Le due casate più ricche di Seoul organizzano un matrimonio tra la ragazza dal cuore di ghiaccio, Park Areum, e il ragazzo dallo sguardo di fuoco, Kim Taehyung.
Hanno 30 giorni per conoscersi, ma la loro dipendenza dal gioco d'azzardo cambierà quel...
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Restai immobile, a fissare l'orologio appeso al muro. Il ticchettio dei secondi che passavano pareva il mio cuore che batteva ogni istante più velocemente.
Me l'avevano regalato ad 8 anni quel orologio, vecchio e scadente. Secondo i miei genitori aveva un valore inestimabile e non poteva essere sostituito con niente, in quanto era un oggetto di famiglia. D'altronde, qualsiasi cosa appartenesse ai "Park" era come oro agli occhi della gente.
Seduta sul letto, ben riordinato, grazie a Izabela, la nostra domestica, continuai ad oscillare le gambe avanti e indietro non riuscendo a toccare il pavimento con i piedi. Accarezzai il piumone marrone, con un pizzico di luccichio, e mi guardai in giro per evitare di continuare ad aspettare quell'ora.
Osservare la mia stanza enorme, ormai, mi faceva venire la nausea.
Al letto matrimoniale, che occupava la metà dello spazio disponibile, si aggiungeva la scrivania bianca, dove passai metà della vita a studiare con insegnanti privati, lo specchio gigante era posto vicino alla porta mentre il pavimento di parquet donava a quella camera gelida un tocco di eleganza. Tutto ciò che c'era lì dentro era volere dei miei genitori, io stessa ero come un giocatore in panchina che aspettava il suo turno per mostrare le proprie capacità.
Guardai l'orologio e sospirai sentendo un peso al cuore. Infondo non capivo a cosa fosse dovuta quell'ansia. Mia madre mi aveva spiegato che se mi fossi sposata con il figlio dei Kim mi avrebbe permesso di andare al Casinó: mi sembrava un compresso accettabile.
Forse il fatto che, nonostante conoscessi la Signora e il Signor Kim, non avessi mai visto il volto di loro figlio mi turbava. Sapevo solo che studiava all'estero con Jimin, mio fratello.
Ma in realtà chi fosse o come fosse poco importava in quanto i miei genitori mi stavano, letteralmente, vendendo alla famiglia più ricca di Seoul. Avrebbero fatto di tutto pur di aumentare la loro richezza; la maniera perfetta per raggiungere il loro obiettivo era unire la casata dei Kim e quella dei Park.
Sapevano benissimo che i Kim non avrebbero mai rifiutato di prendere come nuora la ragazza, che veniva considerata, più bella e pura tra tutte le famiglie importanti di Seoul.
Ma a me andava bene tutto ciò: a patto di poter continuare a giocare.
Roteai gli occhi al cielo straiandomi di colpo sul letto.
Jimin mi avrebbe preso per il culo, pensai divertita dalla patetica situazione in cui mi trovavo.
«Sigorina Park, i signori Kim sono arrivati. La Signora richiede la vostra presenza» mi avvisó Izabela con cautela.
I domestici di casa avevano una paura matta di farmi arrabbiare. Alla sua richiesta gentile, ricordai la volta in cui le feci quella domanda: «Si può sapere perché te e i tuoi amici abbassate la voce quando vi rivolgete a me?» chiesi indignata, e Izabela mi rispose: «Signorina non si sa mai di che umore lei possa essere» continuando a lavare i piatti. Mi offesi, a quella affermazione, e ne feci un dramma per un'intera settimana. A dire la verità quella frasi mi aveva fatto capire quanto fossi immatura, viziata e senza principi.