Il Sibilo Del Vento

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Tre lunghi mesi tenevano il nobile McCartney imprigionato in quella galera buia e puzzolente e solo due ore lo separavano dalla sua morte; seduto sul fieno sporco, il ragazzo guardava il piatto che aveva usato in quel lasso di tempo sì e no un mese e mezzo, lasciandolo notti su notti affamato ma incapace per orgoglio di pregare per del pane raffermo.

Il suo corpo era diventato tutt'ossa, la fame gli aveva scavato crudele i fianchi e la sete gli aveva spaccato le labbra un tempo soffici come un bocciolo di rosa; l'unica cosa positiva nel suo aspetto erano i capelli scuri che lentamente erano tornati folti e belli come quando era arrivato ma più spettinati e con una spuntata decisamente necessaria da dare.

Questo però non importava troppo al giovane, incapace di formulare un solo pensiero felice quel giorno, sentendosi così vicino alla fine.
Il suo aguzzino non l'aveva lasciato un solo giorno senza insulti o sputi attraverso le sbarre e l'unico atto di cortesia che gli faceva era dargli di rado il pane con l'acqua e quando quella mattina gli aveva tagliato in modo poco gentile la barba lasciandogli il volto pieno di graffi.

Quando giunse l'ora predefinita, Paul si alzò e venne puntualmente incappucciato e legato prima di essere condotto su un carretto che lo condusse su un palco di legno dove sarebbe stato decapitato di lì a pochi minuti; in mezzo alle urla della folla gli venne scoperta la faccia, piedi e mani assicurati al soppalco con delle funi così come il collo che venne legato ad un ceppo incavato.

Aveva paura, tanta e respirava affannosamente ma che senso aveva ribellarsi ora, a un passo dalla fine? Avrebbe solo avvicinato l'ascia al suo collo.

"Oggi sulla pubblica piazza giustiziamo un traditore che ha ingannato la patria per secoli con la farsa della sua morte e ora viene giustiziato colpevole di omosessualità; signore e signori il presunto scomparso principe James Paul McCartney".

Il popolo urlò minacce e insulti al ragazzo che stette fermo e zitto come un agnello al macello tentando di aggrapparsi a quel briciolo di dignità che gli restava non sottraendosi agli insulti.

"Hai delle ultime parole bestia?"

"Volevo solo rivedere delle persone"

"L'unica persona che vedrai è quella cagna di tua madre"

"Finalmente vero? ..."

"Muori grazie, in silenzio se riesci Shwein".

L'ascia venne alzata velocemente dal boia che era già pronto a calarla con altrettanta rapidità mettendo fine alla vita della sua preda che tanto aveva agognato.

Paul alzò lo sguardo verso il cielo limpido e ascoltò ad occhi chiusi il sibilo del vento che gli accarezzava il viso come per salutarlo anche lui in quella giornata così triste, portandogli via con le sue dita d'aria la lacrima che gli stava uscendo dagli occhi chiusi mentre il ragazzo pensava sereno e rassegnato al suo destino:
"Addio Geo, fratello acquisito che ho amato come fosse mio di sangue, te saprai dopo che sono morto. Addio Eppy, te sei stato così buono con me e...John, sto arrivando, prendimi al volo".

Un sibilo diverso dalla brezza gli sopraggiunse vicino all'orecchio facendogli aprire gli occhi di scatto: una freccia si era conficcata nel legno del ceppo e aveva attorcigliato un ciondolo con un'aquila intagliata nel legno.

"FERMI!".

Un cavallo conosciuto si faceva strada tra la folla impietrita e sopra di lui un uomo incappucciato che teneva una balestra che sbucava dalle pieghe del mantello candido come il suo destriero; sceso dall'animale, lo sconosciuto calò il tessuto via dal suo capo facendo fare un salto al cuore di tutti, soprattutto a quello di Paul che stentava a credere ai suoi occhi:

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