Capitolo 21

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Pioveva su Chicago.

Pioveva come non faceva da tempo e il cielo grigio, velato da uno spesso strato di nubi grigie e biancastre, incombeva pesante su tutta la città. A completare quella distesa plumbea e con una prepotenza inaudita, in mezzo alla fitta pioggia si facevano strada i fulmini, sottili fili luminosi che si ramificavano in un batter d'occhio lasciandosi dietro un rombo minaccioso.

A Leroy, però, in quel momento non importava. Camminava rapido, incurante del suo giaccone di pelle marrone che si stava infradiciando rapidamente, mentre il viso corrucciato e coperto di ispida barba bionda fissava con distrazione i piedi che si muovevano quasi per inerzia.
Il Little Calumet scrosciava prepotente correndo lungo il bordo della strada, gonfiato dalla fitta pioggia che continuava a cadere. 

Si sentiva stranamente a suo agio con quell'acquazzone. Il peso che gli incombeva sullo stomaco e la continua preoccupazione per l'avvenire lo schiacciavano come mai gli era successo prima di allora: se da un lato continuava a ripensare alla morte di Sam, convinto che sarebbe toccato anche a lui prima o poi, dall'altro gli mancava la sua compagnia.

Tuttavia, quella che era iniziata come una semplice sensazione, pian piano era diventata una certezza: qualcuno lo stava tenendo d'occhio. Non sapeva dire se era Petrovic ma non aveva potuto fare a meno di non notare alcune occhiate che gli avevano rivolto alcuni individui nei giorni prima. Mentre comprava un anonimo pacchetto di sigarette all'edicola, ne aveva adocchiato uno seduto su una panchina che lo osservava con attenzione. Un altro gli aveva allungato mezzo dollaro dicendogli che gli era caduto. Leroy, però, sapeva perfettamente di non avere monete in tasca.

Dopo quell'episodio aveva preso la decisione drastica di lasciare per un po' la città, allontanandosi da Chicago e da quella scia di sangue che ne stava imbrattando le strade con ferocia. Aveva già persino comprato il biglietto del treno per il Nebraska, dove avrebbe potuto ricominciare da zero una nuova vita.

Ma prima di partire doveva avvertire Vincent. Glielo doveva per il profondo rispetto che nutriva nei suoi confronti. Quello che era successo tempo prima con Samuel doveva passare in secondo piano.

«Vai da qualche parte, Leroy?»

Il suo cuore in quel momento smise di battere per qualche istante mentre ogni muscolo del suo corpo si irrigidiva dalla paura. Quella voce... L'avrebbe riconosciuta tra mille altre.

«Allora, dove stai andando?» Chiese l'uomo avvicinandoglisi alle spalle, il tono di voce improvvisamente serio e basso. 

Il biondo deglutì appena, cercando disperatamente un modo per sottrarsi a quella situazione ma purtroppo non ne vide nessuno. Doveva farsi forza, proprio come aveva fatto il Vecchio

«Non sto andando da nessuna parte» Mentì.

Un altro uomo sbucò da dietro l'angolo. Avevano pressoché la stessa corporatura, considerò Leroy squadrandolo, forse era persino più alto di lui ma la sua attenzione venne attirata dalla lunga spranga di metallo che quell'individuo teneva in mano, lungo il fianco destro.

«Oh no, Leroy, la mamma non ti ha insegnato che non si dicono bugie?» Disse mellifluo il suo interlocutore mentre gli poggiava una mano sulla spalla. Il solo tocco bastò a fargli mancare il respiro e sussultare con violenza. «Tsk, non va bene così. Sei decisamente troppo nervoso... Rilassati, caro mio, non ti fa bene alla salute»

«Tu... Tu hai fatto uccidere Sam... lo hai incastrato!» Disse a bassa voce in un lieve sussurro. «Tutti verranno a sapere cosa hai fatto, specialmente-» Il resto della frase si disperse nell'aria in seguito a un altro tuono. Il terzo individuo, che fino ad allora era rimasto in disparte, si fece avanti approfittando del momento per portarsi alle sue spalle.

«Vincent? Lui è il piatto forte...» Ammise l'altro uomo sorridendo. La luce dei fulmini gli illuminò il volto puntellato di gocce di pioggia, donandogli un aspetto spaventoso.  «Ma tu, mio caro, sei solo un antipasto»

Quella fu l'ultima cosa che Leroy Carlson riuscì a sentire e ciò che vide dopo fu una mescolanza di pioggia, lampi, volti deturpati e lineamenti confusi. Un forte dolore alla vase della testa gli fece poi perdere i sensi in una frazione di secondo.

Il suo corpo cadde a terra a peso morto, attutito dal sottile strato di bagnato che ricopriva l'asfalto. Un caldo rivolo di sangue scuro e denso gli usciva dalla testa fracassata, allargandosi lentamente sotto di lui.

Un altro tuono squarciò l'aria pesante e umida, scuotendo l'animo dei due uomini rimasti.

«Non deve rimanere traccia di ciò che era, intesi?» Il più giovane indicò il cadavere all'energumeno, che stringeva ancora con forza la spranga imbrattata del liquido rosso.

Un solo cenno d'assenso e questi riprese a colpire con più violenza la testa di Leroy, sfigurandone il volto e rendendolo irriconoscibile. Piccoli frammenti d'osso spuntavano persino dalla carne maciullata.

«Sì, può bastare» Aggiunse l'altro accendendosi un sigaro. Un vistoso anello dorato brillò alla luce biancastra di un lampo.

"Il prossimo sei tu, Vin" Pensò con un sorriso malizioso dipinto sul volto, allontanandosi a passo svelto sotto la pioggia incessante di Chicago.

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