AMELIA
"Voglio vederlo"
Fu questa breve frase a dare una svolta alla mia vita. Volevo vederlo.Trascorsero un paio di giorni da quella notte e dalla disperata telefonata con Lucas. Mi ritrovai sbattuta sul sedile posteriore della Ford, e mentalmente lo ero davvero, sbattuta intendo.
Accanto a me sedeva in fine compostezza Ronnie: Ronnie che ci aveva aiutati sin dalla notte del ballo, Ronnie che si era offerta di rischiare per noi, Ronnie che, ora, combatteva una battaglia all'ultimo sangue col vento che le scomponeva l'acconciatura un tempo perfetta.Incapace di far trascorrere altrimenti le lunghe ore di viaggio che mi attendevano, mi misi a contare tutte le auto che Lucas rincorreva e superava. Una, due. Non so se lo facesse per divertimento oppure semplicemente perché, tre, sebbene non lo ammettesse, sapevo che anche lui voleva togliersi quel peso e vederlo.
Quattro. Eravamo partiti per un viaggio verso l'ignoto con Lucas al comando, al posto del timoniere. Auto dopo auto, mi rendevo sempre più conto di quanto stupida e avventata fosse stata quella decisione: forse avrei dovuto ascoltare lui e prendermi davvero un sonnifero.
Ne avevo contate otto nel giro di mezz'ora: non male per una strada praticamente deserta.
Veronica, arresasi alla furia del vento, aveva smesso di sistemarsi gli scuri ciuffi e faceva ora correre le dita affusolate sulla tastiera del suo pc, rischiarandola con fulminee mandorle celesti. Dieci. Lo manteneva magistralmente in bilico sulle proprie esili gambe che, fasciate da un paio di collant chiari, non vedevano l'ora di farlo scivolare.
Ritornai a focalizzarmi sul paesaggio che mi circondava: avevamo lasciato le basse costruzioni di Heinville da un paio d'ore e, a giudicare dalla vegetazione che si era fatta sempre più rada, fino a lasciare qualche esigua macchia verde sul terreno desertico, dovevamo essere ormai vicini al confine col Messico.
"Ma se ci fermassimo a mangiare i tacos dopo il confine?" Chiese Lucas sempre pronto a divorarsi un tavolo, persino nei momenti di maggiore tensione, quei momenti in cui il mio stomaco di contorceva e annodava incapace di contenere anche il più misero dei sorsi d'acqua.
"No" Risposta tanto lapidaria quanto inefficace, la mia, infatti lui non demorse.
"Insomma Amelia, vuoi che mi venga un calo di zuccheri e vada a sbattere contro un palo, mh?" Incalzò, lanciandomi un'occhiata penetrante attraverso lo specchietto retrovisore.
Sbuffai e, incrociando le braccia al petto, mi rannicchiai sul sedile stampandomi contro il finestrino.
Mi ero distratta per un attimo e, proprio quando chiusi gli occhi esasperata, Lucas sorpassò un'altra auto, ma per fortuna con la coda dell'occhio riuscii ad accorgermene. Tredici.
Ronnie continuava imperterrita a lavorare al computer senza nemmeno degnarci di una parola, tanto era assorta dai suoi pensieri. Quel suo digitare frenetico fu interrotto, solo mezz'ora più tardi, dalla frenata dell'auto che segnò l'arrivo alla frontiera.
Il controllo fu breve e superficiale: bastò che Veronica si identificasse perché passassimo tutti e tre indisturbati, senza che nemmeno verificassero i nostri documenti.
Certo, inutile dire che anche il fascino e lo sguardo magnetico dei fratelli Fernandez fecero la loro parte: tutti e quattro i funzionari ne rimasero ammaliati, tanto gli uomini quanto le donne.Tuttavia, si dimostrarono molto meno ben disposti nei miei confronti. Infatti, a un palmo dal finestrino, analizzavano con sospetto ogni centimetro del mio corpo lasciato scoperto dalla T-shirt e dagli shorts, come se il mio pallore potesse parlare per me.
"C'è qualcosa che non va? Garantisco io per lei." Li interruppe Veronica decisa, inchiodandoli con i profondi occhi castani.
"No signorina, assolutamente. Potete andare" Si affrettò subito a puntualizzare uno dei doganieri, arretrando di qualche passo e abbassando il capo, in segno di reverenza, verso quella minuta ma imponente donna.
Proseguimmo veloci per l'arido territorio del Sonora e persi il conto delle auto sorpassate da Lucas; ero rimasta a quota quindici, rapita dal fascino del paesaggio in cui ci stavamo addentrando.
Se inizialmente, oltrepassato il confine, il nostro unico compagno di viaggio era stato il vento, stranamente secco per una giornata settembrina in Sonora, a mano a mano che ci avvicinavamo a Hermosillo incontravamo sempre più auto e motociclette.
Ad un certo punto notai, in lontananza, alcune basse costruzioni che si ergevano tra un cactus e l'altro, segnalando la presenza di un piccolo centro abitato.
"Oh, Finalmente!" Esclamò Lucas sollevato alla vista della prima tavola calda.
Parcheggiò in fretta e si precipitò dentro al locale, mentre io e Veronica lo seguivamo lasciandoci ridenti occhiate di finta esasperazione.
"Buongiorno, per me una porzione di Enchiladas e due di Esquites" ordinò lui famelico, parlando con il cameriere che sorrideva piuttosto divertito da un cliente così entusiasta come Lucas.
"Per voi invece?" Domandò rivolgendosi, con comanda e penna in mano, a me e Ronnie.
"Io vorrei un piatto di Quesadillas" sentenziò Veronica ripiegando con cura il menù.
Io invece, ancora indecisa su cosa avrebbe stancato meno il mio stomaco, optai per due tacos con verdure, manzo e guacamole, certa che il mio migliore amico non si sarebbe fatto pregare per finirli.
Mezz'ora dopo, appesantiti e assonnati, eravamo di nuovo in viaggio. Per evitare che il nostro timoniere si addormentasse, facendo così naufragare quel bel veliero, trascorremmo l'ora restante a cantare a squarciagola gli AC/DC e a raccontarci aneddoti divertenti.
"No Amelia, tu non hai idea. A sette anni il tuo amico era convinto che sarebbe diventato Presidente degli Stati Uniti e quindi aveva dato inizio a una campagna elettorale distribuendo volantini con su scarabocchiato: Quando sarò grande votatemi, farò vedere i Simpsons in piazza tutte le sere!" Raccontò Ronnie, lanciandosi persino in una divertentissima imitazione della vocina di suo fratello da piccolo.
Scoppiammo tutti a ridere al ricordo di quell'innocente Lucas che, a sette anni, aveva così alte aspirazioni. Certo, a quel tempo di sicuro non poteva sapere che la sua vita avrebbe preso più la piega di How to get away with a murder che quella di The Politicians.
Le nostre risate si confusero con la musica, mischiandosi indistintamente alla canzone che passava in radio in quel momento. Più che adatta alla situazione, tra l'altro.
I'm on the highway to hell
No stop signs, speed limit
Nobody's gonna slow me downSì, eravamo davvero sull'autostrada per l'inferno, non ancora consapevoli di ciò che quella visita a Hermosillo avrebbe comportato. Forse solo Veronica lo era: aveva alle spalle molte vicende di questo genere, tuttavia, nessuna di quelle aveva anche solo minimamente riguardato la sua famiglia.
Finalmente, dopo lunghe peregrinazioni, giungemmo in un ampio parcheggio, non eccessivamente affollato, antistante a un grande e freddo edificio bianco in netto contrasto con l'arancione dei campi fioriti lì intorno; scesi dalla Ford, ci dirigemmo verso l'ingresso. Il mio cuore cominciò a galoppare, all'idea di ciò che mi sarei ritrovata davanti, e un senso di nausea si impossessò completamente di me. Il vento trasportava il forte profumo dei cempasúchil di cui abbondavano i prati circostanti: l'odore dei tipici fiori del "Dia de los muertos" mi si insinuava nelle narici come presagio di morte.
Ciao amici! Capitolo un po' di passaggio, ma fondamentale. Spero di non avervi annoiato troppo💛🌼
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L'omicidio perfetto
غموض / إثارةCosa succederebbe se la classica brava ragazza si ritrovasse sulla scena del crimine con l'arma del delitto in mano? E se il corpo a terra fosse proprio quello del ragazzo che ama? E se la famiglia perfetta custodisse, invece, un macabro segreto? ...