Capitolo 4.

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YURI

Salutai Yurio con un cenno della testa, senza fermarmi, e lui ebbe il tatto di non commentare.

Chiuso in ascensore osservai il mio riflesso nello specchio: avevo i capelli spettinati per la foga con cui mi ci ero passato le dita da quando Victor aveva lasciato lo studio, le labbra martoriate dall'ansia e gli occhi luccicanti.

Ero al settimo cielo perché finalmente avevo avuto una conversazione, anche se un po' strana, con il mio idolo, ma allo stesso tempo mi sentivo come le prime settimane di università: fuori posto, inadeguato, senza speranza.

Avevo lasciato il foglio dove avrei dovuto scrivere ciò che avevo fatto con Victor quel giorno completamente in bianco, proprio come mi era capitato di fare tanti anni prima, al liceo, quando un compito di fisica mi aveva portato al limite estremo e i miei neuroni erano collassati poco dopo il primo esercizio.

"Ma cosa dovrei mai scriverci? Ci siamo presentati, e poi?...Ha passato ogni singolo secondo a flirtare con me!"

Perché, effettivamente, ci aveva spudoratamente provato con me per tutta la durata della seduta.

Mio padre era solito dirmi che in queste cose non ne azzeccavo una, scambiavo l'affetto che una ragazza dimostrava nei miei confronti per pura amicizia. Insomma non ci sapevo fare.

Ma non ero più un ragazzino, e quell'uomo era riuscito, toccandomi solo una volta, a riempirmi di brividi dalla punta dei piedi ai capelli.

Ero riuscito a rimanere più o meno indifferente, ma sapevo che se la cosa fosse andata avanti per molto, ad un certo punto sarei scappato a gambe levate.

O almeno, non potevo negare di essere attratto da Victor, ma per ora preferivo pensare che fosse tutta una questione di ammirazione: finalmente lo avevo conosciuto, ci avrei passato ogni giorno un po' di tempo insieme, quindi era normale che mi sentissi...eccitato.

Lo scatto delle porte dell'ascensore mi fece sussultare, immerso com'ero nei miei pensieri.

Raggiunsi la macchina il più velocemente possibile, evitando gli occhi di tutti quelli che incontravo, e la misi in moto.

Lungo il tragitto verso casa, mi ritrovai di nuovo a pensare alla situazione.

Le sfumature della vicenda stavano cominciando a delinearsi nella mia mente: il dottor. Nishigori, famoso nel nostro campo per risultati ottenuti e grande spirito di osservazione, viene chiamato in Russia appositamente per visitare, e possibilmente guarire, il pattinatore Victor Nikiforov. Dopo una sola seduta, il primario torna di corsa in patria e passa la patata bollente ad una matricola nel settore come lo ero io.

Già all'inizio questa dinamica non mi aveva convinto più di tanto.

Ma la felicità per essermi guadagnato il mio primo paziente e poi l'euforia che era seguita alla scoperta di chi egli fosse, avevano allontanato la questione per quelle che erano state sì e no 7 ore: poi Victor, con il suo sguardo glaciale e quel sorrisino malizioso, era piombato nel mio studio.

"Victor, inspiegabilmente e contro ogni mia più rosea aspettativa, si è interessato a me. Il problema è che il suo interesse è diverso da quello che mi ero aspettato..."

O dai, non far finta che questo non ti piaccia...

"Sì, ovvio che mi fa piacere, ma certo non mi sarei mai aspettato di attirarlo...in tutti i sensi!"

Quando mi resi conto di dialogare con la mia coscienza scossi la testa e mi concentrai sulla strada.

Il primario mi aveva affidato Victor perché si era reso conto della sua fissa per me, ne ero praticamente sicuro, ma non era una cosa che potevo andare a contestargli: lamentarsi già al primo paziente non era una mossa furba, e io non avrei commesso quell'errore.

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