Capitolo tre

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ELEONORE

La testa mi scoppiava: era come se avessi una pressa al cervello, e i raggi del sole che filtravano dalla finestra di certo non aiutavano, per nulla. Mi girai e rigirai più volte tra le lenzuola corallo e, affondando la testa nel cuscino, cercai di ignorare l'insopportabile dolore che provavo.

"Sveglia sorella!"
Sentire la voce di Evelyn che urlava dal piano di sotto fu un'ulteriore, terribile trapanata. I suoi passi sulle vecchie scale in legno si fecero sempre più fragorosi, vicini, torturandomi all'inverosimile. Mia sorella mi scoprì con un movimento energico, quasi dovesse togliere un cerotto, e stette lì impalata davanti a me, sbraitando come sempre.
"Bella addormentata, hai già dormito abbastanza per oggi, non credi? È ora di alzarsi, Twins Reunion lampo con Elio, in camera mia tra dieci minuti. Toodles!"
E girò i tacchi, uscendo rumorosamente dalla mia camera.

Scendere dal letto mi costò uno sforzo enorme e, mentre poggiavo i piedi nudi sul parquet, mi vidi riflessa nello specchio ancora vestita con l'abito della sera precedente: era blu notte con lo scollo a cuore e un'ampia gonna mozzafiato, forse eccessivo per il ballo di inizio anno, ma senza dubbio perfetto per il prezioso stile eccentrico che nella mia famiglia regnava sovrano. Evidentemente al ballo avevo esagerato con l'alcol, perché mi restavano solo ricordi confusi e sconnessi di quella sera, ma su una cosa non c'era dubbio: mi ero senz'altro divertita.
Bere era l'unico modo che avevo per lasciarmi andare, per evadere dalle strette imposizioni e dagli stretti dogmi della famiglia perfetta, dalle stupide regole di etichetta. "Suvvia Eleonore!Stringi quei gomiti, solo le sciatte provinciali mangiano così." Oppure: "Sistema quei ciuffetti, i capelli raccolti alla perfezione sono emblema di eleganza."
Questi sono solo alcuni dei mantra che mi sentivo ripetere giorno per giorno, come un'inarrestabile cantilena, da mia madre.

Svestendomi, feci scivolare con delicatezza il vestito lungo il corpo, lasciandolo a terra appena accanto al mio letto a baldacchino, tanto vecchio quanto il resto dell'arredamento della villa; poi andai a farmi una doccia, sperando che il mal di testa mi desse un attimo di tregua.

Appena finii di lavarmi mi vestii e percorsi il lungo corridoio del secondo piano, dedicato alle camere da letto, diretta verso quella di Evelyn, dove lei ed Elio mi stavano già aspettando tra una chiacchierata e l'altra.

Erano identici quei due, ma non dal punto di vista fisico ovviamente, perché siamo tre gemelli eterozigoti, mi riferisco ai loro comportamenti; sembrava sempre che fossero l'uno nella mente dell'altro: si lanciavano occhiate eloquenti, con le quali pareva quasi dialogassero.

"Sorellina, eccoti qui" Cominciò Elio allargando le braccia in un gesto affettuoso, attendendo che io annullassi lo spazio che ci separava con un abbraccio, e così feci.
Ero molto affezionata a mio fratello, cercava sempre di tenerci uniti, diceva che dovevamo essere un po' come i tre moschettieri: dovevamo sostenerci l'un l'altro. E io volevo crederci.
"Cos'è quest'espressione? Non ti senti bene?"
Mi chiese incollando i suoi begli occhi verdi nei miei. Era sempre molto premuroso; ci volevamo bene.
"No no, ho solo un forte mal di testa e sono stanchissima" risposi evasiva, ma Evelyn mi prese in contropiede ridacchiando: "qualcuno ha fatto i bagordi ieri sera eh".
"Solo un pochino" ammisi arricciandomi nervosamente una rossa ciocca di capelli intorno all'indice e abbassando lo sguardo con indifferenza.

"Bene sorelle, ci siamo riuniti perché nostra madre mi ha detto che nel weekend lei e nostro padre andranno a inaugurare il nuovo club di Daneville. Mi sembra un'ottima occasione per una gita al lago in memoria dei bei vecchi tempi!"

Evelyn esultò estasiata all'idea, e io mi stampai un sorriso forzato per non deludere le loro aspettative.
Per cercare di mascherare il mio scarso entusiasmo cambiai subito argomento: "Bellissima idea El, ma ora dobbiamo darci una mossa; la campanella non aspetta certo noi per suonare."

"Oh, ne sarebbe capace se solo lo desiderassimo, lo sai vero Eleonore?" Ribatté beffarda lei, gettandosi indietro la vaporosa chioma carota con un gesto teatrale.

Un quarto d'ora dopo, a bordo della Cadillac di Elio, eravamo quasi giunti a scuola, e io ero pronta per indossare nuovamente la maschera della perfetta gemella Lilbloom: quella della stronza apatica.

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