Alzo gli occhi, squadrando l'enorme edificio davanti a me: è davvero molto grande in larghezza e altissimo in lunghezza, un grattacielo grigio, una struttura moderna in metallo, con la facciata piena di vetrate. Finalmente mi risveglio; no, non stavo dormendo, prendo semplicemente consapevolezza dall'ipnosi che sembrava avermi colpita, perchè ho appena realizzato dove mi trovo e il panico, l'ansia e la paura si impossessano immediatamente di me. Quando ieri sono uscita di casa, diretta in aeroporto, mi sembrava di non provare nessun tipo di emozione, era come se il mio corpo si muovesse meccanicamente senza che il cervello lo guidasse, senza che gli dicesse cosa fare, sembrava che le mie gambe e i miei piedi sapessero già quali passi fare, come se fosse un'azione di routine, una strada abituata a percorrere quotidianamente, invece ieri è stata la prima volta che ho lasciato casa mia per raggiungere l'aeroporto senza nemmeno sapere quando tornare, è stata la prima volta che me ne sono andata dalla mia città, diretta in un luogo tanto lontano, questa è davvero la prima volta che metto piede fuori dall'Italia. Anche in aeroporto non ho provato nessun tipo di euforia, anzi, si era impossessata di me una sorta di strana malinconia, ma a ripensarci non era nemmeno tanto strana, mi sentivo come se mi stessi lasciando alle spalle tutto, come se me ne stessi andando via per smettere di soffrire e in effetti un pò è davvero così, per questo non ho sentito il brivido della partenza, per me allontanarmi da casa rappresenta quasi una forma di liberazione. Seduta in aereo, poi, mi sono sentita stordita, talmente tanto da non riuscire nemmeno ad emozionarmi per la mia destinazione, non ho mai viaggiato via aerea in vita mia e se tutti i viaggi in aereo sono come questo, beh, volare non è niente di che, immaginavo che si provasse qualcosa di più eccitante ma il viaggio mi ha solamente stancata; non ho fatto altro che guardare fuori dal finestrino e vagare con la mente, pensando a cosa avessi lasciato in Italia, tipo la mie compagne di danza, l'insegnante che per me è sempre stata una seconda madre e il lavoro al bar del centro commerciale e mi sono più volte chiesta che cosa ne sarebbe stato di me da quel momento in poi. Beh, certo, ho anche dormito un pò, anche se il mio non è stato un vero e proprio sonno profondo, diciamo che ho riposato gli occhi più che altro, il mio vicino di posto, un uomo grassoccio e asiatico, vestito in giacca e cravatta, con tanto di valigetta squadrata da vero professionista, si è fatto tutto il viaggio ronfando, con la saliva che gli pendeva da un angolo della bocca e il suo russare mi ha infastidita parecchio, tanto che ho dovuto indossare le cuffie e ascoltare della musica per non sentirlo, ma mi disturbava comunque il suo continuo muoversi, girarsi e rigirarsi. Sedici ore di volo sono tante, troppe, ma sono stata comunque disposta a sopportarle, la distanza che separa l'Italia dalla meta dei miei desideri coprirebbe una durata simile che sarei disposta a tollerare per raggiungere quella destinazione che sogno da sempre, perciò tutte queste ore di viaggio non sono state un problema per me, forse lo è stato di più la necessità di atterrare per liberarmi del signore grasso accanto a me, che non è stato fermo nemmeno per un momento. Ho lasciato la mia Italia alle diciassette e venti del pomeriggio di ieri e no, non sono atterrata alle nove di questa mattina, perchè il fuso orario è diverso, non coincide col nostro, qui sono avanti di ben sette ore, perciò quando sono atterrata, poco fa, erano già le sedici; tanto meglio per me che sia già pomeriggio, vuol dire che farà notte prima di quanto pensassi e avrò modo di andare a dormire presto, mi sento esausta.
Al mio arrivo avrei dovuto chiamare qualcuno, avvisare casa del fatto che fossi scesa dall'aereo ma non ho fatto nulla di tutto ciò, nessuno attende una mia telefonata, mi sono semplicemente guardata intorno, cercando di capire quale sarebbe stata la mia prossima mossa: mi sono resa conto di trovarmi in una terra sconosciuta, che non conosco affatto, dove tutti intorno a me hanno un aspetto diverso dal mio e nessuno parla la mia lingua, avrei dovuto chiamare un taxi e farmi accompagnare in hotel per posare i bagagli, avrei voluto rilassarmi sotto il getto di una doccia calda e mettermi a letto immediatamente, ma non ho potuto fare niente di tutto questo perchè non ne avevo il tempo, così mi sono ugualmente sbrigata per fermare un taxi, parlando ovviamente in inglese e per fortuna questa è una lingua valida in tutto in modo, parlata in moltissime città europee e non e le possibilità che ti capiscano sono alte, "perfetto" ho pensato, "per lo meno non ci sarà bisogno di comunicare a gesti". Insomma, è qui che mi sono fatta accompagnare, proprio davanti a questa struttura metallica colossale, portando con me la mia roba, si, trascinandomi dietro il trolley. Ho pagato la corsa e mi sono imbambolata davanti a questo edificio e solamente adesso sto realizzando quello che ho appena fatto e tutte le emozioni che non si sono manifestate sino a questo momento, prendono il sopravvento tutte insieme, scombussolandomi, facendomi accovacciare per terra, tenere la testa fra le mani, facendomi chiedere che cosa ci faccia io qui. Sono impazzita, lo so. Insomma, chi è che prenderebbe mai una decisione simile su due piedi, senza nemmeno rifletterci a lungo? E' successo tutto così in fretta, dall'oggi al domani. Ho acquistato il biglietto aereo su internet, pagandolo molto caro per non averci pensato in anticipo, ho raccolto le mie cose, preso i soldi che mettevo da parte da un pò e ho deciso di partire, lasciandomi tutto alle spalle, la mia intera vita, l'Italia; una sola persona sa di ciò che ho appena fatto, si tratta della mia migliore amica, Viola, l'unica che ho avvertito prima di salire sull'aereo a Roma: "me ne sto andando a Seul" le ho rivelato schiettamente, Viola è rimasta in silenzio per qualche istante, dall'altro capo del telefono non sentivo nulla, "ti auguro tanta fortuna" ha detto poi, "sii solo sicura di ciò che stai per fare e, mi raccomando, niente stronzate", sono state le sue uniche parole. Viola mi conosce da tutta la vita, ci siamo incontrate per la prima volta da bambine a scuola di danza e il nostro legame dura ancora oggi; alle elementari e alle medie abbiamo frequentato due scuole diverse perchè abitiamo in due zone differenti e ben lontane di Roma, ma al liceo ci siamo ritrovate e la nostra amicizia è ancora solida come il primo giorno che abbiamo mosso i primi passi di danza. Viola mi capisce e conosce i motivi che si celano dietro questa mia follia, per questo non mi ha criticata, per questo non pensa che io abbia fatto una cazzata, solo che adesso sono io che credo di aver affrettato le cose e ho terribilmente bisogno di parlare con lei, ora che mi sono accorta di ciò che è appena successo e mi sento così terribilmente terrorizzata. Qui sono quasi le cinque del pomeriggio, ma in Italia non è nemmeno mezzogiorno, saranno circa le undici e Viola sarà al negozio in cui lavora, ma non importa, farò un tentativo, devo assolutamente chiamarla. "Mia" dice la sua voce dopo un paio di squilli, per fortuna ha risposto ed io tiro un sospiro di sollievo, "ero preoccupata per te" sospira lei, "il viaggio è stato lungo e stancante, sono arrivata da pochissimo e" mi fermo e deglutisco, Viola avrà sicuramente capito che adesso ho paura, "dì la verità, ho forse perso il senno?" le domando, "può darsi" risponde lei, intanto io penso al fatto che questa telefonata mi costerà un botto, "ma ormai indietro non puoi più tornare" dice, "dove ti trovi?" si informa, io torno a fissare la struttura moderna che mi sta di fronte, accanto a me sono passate numerose persone, molta gente entra ed esce da qui e sono per lo più ragazze, tutte sembrano agitate ma non capisco cosa dicono perchè non parlo il coreano, posso solo immaginare il motivo di tanta euforia. "Sono proprio davanti l'edificio della Big Hit Entertainment" le confesso con un sospiro, "e allora che aspetti?" si agita un pò la mia mia amica, "oramai il guaio è stato combinato, hai speso tutti i tuoi risparmi per questo viaggio, in Italia non ti è rimasto niente e se vorrai un giorno trasferirti a Tokyo come hai sempre sognato e iniziare da capo una nuova vita lì, mia cara, non ti resta che trovare un lavoro a Seul e ricominciare a mettere da parte una bella cifra" esclama, "ricordati solo perchè sei partita, ricordati di Sara" dice infine e riaggancia, io ricaccio indietro le lacrime senza smettere di tenere gli occhi puntati sulla sede della Big Hit.
STAI LEGGENDO
Sorry, I love you~
Fanfiction-Mia è finita in Corea per lasciarsi tutto alle spalle, per ricominciare, per redimere il suo senso di colpa. Non immaginava certo che potesse finire per innamorarsi.- Dal capitolo 11: "lui è innamorato di te, ma non è il solo. Io non posso ferirlo...