Capitolo 2. Di una ragazza e il suo sogno

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L'arrivo nella nuova scuola era stato molto meno traumatico di quanto Kira Brighton avesse pensato. Non aveva mai amato particolarmente andarci, ma non era tanto lo studio a disturbarla, quanto la difficoltà a relazionarsi con i suoi coetanei.
In una società dove uscire dagli schemi significava minare l'armonia della comunità, Kira era sempre stata considerata un po' troppo diversa, e per questo suscitava il disagio altrui.
I problemi erano iniziati sin dall'asilo, aumentando mano a mano fino agli ultimi due anni di scuola primaria. La quinta e la sesta elementare (1) avevano suscitato in lei un'avversione tale da portarla quasi a desiderare di continuare gli studi a casa. Se fosse vissuta negli Stati Uniti avrebbe potuto facilmente ottenere il consenso dei suoi genitori – sapeva che era una pratica piuttosto in voga laggiù - ma Kira era giapponese, e sua madre non avrebbe mai speso soldi per un insegnante privato quando poteva benissimo andare a scuola con le sue gambe. La mamma avrebbe detto che era solo un capriccio e lei una sciocca.
Malgrado tutto, Kira non lo avrebbe fatto davvero. Quest'idea era stata, appunto, solo un'idea. Per contro, la mamma non poteva capire il disagio creatosi con i compagni, perché la mamma sembrava una giapponese a tutti gli effetti. Lei no.
Kira aveva sempre pensato che i suoi tratti fossero strani. Il suo viso non presentava linee dolci e tonde, era un po' troppo allungato per essere davvero bello e le gambe avevano qualche centimetro in eccesso. La ragazza giapponese perfetta era piccolina, fine, una bambolina. Lei si guardava e desiderava non essere sempre la più alta della classe; voleva una carnagione lattea come la mamma, il viso dalle guance morbide e tonde come quelle di una ragazzina dolce e carina, con tutte le caratteristiche del caso. Nel suo paese, per essere graziosa e giusta, non era previsto essere brave nello sport quanto e più dei maschi o parlare troppo senza curarsi dell'opinione altrui, come le veniva immancabilmente ricordato dagli insegnanti.
Forse, ora che era una signorina e si apprestava a iniziare la scuola media, avrebbe dovuto correggere i suoi atteggiamenti, diventare più silenziosa e posata. Ma a cosa sarebbe servito? Cambiare dentro non l'avrebbe fatta cambiare anche fuori.
Oltre ai tratti particolari del suo viso, la cosa che saltava subito all'occhio e sembrava creare disturbo agli altri, erano i suoi capelli: castani invece di neri come quelli di mamma, o come quelli delle compagne che la prendevano in giro chiamandola gaijin. Straniera. (2)
Spesso le era stato chiesto se li tingeva. La risposta era ovvia: certo che no!, anche perché non era permesso dal regolamento scolastico. La direttrice della scuola elementare l'aveva tartassata a riguardo. Non venendone a capo aveva chiamato sua madre, per provare che la bambina dicesse la verità nell'affermare che erano sempre stati così.
Ma il vero problema di Kira erano gli occhi...
Lei sognava occhi scuri e profondi invece del colore glaciale che la natura le aveva donato: occhi azzurri chiari, leggermente allungati ma non a mandorla. Ed essi, unitamente al resto, la faceva somigliare davvero a una gaijin.
Ma che colpa aveva lei se qualche lontano avo doveva aver pensato di intercorrere una relazione con qualche bella forestiera? Una volta aveva persino preso in considerazione di telefonare a tutti i suoi parenti per ricreare l'albero genealogico della famiglia, così da venirne a capo. Ma no, troppo caos, troppo lungo e noioso, e poi i parenti di mamma nemmeno vivevano a Tokyo, eccetto la nonna.
Kira si era sempre piaciuta molto da piccola, pensava alle sue diversità come a qualcosa di bello e unico. Ultimamente, però, diventava sempre più difficile accettarsi e farsi accettare.
Io non voglio essere diversa, si diceva. Eppure certe volte voleva. Rifletteva di continuo su quella contraddizione e ne era combattuta.
D'altro canto, il suo aspetto diventava un problema solo quando aveva a che fare con gente troppo stupida per capire l'impossibilità di scegliere come nascere, perché il DNA fa quello che vuole.
La verità era che non aveva preso nulla dalla mamma, lei somigliava a suo padre. Anche lui aveva i capelli castani, seppur di una tonalità molto più scura dei suoi. E Kira somigliava a papà anche per carattere e caparbietà, come non mancava mai di ricordarle la mamma nei momenti in cui aveva qualcosa da rimproverarle.
I suoi genitori erano l'uno l'opposto dell'altra. Spesse volte si era chiesta come una persona 'forte' come papà avesse potuto sposare una cinica dittatrice come sua madre.
Kira amava in egual misura i suoi genitori, ma con la mamma aveva da tempo un rapporto conflittuale. Il motivo andava a ricongiungersi alla passione sfrenata che la ragazzina nutriva per il pattinaggio artistico, altamente contestato dalla genitrice.
Risa Brighton era la classica donna - e madre - amante delle regole e dell'impeccabilità. Desiderava essere una moglie perfetta, avere uno coniuge perfetto, una casa sempre in ordine, e una figlia obbediente che seguisse le orme dei genitori, laureandosi e trovando un lavoro sicuro per divenire un'adulta seria e responsabile.
Kei Brighton non era spesso a casa per via del suo lavoro presso un giacimento petrolifero in medio oriente, con il quale era impegnato molti mesi all'anno. Risa gestiva un salone di bellezza per una catena di cosmetici e anche lei, quanto a impegni, non scherzava. Kira si ritrovava spesso sola a casa. Quand'era piccola c'era stata la nonna ad occuparsi di lei; ora che iniziava a crescere riusciva a gestirsi anche da sola, cucinandosi i pasti e facendo qualche lavoretto domestico.
Kira ammirava suo padre e adorava i suoi racconti sui paesi esotici che visitava, ma non voleva finire a lavorare all'estero come ingegnere, né aspirava a diventare abile nell'indovinare i colori giusti di fondotinta e ombretti per tutti i tipi di pelle.
Lei voleva diventare una campionessa di pattinaggio artistico.
Era stato così dall'età di cinque anni. Aveva iniziato a quattro con la danza classica su volere della madre, mentre suo padre le regalava un paio di pattini a rotelle definendoli più adatti a lei. Successivamente era passata alle lame da ghiaccio.
Dal primo momento in cui aveva messo piede su una pista di pattinaggio, assaporando la sensazione di scivolare su quella superficie liscia e fredda, non aveva più voluto smettere. Quello sport le era entrato dentro ed era la cosa che più la rendeva felice.
Li per lì, la signora Brighton aveva lasciato che la figlia si iscrivesse a un corso di pattinaggio, credendo fosse una passione momentanea. I bambini si stancano in fretta, aveva pensato. Ma si era sbagliata, e di grosso, anche.
Per sua madre lo sport e i club scolastici erano una perdita di tempo. Invece, Kira si era appassionata e impegnata così tanto che all'età di nove anni aveva sostenuto la sua prima gara nelle regionali giovanili. Nessun risultato eclatante, tuttavia ne era stata così entusiasta da voler tentare ancora.
Sfortunatamente, il corso di pattinaggio non le dava ulteriori possibilità di avanzare come avrebbe voluto. Frequentarlo una volta o due a settimana non era abbastanza, non avrebbe mai progredito a livello agonistico seguitando ad allenarsi in quel modo. Ciò di cui necessitava era un percorso che l'avrebbe portata a migliorare sempre più, aprendole le porte delle competizioni più importanti.
Per questa ragione, tra tutte le scuole medie a cui avrebbe potuto iscriversi, Kira ne aveva scelta una che le permettesse di continuare a praticare quella disciplina sportiva a livelli più alti.
Quella scuola era la Toho.
Tra i suoi club sportivi - che spiccavano per importanza e grado quasi professionistico, tanto da permettersi di iscrivere gli studenti ai vari campionati nazionali - ve n'era uno di pattinaggio artistico di tutto rispetto.
Senza dir nulla a nessuno, Kira aveva studiato come una forsennata per sostenere l'esame di ammissione alla Toho, con un ottimo risultato di quasi cento su cento.
Laddove ci si metteva...
«Quando pensavi di dirci che hai tentato l'esame d'ammissione per una scuola del genere?»
I suoi genitori si erano arrabbiati nel momento in cui si era presentata davanti a loro con la lettera di iscrizione. Scavalcandoli, Kira sapeva di aver fatto male, non avendo tenuto conto dei loro consigli e del loro volere. Ma si era preparata a quell'eventualità, oltre che alle rimostranze di mamma.
«Perché vuoi frequentare questo istituto? Sono rimasta piacevolmente stupita del risultato del tuo esame, questo non lo nego» aveva detto Risa Brighton. «Non sei mai stata una gran studiosa, Kira, e saprai certamente che la Toho è un istituto di altissimo livello»
«Con questo non stiamo insinuando che non sarai in grado di star dietro al loro programma di studi» aveva subito aggiunto il signor Brighton, «anzi, siamo molto contenti che tu abbia deciso di impegnarti così tanto; è una delle scuole migliori della città»
«È vero, la Toho School è ottima. Però, dicci la verità» aveva ripreso Risa. «Perché ci vuoi andare?»
Kira aveva stretto i pungi sotto il tavolo al quale stavano cenando. «Perché mi piace quella scuola ed è anche vicina a casa» aveva risposto, ma senza guardarli negli occhi. Al che sua madre aveva intuito che mentiva.
«Kira...»
«Scusa mamma, scusa davvero. Ma se ti avessi detto il vero motivo per cui voglio andare alla Toho non mi ci avresti mandata».
Risa rimase attenta su quel 'ti avessi detto'. Ti...vale a dire tu. A te, ovvero non a papà.
Kei Brighton aveva smesso di mangiare e aveva guardato sua figlia con un sorriso. L'arrabbiatura era sparita.
«Rispondi alla mamma, Kira. Perché vuoi andare in quella scuola?»
«Voi volete che io studi e che mi laurei, ma una scuola vale l'altra, purché lo faccia, no? Così ho pensato che avrei potuto farlo in una buona scuola vicino a casa invece che andare in qualche istituto fuori città»
«E poi...?»
«E...e poi...» Kira aveva riabbassato lo sguardo sulle proprie mani, per poi rialzarlo risoluta. «E poi l'ho scelta perché la Toho ha un team di pattinaggio artistico!»
Kira aveva sostenuto le sue ragioni con forza, sotto il sorriso di papà e lo sguardo severo di mamma.
«Per me va bene, però avresti dovuto dircelo» aveva detto Kei Brighton dopo un attimo.
«Mi sembra una decisione alquanto avventata, nonché un po' sciocca, dare l'esame per una scuola soltanto perché vuoi far parte di un team sportivo» aveva invece ribattuto sua moglie.
Kira era balzata dalla sedia. «Una studentessa della Toho ha vinto la medaglia d'argento ai campionati nazionali di pattinaggio su ghiaccio, mamma! Una ragazza poco più grande di me! Inoltre, se farò parte del club della scuola non dovrete più accompagnarmi al palazzetto tutte le settimane»
«Lascerai il vecchio team? Non mi sembra un atteggiamento onesto»
«Ho già parlato con l'allenatrice. Era dispiaciuta ma le ho spiegato le mie ragioni e quando ho nominato la Toho si è congratulata della scelta. Dice che da lì sono usciti molti atleti famosi»
«Questo è vero» aveva detto Kei alla moglie. «La Toho è una delle scuole sportive più rinomate delle cinque isole»
La signora Brighton aveva arricciato le labbra in una smorfia di disapprovazione.
«Risa, perché vuoi che nostra figlia rinunci allo sport? È ottimo per i ragazzi della sua età, aiuta a stringere nuove amicizie»
«Non ho affatto detto di volere che rinunci allo sport. Sto solo pensando che lo sport debba venire in secondo piano. Ciò su cui devi concentrarti, Kira, è lo studio, non un hobby»
«Pattinare non è un hobby per me!» aveva ribattuto Kira con enfasi. «Io voglio diventare una campionessa!»
«Non hai ancora tredici anni, non puoi ancora sapere cosa farai nella vita. Inoltre, penso che un istituto con un programma di studio così impegnativo non sia conciliabile con lo sport»
«Una cosa non esclude l'altra. Tantissimi ragazzi studiano sodo e praticano allo stesso tempo qualche sport»
«Sì, però tu sai che non potrai concentrarti solo ed esclusivamente sul pattinaggio»
«Certo, lo so. Te l'ho detto, l'ho fatto anche per far felice te. Studierò, avrò i voti che ti aspetti io abbia, non ti deluderò. La Toho include anche corsi universitari, per cui inizierò le medie e potrò conseguire tranquillamente il diploma e anche la laurea, se è davvero questo che vuoi. Ma tu cerca di capire quello che voglio io, mamma, ti prego».
Kira sapeva che mamma parlava con le migliori intenzioni, ma avevano due concezioni troppo diverse su quale fosse questo meglio. Papà era diverso, papà l'appoggiava e non la rimproverava troppo.
Al termine della cena, la signora Brighton aveva riletto la lettera d'ammissione della Toho School per l'ennesima volta. Non poteva credere davvero che la sua bambina avesse preso una decisione così importante senza consultarla, solo per inseguire un obiettivo incerto. Purtroppo, Kira aveva ragione: se le avesse avanzato una richiesta simile, lei non avrebbe approvato.
«Voglio che tu rifletta sulla scelta che hai fatto».
Ma ormai, Risa non poteva più aver voce in capitolo. A esame sostenuto, Kira non poteva tirarsi indietro.
L'argomento Toho non era più stato toccato per tutto il corso delle vacanze primaverili. Marzo era passato e i ciliegi avevano trasformato i loro boccioli rosa in magnifici fiori. Quello era il periodo dell'anno che Kira amava di più.
Infine, giunse il giorno del debutto alla scuola media...

HARU NO TOKI- Il tempo della primaveraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora