𝟔. 𝐂𝐄𝐍𝐄 𝐄... 𝐈𝐌𝐏𝐑𝐄𝐕𝐈𝐒𝐓𝐈

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AMBER

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AMBER


Se c'era qualcosa che non volevo, quella sera, era rimanere da sola a casa con il silenzio delle stanze vuote a farmi compagnia. Per cui avevo accettato l'invito dei miei non appena avevano scoperto che non sarei uscita.

Papà parcheggiò l'auto nel grande spiazzo antistante il ristorante.
Era da prassi, per i miei, cenare fuori il sabato sera. Quando ero più piccola non dovevano neanche chiedermelo, ma crescendo avevo perso quell'abitudine.

«Non è bello esserci tutti?» commentò mia madre con il suo solito entusiasmo, mentre chiudeva la portiera e si specchiava nel riflesso del finestrino per vedere se lo chignon era ancora perfetto come quando era uscita di casa. Poi si lisciò il tubino di seta color avorio, che le scivolava addosso con una naturalezza che solo lei poteva sfoggiare, avvolgendola in un'aura di classe innata, e aspettò papà che le porse il braccio.

Li seguii qualche passo più indietro, fin quando non varcai la porta del ristorante che si aprì con un leggero fruscio.

All'ingresso, ci accolse un uomo elegante, impeccabile nella sua divisa scura. «Signor Price, signora Price» disse con un sorriso, inclinando appena il capo dietro il bancone in mogano. «È sempre un piacere rivedervi. Vi accompagno al vostro tavolo.»

Attraversammo la sala, oltrepassando tavoli elegantemente apparecchiati con tovaglie bianche, e il rumore dei miei tacchi, che si ritrovarono a battere su un parquet così lucido che sembrava non essere mai stato calpestato, si mescolò al suono discreto delle posate che sfioravano i piatti e al mormorio sommesso delle conversazioni che riempivano l'ambiente.

«Gradite qualcosa da bere?»

«Il solito, grazie» rispose mio padre con un sorriso leggero, poi mi guardò. «Allora, cosa ne pensi del posto? Ti piace?»

«Molto» risposi guardandomi intorno.

La sala era ampia, e i soffitti adornati da lampadari in cristallo diffondevano una luce calda e soffusa. Le pareti erano rivestite con pannelli di legno pregiato e intarsi in marmo, e presentavano grandi finestre incorniciate da tende di velluto color avorio, che lasciavano intravedere la notte al di fuori, punteggiata dalle luci della città oltre l'East River. Mentre un pianoforte a coda, nell'angolo, riempiva l'aria con una melodia soffusa, accompagnando la serata senza mai sovrastare le conversazioni.

𝐈𝐍𝐕𝐎𝐋𝐎𝐍𝐓𝐀𝐑𝐈𝐎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora