Mi sveglio con il braccio sinistro sotto la pancia, insensibile. Lentamente lo muovo verso l’alto per far passare questa fastidiosa sensazione e sento un rumore. Questa volta decido di non ascoltare il mio sesto senso: ieri avevo avuto l’impressione di essere seguita e alla fine non c’era nessuno “di sicuro è la vicina che esce…” penso.
Chiudo gli occhi ma non mi addormento, dal momento che devo per forza alzarmi per prepararmi e andare a lavoro. Mi giro, con la faccia rivolta verso la finestra e sorrido alla piacevole sensazione del sole sulla mia pelle. Intanto sento dei passi che si avvicinano “Sirius è tornato” . Non mi muovo, aspetto che salti sul letto e che mi lecchi il volto per farmi alzare, così posso dargli le sue amate crocchette. Solo che Sirius non salta. “Strano di solito la mattina è molto affamato” e mi decido a dare una piccola sbirciata. Solo che quello che vedo non è il mio Felis silvestris catus: sono i piedi di una persona vestita di nero. Trattengo il fiato e vengo percossa da un brivido involontario “mio Dio, dimmi che non è lui, dimmi che non è qui per me…” La persona fa per salirmi sopra e la lascio fare, poi quando sono sicura che è seduta, alzo di scatto il bacino, in modo da farla sbilanciare in avanti. Il trucco funziona, credo che aver seguito quel corso di autodifesa a scuola sia stata una delle cose più brillanti mai fatte, e mi alzo velocemente per prendere il coltello che avevo lasciato sul comodino ( il mobile si trova dalla parte opposta rispetto alla porta, quindi l’assassino non l’ha preso). Purtroppo mi sono alzata troppo alla svelta e la testa mi gira talmente tanto che lascio cadere il coltello. Sono un genio.
Ora che lo guardo meglio mi rendo conto che è magro, poco più alto di me; come diavolo ha fatto a sopraffare Alessandro?! “Forse lo ha colto di sorpresa, o lo ha attaccato da dietro. Quindi c’è una possibilità di uscirne viva”. Intanto l’uomo si sta massaggiando la testa, stordito, e approfitto di quel momento per dargli un calcio nelle costole. Cade dall’altra parte del letto, sbattendo la testa per terra. Mi avvicino per tirargli via il passamontagna, in modo da scoprire la sua identità. A quanto pare non è abbastanza frastornato da permettermelo e mi molla un pugno sulla mandibola. Sento in bocca il sapore del sangue e non posso non notare che è molto forte, anche se è mingherlino. Mi salta sulla schiena e tenta di strozzarmi, ma io cerco di alzarmi in modo da sbilanciarmi e sbatterlo contro il muro: funziona ma non molla la presa, così gli do una gomitata nel costato (che si ostina a lasciare scoperto per difendere la faccia) e solo dopo che mi ha lasciato il collo riesco ad urlare. Continuo a farlo, senza fermarmi, e l’uomo terrorizzato scappa. Mi dà un colpo alla nuca e cado a terra. Con la vista offuscata gli afferro le caviglie e cade. Con una mano prendo il coltello caduto e gli do un colpo al polpaccio, ma lo colpisco solo di striscio. Lo sento grugnire, mi dà un calcio in faccia e svengo.Mi sveglio con una forte luce puntata sugli occhi. Ho la mano destra ancora serrata in un pugno ma non c’è il coltello, quindi presumo di aver sognato. La luce è così forte che non vedo nulla e stimo che sono le nove e mezza. Mi alzo di scatto per correre a prepararmi ma sento delle mani ributtarmi giù. “L’assassino! non era un sogno è ancora qui!” Mi agito e inizio a menare pugni a vuoto << LASCIAMI ANDARE!>> urlo. A rispondermi però è una voce familiare << Sofia, calma! Sono io! >> è Angelo
<< Angelo? Oh scusa ho fatto un sogno strano, puoi dare da mangiare a Sirius? La sua pappa è ...>>
<< non era un sogno, piccola >> mi sussurra con voce grave
<< cosa? E dove sono? >> inizio ad aprire gli occhi e mi guardo intorno. Sono in ospedale << come ci sono arrivata qui? >> gli chiedo frastornata. Il suo viso è bellissimo come al solito e mi sorride ma i suoi occhi sono colmi di preoccupazione
<< la tua vicina ha visto un uomo vestito di nero uscire di casa zoppicando e ha chiamato la polizia. Non mi hai mai detto di essere così manesca >> mi dice con voce amichevole, evidente tentativo di tirarmi su di morale e farmi ridere
<< non volevo dirtelo perché dopo avresti avuto paura di me >> scherzo e gli do un buffetto sulla mano << a dire il vero non lo sapevo nemmeno io >>
<< Sofia? >> mi giro verso la porta e vedo Rossella con uno sguardo terrorizzato << O mio Dio Sofia!! Stai bene??>> si avvicina con le lacrime agli occhi << mi hai fatto prendere un colpo >>
<< sto bene, non ti libererai facilmente di me >> cerco di scherzare
<< vero, questa volta chiamerò un cecchino per farti fuori >> mi dice con una strana voce, un misto tra un singhiozzo e una risata nervosa << mi dispiace tanto >>
<< di cosa? Non sei stata mica tu ad aggredirmi >> le prendo la mano per rassicurarla << non pensare a queste cose>> passa un minuto buono prima che Angelo si decida a rompere quel silenzio imbarazzante
<< vi vado a prendere una cioccolata calda alle macchinette >> ed esce dalla stanza
<< vedi? Anche lui lo sa che la cioccolata è il miglior rimedio dopo un attacco da parte dei Dissennatori >> le dico dopo che se ne è andato
<< uff te e Harry Potter! Stai delirando, hanno appena cercato di ammazzarti e tu parli di Harry Potter. Te lo ficco su…>> ma non riesce a completare la frase che entra il commissario Votta << buongiorno signore >> sobbalziamo e ci giriamo verso di lui. È fermo sulla porta con uno sguardo severo e le braccia incrociate dietro la schiena << vorrei scambiare qualche parola sull’accaduto >> anche se non lo aveva detto esplicitamente, non gradisce la presenza di Rossella, quindi la mia amica esce dalla stanza. Il commissario mi fa molte domande, prima tra tutte <<perché avevo un coltello vicino al letto>>. Non sospetta di me, vuole solo sapere perché era li e non in cucina. Gli racconto tutto, partendo dall’incontro con Rossella di ieri pomeriggio. Gli dico anche della mia sensazione di essere seguita, ogni cosa insomma. Lui ascolta in silenzio, prendendo qualche appunto e quando finisco inizia a chiedermi chiarimenti sulle parti non precise. Gli rispondo come posso e, finito l’interrogatorio, mi saluta e se ne va. Non è stato così terribile come immaginavo.Il dottore non vuole farmi andare a casa, dice che mi tiene lì solo per “accertamenti”. La polizia invece non crede sia una buona idea lasciarmi tornare nel mio appartamento, potrei venire aggredita nuovamente, e bla bla bla. Angelo si offre di stare con me in ospedale tutta notte, a quanto pare non è una decisone presa al momento visto che non c’è modo di mandarlo a casa. Non voglio che passi la notte su una scomoda sedia, quindi decidiamo di dormire nel letto insieme.
Quando ci rannicchiamo sotto le coperte ridacchiando come dei bambini, stretti l’uno nell’altra, lui mi bacia affettuosamente e mi dice << è la prima volta che dormiamo insieme e siamo in un ospedale >> dice divertito << è una cosa normale? >>
<< ne dubito, però è divertente >>
<< oh si molto…e comodo >> mi spinge per avere più spazio strappandomi un indignato “ehi!” e si ferma con uno sguardo preoccupato << non è che hai un coltello sotto i vestiti? >> e ridendo e scherzando, ci addormentiamo.