gli assestò una bella pacca sulla schiena. «Andiamo, un po' di coraggio!»
«No, non lo fare!»
Troppo tardi. Era bastata una spintarella per farlo partire in quarta. Inutile dire che dopo nemmeno un metro barcollava sulle lame, ogni passo un rischio di finire con il sedere per aria.
«Stupida cretina!»
«Ma io volevo solo aiutarti» si giustificò falsamente la ragazza, tirando fuori la lingua.
«Le braccia, Mark, usa le braccia!» urlò Ed al di sopra delle voci dei tifosi.
Agitandole come un forsennato, sentendosi un totale imbecille, Mark continuò ad avanzare con gli arti spalancati come un aeroplano, finché riuscì ad assestare la pattinata. Non c'era metodo, solo istinto: zigzagò tra i coni sempre più veloce, pregando in cirillico di non cadere. La cosa strana era che più prendeva velocità, più sembrava facile stare in equilibrio.
Nel frattempo, Kira era già arrivata dall'altro lato della pista. Si guardò un momento indietro per controllare la situazione e, quando vide Mark alle sue spalle, se ne stupì non poco. L'aveva praticamente raggiunta.
«Allora ci sa fare» mormorò a sé stessa con disappunto. Forse era solo la fortuna del principiante.
«Levati! Levati!» fece lui, agitando le braccia come un polipo impazzito.
Come non detto. Kira evitò lo scontro balzando di lato. Lui la superò in corsa, girò malamente attorno all'ultimo cono della sua fila e tornò indietro sfrecciandole accanto.
Lo spostamento d'aria le scompigliò i capelli. Kira rimase immobile e confusa per alcuni secondi, sbattendo le palpebre un paio di volte. Risvegliatasi dalla momentanea trance, riprese a pattinare e riguadagnò terreno in fretta.
«Incredibile, signore e signori!» diceva intanto Yusuke attraverso il suo megafono. «Sorprendentemente, Lenders passa in vantaggio e si prepara a completare il primo giro»
Mark continuava – non sapeva bene come – a saettare tra gli ostacoli senza farne cadere neanche uno. Improvvisava strane coreografie e una volta rischiò di esibirsi in una spaccata che non gli avrebbe sicuramente giovato alle parti basse. L'altro capo della pista si avvicinava troppo velocemente – anzi no, era lui che stava andando troppo veloce. Sperò nuovamente nell'aiuto della dea bendata, ma ella doveva essersi distratta proprio nel momento in cui si schiantò contro la barriera blu. Vi si aggrappò disperatamente e rimase lì per qualche secondo, ansimante.
Yusuke si sporse oltre il bordo. «Ti serve una mano?»
«No, grazie» rispose Mark con voce strozzata.
C'era mancato pochissimo... La barriera l'aveva salvato dalla caduta.
Imprecando a bassa voce, il capitano della Toho ritrovò stabilità.
Intanto, Yusuke aggiornava gli spettatori sul da farsi.
«E mentre Lenders tenta di tornare in pista, la nostra Kira-chan prosegue la gara da sola e anche lei completa il primo giro. Forza Kira!»
La pattinatrice riconquistò il vantaggio. Lasciandosi indietro Mark, alle prese con i suoi problemi di equilibrio, volteggiò tra i coni per cominciare il suo secondo giro.
Aveva praticamente vinto. Dubitava che Lenders potesse rimettersi in piedi.
Mia cara biciclettina, tra poco ci riabbracceremo.
Con un ringhio di battaglia che fece saltare sulle seggiole i tifosi delle prime file, Mark appoggiò tutto il peso sui muscoli delle gambe, scalciò forte la superficie ghiacciata e si rimise in piedi.
Se ci riuscivano tutti, perché lui no? Il pattinaggio era solo uno sport come tanti altri di cui non conosceva le regole. Ma non doveva per forza seguirle, e nemmeno era costretto a seguire le direttive della sfida. Anche lui poteva inventarsi qualcosa per depistare la Brighton. Lei aveva usato le sue acrobazie per metterlo in difficoltà, e lui a sua volta avrebbe inventato qualche trucchetto per farla finire gambe all'aria. Non si sarebbe presa gioco di lui a quel modo!
«Lenders riparte! Sembra determinato a non arrendersi, benché appaia ovvio che non sappia andare nemmeno sul triciclo – no, no, scusami, sto scherzando!» Yusuke si schiarì la voce. «Guardate la sua espressione, signore e signori: il suo viso splende della voglia di rivalsa!»
«Coraggio, capitano!» gridarono i membri della Toho.
«Yusuke, da che parte stai?!» esclamò stizzita Kira, voltandosi un momento.
Mark riacquistò parte dell'assetto e della velocità perduti. Si avvicinava sempre di più a Kira.
Lei sembrava temporeggiare. Pattinava piano, volteggiandogli intorno canticchiando a labbra chiuse con un sorrisino sul volto.
«Allora, come va?»
«Sparisci dalla mia vista, Brighton!»
«Come siamo indisponenti. Perché fai quella faccia scura? Sapevi che ti avrei sfidato sulla pista»
«Tu volevi solo umiliarmi, per questo hai architettato questa...» Mark sentì il peso del corpo trascinarlo all'indietro e mosse le braccia per tornare in posizione eretta, «...questa pantomima»
«Non ho bisogno di umiliarti, stai già facendo abbastanza da solo» Kira compì una giravolta e tornò da lui, prendendolo per un braccio.
«Che diavolo...?!» esclamò il ragazzo.
Senza permettergli di formulare la domanda intera, lei gli afferrò anche l'altro e iniziò a roteare su sé stessa, trascinandolo con sé.
Se Mark avesse fatto resistenza lei non sarebbe riuscita a spostarlo – visto che pesava almeno quindici chili più di lei – ma in quelle circostanze, più instabile di un ubriaco, era come un pupazzo nelle sue mani.
Kira girò e girò, simile a un lanciatore di disco, come se volesse lanciare lui!
«Che cosa vuoi fare?!». Mark sbiancò come un fantasma e cacciò un urlo di puro terrore quando lei lo lasciò andare. Schizzò via a una velocità folle, incontrollabile.
Reduce dalla sua esperienza di arbitro, Eddie Bright saltò in piedi gridando: «Fallo!» beccandosi una marea di fischi dagli spettatori.
«Che caspita sta dicendo quello?!» vociò la folla. «Guarda che non siamo più sul campo da calcio!»
Rosso in faccia per l'enorme figuraccia, Eddie si risedette e da quel momento non parlò più.
«Un altro colpo di scena, signori!» disse Yusuke. «Kira Brighton ha letteralmente lanciato il suo avversario!»
Mark colpì i coni gialli sul suo tragitto, facendone cadere più della metà. Arrivò di nuovo in fondo al percorso, ma il nuovo scontro con la barriera non lo spedì a terra nemmeno stavolta. Avrebbe desiderato vi fosse realmente una qualche regola che penalizzasse la Brighton per quella scorrettezza. Era stato un atto deliberato! In che modo veniva deciso il regolamento in quello sport?
Facendo pressione con le mani contro il bordo, Mark si diede la spinta giusta e ripartì all'attacco.
Le tecniche di sfondamento erano quelle che gli riuscivano meglio.
Mark si abbassò, quasi in ginocchio, e quando capì che poteva arrischiarsi allungò la gamba destra simulando una delle sue micidiali scivolate.
Voltata di spalle, Kira non lo vide arrivare. Solo la famigliare graffiata dei pattini sul ghiaccio, e il grido unanime degli spettatori, la fece girare appena in tempo. Seguendo l'istinto, la pattinatrice allungò le mani, fece leva sulle spalle di Mark e si diede uno slancio saltando a spaccata oltre la sua testa, atterrando dietro di lui a piè pari come la migliore delle ginnaste.
«Meraviglioso!» esclamò Yusuke attraverso il megafono. «La sfida si è tramutata in una gara di pattinaggio di coppia! Solo che la coppia non collabora, anzi, si odia a morte - nonostante io debba ammettere che sarebbero perfetti per questa disciplina. È ormai uno scontro all'ultimo sangue! Brighton ha eluso splendidamente un micidiale tackle di Lenders, che scivola in ginocchio sul ghiaccio ma non cade. Ora lo vediamo rialzarsi... sta tornando all'attacco! Attenta, Kira-chan!»
«Ehi! Non vale così! Razza di imbroglione!» protestò lei rivolta a Mark.
«Imbroglione perché?»
«Non stai rispettando le regole!»
«Non accetto prediche da una boriosa esibizionista come te»
Ah, era un'esibizionista? Ora gli avrebbe fatto vedere.
Kira spiccò un salto, e prima di atterrare allungò una gamba imitando una famosa mossa di karate. Mark evitò il calcio e la lama del pattino di lei si piantò nel ghiaccio.
«Che colpo mortale, ragazzi! Lenders è stato molto fortunato!» disse Yusuke.
«Non puoi essere ancora in piedi!» esclamò Kira, spintonandolo con un ringhio di rabbia.
«Prima le signore» fece Mark di rimando. Essendo più forte di lei, una spallata bastò per spedirla in orbita.
Altre spinte, altre scivolate, salti, mosse improponibili e cadute scampate in extremis.
La pista si era tramutata in un ring di lotta libera, altro che pattinaggio a coppie! I due rivali pattinavano tra i coni sparsi qua e là. Non c'era più logica di regole, e ne conseguì un'esilarante quanto bizzarra e pericolosa battaglia all'ultima caduta. Nessuno dei due demordeva.
Era Kira ad avere la meglio, Mark poteva solo contare sul caso. Lui tentò ancora con le scivolate, che sul ghiaccio erano abbastanza facili, in quanto doveva solo piegarsi con una gamba tesa in avanti, il resto veniva da sé. Anche schivare gli assalti della ragazza non fu così complicato, visto che era più o meno come dribblare un avversario. L'unico problema era il suo precario equilibrio, che solo per un qualche miracolo divino non aveva ancora perduto.
Kira si lanciò nell'ennesimo attacco, agilissima e all'apparenza instancabile. Mark lo sarebbe stato altrettanto se al posto del ghiaccio avesse avuto l'erba sotto i piedi.
Mai più su una pista come quella. Mai più.
Iniziava a sentirsi intirizzito. Non gli piaceva il freddo e ancor meno il pattinaggio, al contrario: aveva scoperto di detestarlo.
Una goccia di sudore scivolò da entrambi i visi, entrambi avevano il fiato corto.
Si studiarono per un istante, poi Kira tornò all'assalto. Il suo unico obbiettivo, ormai, era farlo cadere. Scivolarono insieme per qualche metro, lui barcollò pericolosamente all'indietro. Si sostennero l'un con l'altra, tuttavia Mark le ricordò troppo presto che non era lì per aiutarla.
«Eh no!» Con un balzo all'indietro, Kira si allontanò da lui, atterrando in scivolata con un sorriso trionfante. «Non ce la farai a fregarmi, sono troppo in gamba per te»
«Non diventare modesta, mi raccomando» la punzecchiò il ragazzo.
«Oh bè, tu non sei esattamente il re dell'umiltà»
Kira fece per scattare in avanti e prendere una bella rincorsa prima di lanciarglisi contro per l'ennesima volta. Invece, fu strattonata all'indietro, percependo una morsa ferrea chiudersi attorno al suo polso.
«Presa!»
«Che cosa fai?! Lasciami subito!»
Inciamparono tra i coni sparsi sulla pista. Mark le prese entrambe le mani e per quanto lei tentasse di liberarsi non ci riuscì.
«Sei stata sleale» inveì contro di lei.
«Io sarei sleale?»
«La prima volta che ci siamo sfidati ho voluto darti un vantaggio su di me, mentre tu hai pensato di mettermi in difficoltà fin da subito sapendo che non so pattinare. Non finirà di nuovo in parità!»
Mark fece esattamente la stessa cosa che aveva fatto lei prima: compì un giro su sé stesso e poi la lasciò andare.
Frenare in quelle circostanze era fuori discussione, a quella velocità si sarebbe ribaltata e sfracellata al suolo. L'unica cosa che Kira poté fare fu continuare a pattinare, provando ad esaurire la forza d'inerzia in una spread eagled(1). Prese un respiro di sollievo quando rallentò, poi si voltò e con grandi falcate si gettò su Mark, saltandogli in groppa.
«Sei impazzita? Mollami, subito! Così ci ammazziamo!»
Il calciatore tentò in tutti i modi di levarsela di dosso, ma pattinare e lottare non erano due cose che potevano viaggiare in coppia.
«Se io vado giù, tu vieni giù con me!». Kira si aggrappò meglio alle sue spalle e strinse le gambe attorno al busto del ragazzo. «E adesso vediamo quanto resisti prima di cadere!»
«Maledetta!»
Kira gli stringeva la maglietta rischiando di strangolarlo. Mark riuscì a farle staccare la braccia dalle sue spalle, lei finì a testa in giù ma seguitò a tenersi a lui con la sola forza delle ginocchia.
La pista e tutto il palazzetto erano un vortice confuso di bianco accecante e sprazzi di colori. Su tutti e quattro i lati incombeva la barriera, contro la quale stavano per andare a sbattere di nuovo.
Per Mark era la... non ricordava più quante volte aveva rischiato di frantumarsi qualcosa contro di essa.
«Come faccio a girare?» chiese lui, in preda a un panico che poche volte aveva mostrato.
«Come hai fatto prima. Fletti le ginocchia e inclinati sui pattini» disse Kira al suo orecchio.
Ancora queste ginocchia! «Ci ho già provato, non sono capace!»
«Devi piegarti sul filo interno delle lame»
«Sul cosa?!»
«Il filo interno, è... Oh, insomma, piegati e inclina i piedi in dentro!»
Ora era chiaro.
Mark fece come aveva detto e riuscì malamente nell'intento. Ma la barriera era ancora troppo vicino.
«Tienimi!» disse Kira, stringendo di nuovo le braccia attorno alle spalle di lui.
Mark percepì le gambe di lei svolgersi dal suo busto e fu istintivo afferrarla sotto le ginocchia. Kira tenne le gambe rigide e con i piedi colpì la barriera, dandosi la spinta per allontanarsi.
Lo slancio all'indietro li gettò a una velocità ancora maggiore. Filarono nella direzione opposta ancora avvinghiati l'una all'altro.
«Brava» fece Mark.
Il complimento fu inaspettato. «Grazie», mormorò Kira. Poi intuì il sarcasmo nella sua voce.
«E adesso come si frena?!»
Già. Frenare.
Una manovra che Mark non sarebbe mai stato in grado di compiere. Fin ora era rimasto in piedi solo perché non aveva mai dovuto fermarsi.
Kira iniziò a dargli velocemente indicazioni su come fare. «Girati di lì! No, di là! Non così! AIUTO!», Ma non gli fu di nessuna utilità.
Il capitano della Toho non capiva più niente, e molto presto avvenne lo schianto definitivo.
Yusuke si abbassò appena in tempo, evitando di venire travolto dai due.
Kira fu la prima a decollare. Perse la presa sul rivale e volò oltre la barriera, finendo dritta in braccio a Ed Warner, il quale se la ritrovò in grembo senza aver compreso le dinamiche.
Mark, invece, si scontrò di reni contro la barriera. Con la convinzione immediata di essersi fratturato tutte le duecentosei ossa, ruzzolò al di là della pista, travolgendo il team di pattinaggio artistico al completo (Yusuke e Kira esclusi).
Il pubblico andò in una sorta di delirio.
Chi aveva vinto? Chi era caduto per primo?
Yusuke si rialzò tremante, asciugandosi una goccia di sudore freddo. «Signore e signori, non vi preoccupate, io sono ancora intero»
«Non interessa a nessuno!» gridò il capo ultras della Toho, un ragazzone con la barba che non apparteneva di sicuro alla schiera di studenti delle medie.
I tifosi di entrambe le fazioni si sporgevano minacciosi verso Yusuke. I più lasciarono i sedili e gli si fecero intorno come un'orda di rivoluzionari impazziti. Il capo ultras della Toho era il più terribile di tutti.
«Dicci chi ha vinto! Non siamo venuti qui per niente!»
«Bè, ehm, ecco...» balbettò Yusuke, «non sono in grado di dire con esattezza chi dei due sfidanti abbia toccato il suolo per primo. Perciò...»
«Perciò, cosa?»
«P-p-perciò...». Yusuke cercò sostengo negli amici, ma i ragazzi del pattinaggio erano ancora occupati con Mark. «S-sarebbe meglio controllare come stanno, prima di decretare la vittoria di uno dei due».
I tifosi si scambiarono brevemente qualche parola, poi annuirono concordi.
I loro beniamini non si erano rotti l'osso del collo, ma non avevano nemmeno terminato la sfida nel pieno della forma.
Kira si sentiva leggermente stordita e un po' dolorante. Ed la teneva ancora in braccio.
«Puoi mettermi giù adesso» gli disse, picchiettandogli sulla spalla. «Ti ringrazio per avermi salvata prima che mi schiantassi sulla folla. C'è mancato poco»
«Oh, figurati» rispose Ed. «Non che abbia avito scelta, mi sei atterrata addosso»
Il portiere si sfregò la nuca, imbarazzato che tutti lo avessero visto tenere in braccio una ragazza. Kira, al contrario, sembrava non dar peso alla cosa. Piuttosto, controllava il suo stato per capire se ci fosse qualcosa di rotto. Le doleva un gomito e una caviglia, forse si era presa una leggera storta quando aveva colpito la barriera coi piedi. Per il resto, nulla di rilevante.
Quello messo peggio era di sicuro Mark.
Se ne stava a gambe e braccia larghe da qualche parte tra il pavimento e i sedili della prima fila. Aveva colpito almeno tre persone ed ora le sentiva lamentarsi. Non le vedeva, poiché teneva gli occhi ancora chiusi. Non osava nemmeno muoversi.
All'interno del palazzetto scese un silenzio preoccupato, inframezzato da mormorii che tessevano le sue sorti.
«Non si muove» udì dire a Lucas Milton.
«Oh mamma! E adesso come facciamo per il campionato?» fece la voce di Eddie Bright.
Grazie, Eddie, veramente, penso Mark. Piccole rughe gli incresparono la fronte.
«Respira, almeno?» chiese Ian Mellin.
«Certo che respira» disse una voce femminile fin troppo conosciuta. «Per me non è nemmeno svenuto. Guardate, ha contratto la fronte. Vuol dire che ci sente. WAH!»
Mark aprì di scatto gli occhi e il suo braccio saettò verso alto, stringendosi attorno a quello di Kira.
Lei sobbalzo spaventata, come se fosse stata afferrata dal braccio di uno zombie fuoriuscito dalla tomba.
«Sempre con quella lingua in movimento»
«Capitano, ti senti bene?». La squadra della Toho gli si fece intorno preoccupata.
«Sto bene, è solo una botta». Mark si rialzo barcollante, una mano posata sui reni. «Tu vuoi uccidermi! Di la verità!»
Kira si liberò dalla presa. «Ti brucia perché hai perso, eh Lenders?»
«Tu...» Mark si morse la lingua per non dire quello che avrebbe voluto. «Potevi dirmelo che era così pericoloso!»
«Macché pericoloso» rise Kira, sinceramente divertita.
Lei se la rideva un mondo, mentre lui aveva fatto la figura del demente zoppo. Per lo meno non era caduto al primo giro di pista, aveva resistito e questo gli evitò di divenire lo zimbello della scuola. Tutti si congratularono con lui per tutto l'impegno che aveva messo in quella sfida, benché fosse finita di nuovo in parità.
Ebbene sì. Né vinti né vincitori. I due ragazzi erano caduti entrambi fuori della pista, entrambi nello stesso momento.
Kira ingoiò la sconfitta come una pillola amara, accrescendo così l'astio nei confronti di Mark, che in qualche modo riusciva ancora a sottrarsi al debito che aveva con lei.
Il capo ultras della Toho istigò una mezza rivolta: volevano un vincitore. Quando Ed azzardo' l'ipotesi di rifare tutto da capo, Mark lo minaccio di staccargli entrambe le mani e la proposta evaporò dalle labbra del portiere sostituita da un'altra proposta. Proposta che, nonostante gli incidenti già subiti e le disgrazie future, Mark e Kira accettarono di buon grado.
Di lì a qualche giorno vi fu una nuova sfida, un'altra è un'altra ancora. Tra un allenamento e una partita, contesero in tutti gli sport possibili. La Toho School non era certo sfornita di palestre, campi e attrezzature.
Iniziarono con una partita di basket: dieci tiri a testa divennero molti di più e si continuò ad oltranza, finché tirarono giù il canestro.
Fu la volta della pallavolo, ingarbugliandosi nella rete quando entrambi schiacciarono nello stesso momento.
La piscina si tramutò in un tentato omicidio-suicidio, visto che passarono metà del tempo a chi riusciva a tenere la testa dell'altro sott'acqua più a lungo.
Il match di rugby fu annullata per rissa in campo, mentre quello di tennis per perdita di sensi. Così provarono con la ginnastica semplice, ma quando Mark diede del rinoceronte a Kira durante un esercizio e lei gli scaraventò contro l'asse di equilibrio, vennero cacciati dalla palestra.
Toccò poi al salto con gli ostacoli, alla staffetta (il testimone finì da qualche parte oltre gli alberi e nessuno lo trovò più), alla corsa campestre, perfino il pingpong, ma non ci fu proprio nulla da fare.
Sfiniti ed esasperati, sfoderarono la loro ultima arma: il baseball. Purtroppo, l'unico lancio di Kira andato a segno centrò la finestra della presidenza, segnando l'epilogo delle loro innumerevoli battaglie.***** ***** ***** ***** *****
Note:
1. Spread Eagled: un passo del pattinaggio artistico, la vedete qui sotto nella gif.***** ***** ***** ***** *****
- Angolino Autrice-
Da quanto non aggiorno? Un sacco!!! >.< Scusate ma in questo periodo sono molto stressata e preoccupata per via di tutta la storia del virus.Tirando le somme, direi chele sfide sono terminate e all'orizzonte prevedo una tregua più o meno lunga tra i nostri Mark e Kira, ma senza tralasciare qualche problema (se no dov'è il divertimento? ;) La prossima volta si vedrà finalmente un personaggio che già volevo inserire, ma al quale non sono riuscita a dedicare spazio. Chi è? Non ve lo dico :P
Tra poco ci sarà anche un piccolo salto temporale.Ringrazio tutte voi che leggete, commentate, votate e aggiungete fanfic a qualche categoria.
A presto!C.
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HARU NO TOKI- Il tempo della primavera
Fanfiction⚠️IMPORTANTE!! Il personaggio di Kira è un Oc di MIA INVENZIONE,così come tutto ciò che la riguarda, dal pattinaggio artistico alla sua famiglia. Ogni aneddoto presente in questa storia che non faccia parte dell'opera originale di Captain Tsubasa...