La quinta via

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Porterai nel tuo campo
una di due lame:
la spada affilata,
il vomere sottile.

– Stagioni

Il vento di primavera, con lunghi sospiri, smuoveva le tende di seta. Delicate, esse si andavano a scontrare con gli infissi, come le onde che s'infrangono a riva. Nella piccola stanza adornata di porpora, risuonava il fiato di un giovane, fuggendo dalla gabbia del petto. Le statuette degli Antichi, col loro sorriso di legno profumato, vegliavano sulla sua schiena ampia e spoglia dell'armatura, lanciavano benevoli sguardi alle sue spalle forti.

Zhong Liu trasse il decimo respiro, prima che il ciclo ricominciasse nuovamente dal primo, e a occhi chiusi percepì la terra sotto di sé, il tetto sopra sé e l'ardente animo dentro di sé. Mossa da volontà che poteva dirsi celeste, la sua mano strinse l'elsa della spada che teneva in grembo.

Altri dieci numeri, altri dieci respiri, e riaprì gli occhi.

La luce abbacinante che lo colpì, pungente quanto una freccia nemica, lo costrinse a serrare di nuovo le palpebre e a corrugare la fronte. Zhong Liu la lisciò con la pressione di due dita, dopo averle intinte nel pigmento rosso di guerra. Fece pressione a terra con i palmi e si alzò, spingendo dal ventre la voce in una nota bassa e vibrante.

Si vestì da solo, quel giorno, della corazza a piastre. Nessuno gli allacciò i nastri di cuoio sulla schiena, nessuno gli assicurò l'arma alla vita.

Solo sua madre, levando voci di lutto, lo scortò fuori dalla casa, sino al cavallo. La sua mano, resa emaciata dalle lunghe ore nell'acqua della risaia, stringeva il braccio del figlio con forza invidiabile da una giovane.

Oltre al vecchio muro di mattoni, un piccolo drappello di curiosi li osservava, e qualcuno scuoteva la testa. Il generale lo salutò con un cenno del capo, per poi voltarsi con rispetto verso sua madre. C'era della nebbia, fra le montagne all'orizzonte. Zhong Liu calciò i fianchi del suo cavallo; con uno sbuffo obbediente, esso si mise al passo, e nessuno dei due poté più guardarsi indietro. I raggi del sole che saliva fra i giunchi presto avrebbero spazzato via le basse nubi, ultime vestigia dell'inverno.

命令 – Comando

Era Tian Lan un guerriero del nemico stato di Han, le cui gesta si perdevano nella leggenda. Aveva reso onore al suo esercito con vigore nel braccio destro e con manovre di acuto e ineguagliato ingegno. La sua voce potente ancora riecheggiava nei campi di battaglia che l'avevano visto cavalcare, e si diceva che, dove calpestavano i suoi zoccoli, sbocciassero le bianche peonie.

Il solo pensare alla sua grandezza faceva vibrare le corde del cuore di Zhong Liu: fremeva d'orgoglio al solo pensiero di poter invitare a duello un nemico tanto onorevole. La sua lama grezza si sarebbe scontrata con quella di Tian Lan, forse ancora macchiata del sangue nero di un demone. Una delle due, poi, avrebbe prevalso sull'altra, e l'animo del vincitore, nel vibrare la stoccata fatale, avrebbe raggiunto l'armonia dei figli dei cielo. Zhong Liu si sarebbe accontentato anche di fissare gli occhi bruni nella morte, se il ferro che gli avesse trapassato il cuore fosse stato quello del nobile Tian Lan. Sin da quando era piccolo, i racconti di suo padre gli avevano accarezzato le orecchie cantando la sua gloria; per ventitré anni interi aveva sognato di trovarsi al suo cospetto.

Quel giorno, cavalcò almeno cento li al trotto, diretto al suo duello letale.

Quando il buio calò e la stella del Corno cominciò a levarsi in cielo, Zhong Liu decise, con animo saggio, di bussare alla porta di una capanna per chiedere ospitalità: un letto per sé e della biada per la sua bestia fedele.

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