La Foresta

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La cena si svolse con John che faceva il bravo amoroso con la moglie trascurando l'altro ragazzo e Paul che faceva il terzo incomodo, contenendosi per non dar troppo a vedere che stava massacrando per mezzo della forchetta la sua purea di patate, diventata troppo fredda e liquida per essere mangiata.

Stava pensando a quello che era successo poco prima, da vicinanza estrema a distanza enorme; John Lennon sapeva essere un attore formidabile.

Cynthia cinguettava smorfiosa e ruffiana mentre piluccava elegantemente il suo arrosto. Continuava a dire frasi ipocrite come: "John amore, John pulcino, John farfallino...", facendo accrescere la rabbia nel cuore del pianista che sarebbe saltato volentieri in piedi e...

"Paul? Mi hai sentito?" esordì il conte bevendo un sorso di vino.
L'altro si scosse dai suoi pensieri e negò. "Domani ti andrebbe una passeggiata a cavallo? Vorrei farti vedere la zona, se per te va bene. Alle 10:0 di domattina può andare?"; Paul annuì vigorosamente e si rivolse sorridente e cortese alla contessa:
" Vostra grazia gradisce unirsi a noi?".

L'altra lo guardò come fosse un topo morto e rispose piccata come se l'avesse insultata:
"Preferirei restare qui grazie, ci si sporca sempre quando si va a cavallo. Meglio di me lei capisce il fastidio dell'essere sporchi, vero?".

Paul abbassò lo sguardo ferito dalla battuta sulla sua condizione disagiata e la tavola cadde in un silenzio glaciale. Il giovane si congedò al termine del pasto correndo a scrivere una lettera al fratello che avrebbe imbucato l'indomani sera, buttando giù qualche riga dove esprimeva tutta la sua nostalgia del tempo che passavano assieme; chiuse la busta che avrebbe sigillato il Lord con la ceralacca e il sigillo con l'aquila.

L'indomani Paul si svegliò puntuale alle 7, si lavò e si vestì con una camicia bianca a maniche larghe coi volant sul petto, un gilet di cuoio con le stringhe come i pantaloni e gli stivali. Sceso a colazione, John non c'era, e dovette stare tre quarti d'ora con Cynthia che commentava a mezza voce il suo abbigliamento che lei definì "contadino e rozzo, da cacciatore di lepri".

Il pianista stette in silenzio e annuì mentre trangugiava il pane con burro e marmellata di more, riempendosi ben bene lo stomaco. Ah, se solo George fosse stato là, lui amava mangiare di tutto, anche quel poco cibo che avevano a casa gli andava sempre bene.

Al giovanotto venne concesso di passeggiare nel grande giardino colmo di alberi, statue, fontane e persino di un piccolo labirinto per ingannare l'attesa; gli venne consegnata anche la sua giumenta con una sella nuova sul dorso che nitriva contenta di rivedere il padroncino.

Paul la accarezzò sul muso bisbigliando:" Ti trattano bene qui, Freccia? Ti piace il cibo? Ti manca George eh...anche a me".

Un altro nitrito sopraggiunse alle orecchie del ragazzo che si girò di scatto; John, vestito con un'elegante giacca rossa da caccia alla volpe con una sciarpina bianca, i pantaloni color crema e gli stivali, si stava avvicinando tenendo tra le mani guantate le redini di uno scalpitante stallone grigio parecchio alto e slanciato, coi finimenti di pelle e le fibbie della sella nera d'argento.

Dopo che Paul l'ebbe salutato, il conte salì sul destriero imitato dall'altro ragazzo; il lord sapeva bene dove andare, perciò si mise davanti a Freccia e intimò: "Seguimi!", prima di spronare al galoppo la sua cavalcatura fuori dal cancello secondario, che venne seguita a ruota da quella del pianista che non vedeva l'ora di sgranchirsi le zampe.

Corsero per un bel tratto di foresta, saltando dei piccoli tronchi e dei cespugli. Arrivati a pochi metri dalla destinazione si fermarono: due quercie imponenti che erano cadute una sull'altra sbarravano la strada con i tronchi complessivamente alti almeno un metro e quaranta.

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