2.In Segreteria

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Beatrice

Busso alla porta della segreteria sperando che qualcuno mi risponda, ma quando dall'altra parte non sento nient'altro che non sia il silenzio decido di voltarmi verso il ragazzo con il naso dolorante alle mie spalle.

«Non c'è nessuno.» Gli dico fingendomi dispiaciuta «Dovrai farti passare il dolore da solo.»

Detto questo faccio per andarmene quando lui mi afferra prepotentemente per un polso.  

«Sei impazzito?» gli chiedo riferendomi alla forte presa con la quale continua a tenermi.

«Mi fa troppo male, ho bisogno del ghiaccio.» Mi fa con un tono di voce fermo e che non ammette repliche. «Quindi ora noi entriamo comunque e facciamo tutto da soli.» 

Finalmente lascia il mio polso e io immediatamente lo massaggio con l'altra mano per trovare un po' di sollievo.

«Non infrangerò le regole con te quando puoi benissimo entrare e trovare del ghiaccio da solo!» il mio vuole essere un rimprovero, ma non credo che in lui abbia scaturito la reazione giusta.

Infatti, senza scomporsi minimamente mi dice: «Sono una tua responsabilità. Il professore mi ha affidato a te. Non vorrai mica che mi succeda qualcosa che faccia finire nei guai anche te...?»

Non posso credere al fatto che mi stia palesemente minacciando pur di non entrare da solo in segreteria. Ma non è un tipo affidabile e preferisco fare come dice piuttosto che continuare con quella discussione. Non che abbia paura di lui, ma prima lo accontento e prima dovrò non averci a che fare mai più!

Così senza proferire parola mi avvicino di nuovo alla porta della segreteria e abbasso la maniglia per potervi entrare. 

«C'è nessuno?» chiedo ancora una volta per sicurezza, nel caso qualcuno prima non avesse sentito bussare. Ma anche stavolta non ricevo risposta, così apro del tutto la porta e poi rivolta al troglodita ancora dietro di me, faccio: «Entra e cerchiamo di sbrigarci!»

Lui fa come detto - fortunatamente - e si siede sulla prima sedia che trova a disposizione - forse l'unica vuota e senza nessun tipo di foglio poggiato un po' alla rinfusa. 

Io mi guardo intorno - questo posto sembra un disastro d'archivio e non una semplice segreteria scolastica - e poi riguardo lui, che nel frattempo continua a tenersi il naso con la mano. 

«Forse dovrei trovare il bidello Gino, che dici?» gli chiedo ancora convinta nel non voler mettere mano lì dentro senza una supervisione.  

«E' venerdì e siamo all'ultima ora. Pretendi davvero che ci sia ancora qualcuno in questo edificio a parte noi che facciamo lezione?» mi chiede retoricamente «Qui tutti fanno i loro comodi. Se fosse per i professori, anche loro andrebbero via prima, il venerdì.» Aggiunge poi e non ha tutti i torti; la nostra scuola è famosa per avere dipendenti poco diligenti. 

«Se guardi in quel piccolo freezer sicuramente trovi qualche cubetto di ghiaccio.» Mi dice ancora dopo qualche attimo di silenzio e indicando un piccolo mobiletto poco distante. «Ti sarei grato se ti sbrigassi, perché il dolore comincia ad accentuarsi e a diventare insopportabile.»

Lui! È davvero insopportabile, ma io - spinta dal mio senso di colpa e dal mio improvviso spirito da crocerossina - faccio come mi dice e apro il piccolo freezer che si trova di fianco a una libreria piena zeppa di documenti. Probabilmente c'è scritta l'intera vita scolastica di noi studenti, su quei fogli. 

«Come hai detto che ti chiami?» mi chiede d'improvviso lui, come se gli avessi detto il mio nome poco prima. E come se non stessimo della stessa classe da cinque anni. Insomma, dovrebbe ricordarsi almeno come mi chiamo!

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