Capitolo 6

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Mi sveglio pensando che quello che è successo ieri era tutto un sogno. Poi inizio a collegare i fatti: Alessandro  è in ospedale, Rossella è stata rilasciata (e dopo ci dobbiamo vedere) e Angelo…mi ha baciata. Mi alzo con un sorriso idiota stampato in faccia e vado in bagno. I miei capelli sembrano più che altro un cespuglio in fiamme, devo trovare il modo di metterli a posto. Accendo lo stereo con il cd di tutte le canzoni più belle di Mozart e mi spoglio.
Credo che la doccia calda sia una delle cose più belle mai inventate. La prima è il cioccolato alla cannella.  La doccia calda che profuma di cannella riesce a mandarmi in paradiso. Ma nulla mi rilassa più di un bel cd di musica classica.

Mi preparo e mi vesto in modo casual. Vado in cucina e mangio una bella fetta di Strudel. In quel momento sento il campanello suonare e vado ad aprire ad Angelo. Non so perché ma divento rossa
<< caldo? >> mi saluta sorridendo
<< eh no, cioè sì, ho fatto la doccia >> farfuglio imbarazzata “E il premio imbranescion di quest’anno va a…”
<< sei stupenda  >> mi bacia sulla bocca, chiudendo la porta con il piede
<< ehi è presto, mi sono alzata da poco >> dico divertita. È bello sentirsi così, l’avevo quasi dimenticato. Mi mancava sentirmi amata da un ragazzo verso cui è probabile ricambi il sentimento. Ma poi ricordo perché non posso sentirmi così. Il primo e ultimo ragazzo che ho amato in vita mia è morto.
E non parlo di Andrea.
<< quello è strudel? >> mi chiede Angelo, risvegliandomi dal mondo degli incubi
<< si vuoi una fetta? >> gli propongo, cercando di apparire allegra
Mi  sembra un po’ titubante ma alla fine accetta. Mangiamo assieme e questo scaccia ogni cattivo pensiero.

Quando a mezzogiorno arriviamo al bar, vediamo Rossella già lì. Ha delle brutte occhiaie dopo tutto quello che era successo
<< ehy ciao >> la saluto
<< ciao ragazzi >> lo sguardo triste che aveva prima ora è scomparso per far spazio ad un grande sorriso sincero
<< sono felice che voi… insomma >>
<< ci frequentiamo? >> completa al suo posto Angelo, con un sorriso complice. Lei scoppia a ridere un po’ imbarazzata. La adoro.

Ci sediamo e ordiniamo da bere. Tra chiacchere e pettegolezzi, Rossella mi chiede se dopo sono libera per uscire con lei e una sua collega di lavoro e amica, Giulia. Non so perché ma questo nome mi ricorda qualcuno. E non è il solito presentimento “conosco-una-ragazza-con-quel-nome”, piuttosto è qualcosa come “l’ho-già-conosciuta”.

Iniziamo a parlare dell’omicidio di Andrea e uniamo  tutto quello che sappiamo sul caso. Angelo, non avendo alcun tipo di legame con le vittime, sa solo quello che gli avevo riferito io. Quando racconto di aver incontrato la donna che aveva testimoniato sul litigio di Giovanni ed Andrea e che aveva detto alla polizia della relazione tra e lui Rossella,  la mia amica diventa molto interessata. Purtroppo non mi ricordo mai  il nome e lei ha chiuso quella deviazione dal discorso con un “non ricordi mai nulla” o qualcosa del genere.
<< riassumendo: abbiamo  due omicidi e un tentato omicidio, che sembrano volti a colpire te, Rossella. La prima vittima è stata Andrea, ex fidanzato di Sofia e, ehm amante di Rossella, chiamiamolo così. La seconda vittima è stata Lucrezia, collega di Rossella. In entrambi i casi, è stato utilizzato un particolare tipo di veleno di qualche strano serpente e le fiale di questo veleno sono scomparse dall’ufficio di Rossella. Dico bene? >> cerca di riassumere Angelo
<< a dire il vero era nell’ufficio della mia amica Giulia >> specifica Rossella
<< che lavoro fa Giulia? >> le chiedo
<< fa il mio stesso lavoro, solo che è specializzata in erpetologia >> ci spiega
<< oh, beh non credo sia rilevante >> dice Angelo << ad ogni modo, siamo in un vicolo cieco. L’unica possibilità è aspettare che Alessandro si riprenda e che ci racconti quello che è successo >>
<< a proposito come sta? >> mi informo
<< lui sta male ancora, è incosciente. Non smetterò mai di ringraziarvi, gli avete salvato la vita >>
<< non preoccuparti Rossella, avresti fatto lo stesso >> la conforto, stringendole le mani tra le mie
<< dove è ricoverato? >> si informa Angelo
<< vicino a casa, non è difficile arrivarci >> e gli spiega la strada per giungervi. Non sento nulla di quello che si dicono, guardo fuori il sole invernale, lasciando che mi riscaldi il viso. A riportarmi alla realtà è Angelo che con un bacio mi saluta, dal momento che deve andare a lavoro. Esco con Rossella e andiamo con la sua macchina (visto che io ero lì con quella di Angelo) da Giulia.

Giulia è una bella persona, ma sembra che si sforzi ad esserlo. Ha i capelli neri corti  e gli occhi verdi. Sarebbe bella, a parte il grande naso che stona con il resto del volto. Si informa subito sulle condizioni di Alessandro e abbraccia Rossella per consolarla. Andiamo a fare  una passeggiata insieme e iniziamo  a chiacchierare. Il lato positivo di Giulia è che ti viene da dirle tutto, come se la conoscessi da sempre. Mi ha chiesto se ero single e io le ho detto che sto uscendo con un ragazzo
<< con il quale si sbaciucchia amorevolmente >> ridacchia Rossella. È bello che sia di nuovo così, sembra che non sia successo niente
<< dai piantala Rossella! Povera Sofia >> mi difende Giulia
<< lascia stare, è battaglia persa >> dico, fingendo di essere offesa.

Quando giunge il momento di salutarci, chiedo a Rossella se mi accompagna a lavoro. Il mio turno inizierà a breve. Accetta e in un batter d’occhio sono arrivata. La saluto e va in ospedale da Alessandro.
Finisco di lavorare un po’ tardi, fuori c’è buio già da un pezzo. Prendo uno degli ultimi pullman e torno a casa.

Da quando sono uscita da lavoro mi sento come osservata, ma mi sono guardata intorno più volte e non c’è mai nessuno. Anche l’autobus è vuoto. Odio questa sensazione, mi fa sentire impotente. Quando arrivo alla mia fermata, corro a casa, suggestionata da visioni terrificanti che principalmente prendono spunto da uno dei miei libri “il violinista di Praga”. L’atmosfera è la stessa, con la differenza che non sono una prostituta del Quattrocento e non ho passato la  serata con Mozart. Ma non si può avere tutto dalla vita, giusto?

Arrivata in casa, chiudo la porta a chiave e solo in questo momento prendo fiato; mi lascio  cadere lentamente sul pavimento, con la schiena sulla porta e chiudo gli occhi “sono a casa, nessuno può farmi nulla ora” penso. È incredibile quanto poco basti a calmarmi, ma da quando ho iniziato ad andare a correre e a fare pesi, mi sento più sicura di me stessa. Poi però penso che Alessandro è stato colpito in pieno giorno e lui non è esattamente un ragazzo magro e fragile, anzi! È alto e muscoloso e per qualche anno ha fatto boxe. Mi avvio in cucina e prendo un coltello, mi sento più sicura con un’arma in mano. Solo dopo mi rendo conto di essere ridicola, lascio cadere il coltello sul mobiletto vicino al letto e mi ci butto, tirando il piumone sopra la testa  per proteggermi dai mostri.

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