Beatrice
Quando usciamo dalla Chiesa di Santa Maria della Vittoria*, mi allontano quanto basta dal mio gruppo classe per poter telefonare mia madre e dirle che le ho già preso un piccolo souvenir.
E proprio mentre compongo il numero, stringo tra le mani il sacchetto contenente la statuetta in miniatura del Bambino Gesù*. Sono più che certa che a mia madre piaccia. Lei è un po' in fissa per tutto ciò che concerne la religione, quindi appena l'ho vista, ho subito pensato di prendergliela.
Poco distante da me, sulle scale che precedono l'entrata alla Chiesa, ci sono i miei amici e i miei professori; stanno discutendo insieme alla nostra guida per decidere quale sarà la prossima tappa. Dovrebbero avere ben chiare le idee, invece di perdere tempo in questo modo, ma almeno lasciano a noi ragazzi qualche minuto di totale autonomia.
Mia madre risponde dopo qualche squillo, e ho come l'impressione che sia preoccupata.
«Bea, cosa è successo?» mi chiede infatti allarmata.
Ci siamo messe d'accordo sul fatto che l'avrei chiamata una sola volta al giorno e di mattina, prima di scendere a fare colazione in albergo. Giusto per farle sapere come vanno le cose. Forse quindi, teme il peggio perché questa è la seconda volta che la telefono in un giorno, e lei è un tantino vittima dell'ansia.
«Non è successo niente, mamma.» Le rispondo alzando gli occhi al cielo. «Ti ho preso un pensierino e volevo fartelo sapere.»
Mia madre, molto più rilassata, cambia totalmente tono di voce; mi pare di vederla sorridere quando mi chiede: «Ah, davvero? E come me lo fai recapitare?»
Io non ci credo. Mia madre andrebbe d'accordo con Faina per le cose stupide che dice.
«Ovviamente te lo porto io.»
«Torni qui solo per portarmi il regalo?»
«Mamma, ma sei ubriaca?» chiedo sconvolta «Te lo porto quando torno! Sai, tra qualche giorno sarò di nuovo a casa, non resto qui per sempre.» Purtroppo, aggiungo mentalmente. Qui a Praga ho trovato una serenità che credevo di aver perso del tutto; vorrei non dover mai più far ritorno a Roma.
Proprio mentre penso a questo particolare, mi volto verso i miei amici per verificare che siano ancora nello stesso posto e che non mi abbiano lasciata indietro. Nell'esatto momento in cui lo faccio, i miei occhi incontrano quelli di Umberto, che mi sta già guardando da lontano mentre aspira dalla sua sigaretta.
Realizzare il fatto che lui mi stesse praticamente osservando, fa in modo che le mie gote si infiammino per l'imbarazzo.
Lui poi distoglie i suoi occhi solo per un momento, giusto il tempo di alzare la testa e buttare fuori il fumo appena aspirato. Dopodiché, riporta lo sguardo su di me e sorride in un modo quasi impercettibile, ma che io riesco a notare.
Da quando ieri abbiamo parlato, praticamente non abbiamo fatto altro che cercare lo sguardo dell'altro. E poi sorriderci, non abbiamo fatto altro anche che sorriderci.
Mi sembra una situazione un po' surreale, in un certo senso; insomma, se dovessi guardare alla me di qualche mese fa, sicuramente lei non avrebbe cercato lo sguardo di Loffredi, e ancora più certamente non gli avrebbe mai sorriso in maniera spontanea. Però la me di oggi lo fa, anche se non dovrebbe. E lo fa perché non ne può fare a meno.
Mentre le mie labbra si curvano a loro volta per ricambiare il sorriso, e le mie mani iniziano a torturare il sacchetto contenente il souvenir per mia madre, il pensiero di Andrea compare prepotente nella mia mente e mi riporta alla realtà, costringendomi a distogliere lo sguardo da Umberto. Non credo che il mio ragazzo approverebbe questo scambio d'occhiate tra me e il suo migliore amico. Cosa gli sto facendo?
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Il Momento Più Bello
أدب المراهقينBeatrice è una ragazza acqua e sapone che frequenta l'ultimo anno del liceo linguistico. Da ragazza semplice e romantica quale è, sogna una storia d'amore come quella dei film e crede di aver trovato la sua anima gemella in Andrea: il ragazzo perfet...