Capitolo 13. Invito

96 5 5
                                    


«Io non volevo dirtelo, Kira-chan, ma Milly era contenta quando tu e Lenders avete smesso di parlarvi»
L'affermazione di Jem mise Kira in agitazione. «Un momento, tu lo sapevi?! Sapevi che era contenta, che covava dei dubbi, e non mi hai detto niente?!» esclamò indignata, mentre afferrava la scatola con l'impasto per i pan-cake dall'armadietto sopra il ripiano della cucina. Jem stava tirando fuori dal cappello verità di cui era rimasta all'oscuro per un anno intero! Non si mise le mani nei capelli perché le aveva sporche, altrimenti se li sarebbe strappati dalla disperazione mentre la mente ricostruiva ad una velocità pazzesca pensieri e fatti passati e presenti.
«Non era mia intenzione tenertelo nascosto per tutto questo tempo» proseguì Jem dall'altro capo del telefono, «ma Milly mi fece promettere di non ditelo e, proprio quando decisi di farlo, voi due avevate già risolto le cose ed eravamo di nuovo tutte amiche. Lì per lì non mi sembrò più necessario dirti nulla»
Kira grugnì il suo dissenso, terminando di versare il composto nella terrina insieme a latte, burro e uova.
Jem sospirò, cercando di restare neutrale. «È stato solo un attimo di rabbia. Sono sicura che oggi ti abbia detto quelle cose solo perché era nervosa, perché vi ha visti insieme. Devi comprenderla: ha continuo bisogno di essere rassicurata»
«Lo so, lo so...ci sto provando a capirla ma...»
«Non sei riuscita a parlarle nemmeno oggi, dopo gli allenamenti?» proseguì Jem.
«Macché!» esclamò Kira, posando la scatola dell'impasto. «Hai visto anche tu come scappa via in tutta fretta e si rinchiude nelle docce finché non me ne sono andata. Mi evita, è chiaro come il sole». Incastrò il cordless tra l'orecchio e la spalla sinistra, afferrando un cucchiaio di legno dal cassetto delle posate. Dove diavolo aveva messo lo sbattitore elettrico? «Cos'altro c'è che non so?»
«Uhm, beh...Milly pensava fosse un po' colpa tua se Lenders l'ha respinta...solo un po'!»
«Questo lo sospettavo». Kira mischiò con più energia, e un po' del preparato si sparse fuori dalla terrina sopra il ripiano immacolato. «Quella ragazza non ragiona bene. Pensavo avessimo superato questa fase»
Doveva assolutamente prendere in mano la situazione, come aveva già fatto tempo addietro quando, ormai un anno prima, aveva rassicurato Milly che non le piacevano gli scimmioni, e che di ragazzi, oltre Mark Lenders, ce n'erano a bizzeffe.
«Non piangere per un tipo simile, Micchan. Non ti merita. Guardati attorno e stagli alla larga, a meno che tu non voglia avere le pulci...»
Milly aveva persino riso, ma dietro quel sorriso a Kira parso così sincero, era stato covato del risentimento. Anche se poteva comprenderlo non riusciva ad accettarlo. Certo, a Milly poi era passata, quindi avrebbe dovuto perdonarla a sua volta. Eppure, poche ore prima sulle scale sembrava tutt'altro che pentita... sembrava volesse veramente impedirle di vedere Mark.
«Sai, ci ho riflettuto spesso...» riprese Jem in tono pensoso.
«A cosa?»
«Non è che, in fondo, Micchan un po' ci ha preso?»
Kira non capì. «Preso che?»
«Beh, che non sia poi lontana dalla verità»
«In sintesi?»
«Che un po' Lenders ti piace davvero»
Kira si immobilizzò. Un grumo di impasto le colò dal cucchiaio dritto sulle ciabatte, ma non se ne accorse nemmeno tanto era il suo stupore. «Non parli sul serio...»
«Guarda che non ci sarebbe niente di male, anche se non salterei di gioia...»
«Ho capito, ma è no
«Mah... se posso dire la mia, la vostra è una strana amicizia» borbottò Jem per nulla convinta.
«Perché?»
«Prova a darmi torto: non avete mai smesso un giorno di bisticciare da quando vi siete conosciuti; lui ti affibbia nomignoli scortesissimi, tu dici che è maleducato e arrogante... sembra tutto fuorché un'amicizia. Se non lo sapessi, direi che vi detestate come all'inizio»
Kira rifletté, immaginando Jem elencare quelle cose sulle dita della mano. «Forse hai ragione, ma l'amicizia ha varie forme» Che frase profonda... «Comunque sia, mi serve il tuo aiuto J-chan: dobbiamo convincere Micchan che si sbaglia, una volta per tutte!»
«Farò tutto il possibile...»
Kira riattaccò poco dopo e terminò di preparare i pan-cake, apparecchiando la tavola solo per lei: Risa rientrava tardi e, come quasi tutte le sere, la ragazza mangiava da sola davanti alla tv. Avrebbe invitato nonna, necessitava dei suoi consigli, ma Kaori era già ospite dalla sua amica di Saitama – ovvero la nonna di Gary. Mise i piatti in lavastoviglie e lasciò in caldo la cena per la mamma insieme alla porzione più grande di pan-cake: l'avrebbe fatta felice, mamma adorava i dolci americani. Infine si trascinò di sopra a finire i compiti, si lavò, mise i panni sporchi nella cesta e tirò fuori la divisa di ricambio; tolse le lenti colorate, controllò le condizioni del taglio sul mento e, quando udì la pota di casa aprirsi, si era già infilata sotto le coperte.
Rimase sveglia ad ascoltare sua madre muoversi per casa e a pensare alle parole di Jem...
Cosa c'era di strano se un ragazzo e una ragazza erano amici? Perché era sicura fosse quello il problema, la parte più sconcertante e strana agli occhi degli altri. Jem per prima rientrava in quella fetta di persone assolutamente convinte che tra maschi e femmine non può esserci altro che amore. Luoghi comuni, pensava Kira.
Tutte le sue compagne del pattinaggio consideravano i ragazzi una sorta di entità equidistante, quasi aliena, unicamente un oggetto di interesse amoroso. Era quasi come se non fossero persone, ma appunto maschi. Una specie a parte.
Che assurdità!
Probabilmente c'erano ragazzi che pensavano la stessa cosa sulle femmine, ma per quanto riguardava lei, gli uomini rappresentavano il semplice equivalente delle donne, con tutte le differenze poste da Madre Natura.
Certo, alla loro età era normale iniziare a guardare all'altro sesso con occhi più consapevoli di queste differenze. Kira le vedeva bene in Mark: a quattordici anni possedeva un bel paio di muscoli ed era tanto alto e grande rispetto a lei, nonostante fosse la più alta tra le ragazze del club e della classe. Ma a parte l'altezza, Kira non poteva dire di essere totalmente sbocciata: aveva iniziato a portare il reggiseno solo lo scorso inverno e le sue gambe erano ancora troppo magre...
Corrugò la fronte ad occhi chiusi nel ripensare alle tristissime battute di Mark sulle sue forme. Come se lui potesse avere un metro di misura per catalogare la grandezza del suo seno!
Il suo cuore sussultò. Spavento e imbarazzo le fecero riaprire gli occhi mentre si alzava di scatto a sedere.
Non doveva preoccuparsi se lui faceva certe osservazioni, vero? Insomma, Mark scherzava, la prendeva in giro come sempre, anche su quello. Era questo. Però...se lo aveva notato significava che l'aveva guardata... Sì, ma sempre per scherzare. Non c'era stata della malizia nelle parole di Mark, e comunque era successo solo un paio di volte: la prima involontaria, e la seconda volta a farla arrabbiare.
Prese un respiro e si rimise sdraiata.
No, non c'era di che preoccuparsi. Lui aveva solo il calcio nella testa: nel centro un pallone e i suoi compagni che giravano in tondo come indiani attorno a un falò.
Sorrise. Già, lui non la guardava in quel senso, figurarsi! Dopotutto, era solo Mark.

HARU NO TOKI- Il tempo della primaveraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora