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Ho avuto mezz'ora di tempo per passare da casa, darmi una sistemata e ripartire per il ristorante, tutto questo in un tempo record.
Con dieci minuti di ritardo, mi ritrovo davanti al ristorante dove mi aspettano mio fratello e Simon.
Ho indosso un completo elegante, visto che dopo devo passare in ufficio da mio papà e i capelli sono legati con uno chignon spettinato.
All'entrata mi ritrovo davanti un cameriere e da come è arredato questo posto, posso constatare che probabilmente dovrò vendere un rene per pagare quello che mangerò.

«Ha prenotato?» mi domanda il cameriere davanti a me.
Scuoto la testa.

«No, ma mi stanno aspettando due uomini» dico guardando verso di lui per cercare dei volti famigliari.

«Bene, mi può dire i loro nomi?» mi chiede gentilmente e con un sorriso cortese. 

«Kevin Sirani e Simon...» ci penso su, ma solo ora mi viene in mente che non so il cognome di Simon.

«Scusi, provo a chiamarli» continuo cercando di non fare figure di merda.
Prendo il cellulare e faccio partire la chiamata, ma nessuno risponde, poi improvvisamente vedo mio fratello passare dietro il cameriere. 

«Lui, quel ragazzo, sono con quel ragazzo» dico sbracciandomi per attirare l'attenzione di Kevin, ma il cameriere non sembra credermi. 

«Ascolti, c'è molto lavoro da fare e io non voglio perdere tempo» dice scocciato.
Mi rendo conto di essere diventata rossa in volto quando sento una risata provenire da dietro di me.

«Francesco, lei è con me» sento la voce di Simon e la sua presenza farsi più vicina.
Mi irrigidisco sul posto.
Non mi piace fare figure di merda, penso che a nessuno piaccia, ma davanti a persone di un certo tenore mi fa sentire ancora più in imbarazzo.
Stupidi ricchi.
Stupide persone con la puzza sotto il naso.
Stupido cameriere.
E stupidi Kevin e Simon che hanno scelto questo posto.
Mi limito a lanciare un'occhiataccia a Simon e al cameriere, per poi sorpassarli.
Vedo mio fratello seduto al tavolo da solo, così affretto il passo per andare da lui, ma vengo fermata da una mano che mi circonda il polso. 

«Prego» mi dice Simon, ha i primi bottoni della camicia slacciati ed i capelli sono spettinati, ma è lo sguardo che mi fa venire la nausea, lo sguardo di chi ha appena avuto un orgasmo.
Per me avere un contatto visivo diretto con qualcuno o anche solo carnale, non sempre, mi fa vedere brevi frammenti di vita di quelle persone e quello che vedo guardando Simon, mi fa venire il vomito.
Mi tolgo malamente dalla sua presa, andando a sbattere contro una sedia.

«Grazie, ma non toccarmi» lui non risponde, ho notato che c'è rimasto male per la mia reazione, ma non posso farci nulla.
Vedo Kevin alzarsi dal tavolo e allargare le braccia esclamando un «finalmente». Ci sediamo, mi metto difronte a mio fratello e appoggio la mia borsa sulla sedia accanto alla mia, in modo tale da non far sedere Simon accanto a me.
Non parlo, non voglio parlare.
Prendo il menù e faccio scorrere distrattamente lo sguardo su ogni piatto.

«Ho già ordinato io per te» mi dice mio fratello.

«Non ho molta fame, mi si è chiuso lo stomaco» dico ripensando a quello che ho visto guardando Simon negli occhi. 

«Come mai?» mi chiede Simon, ha lo sguardo serio e mi fissa come se stesse cercando di capire qualcosa. 

«Ho visto una cosa che mi ha fatto passare la fame, vuoi saperla?» chiedo cercando di restare il più seria possibile.

«Cioè?» domandano tutti e due in coro.
Li guardo e poi inizio a ridere, si guardano confusi per qualche secondo e poi rivolgono lo sguardo verso di me. 

«Davvero Kevin, è stato bruttissimo» dico ritornando seria «Ho visto Simon scoparsi una tua collega» mi copro il viso imbarazzata, non pensavo che dirlo ad alta voce mi imbarazzasse.
Simon spalanca la bocca incredulo. 

«E tu dove cazzo eri?» mi domanda. 

«L'ho visto quando hai incrociato il mio sguardo e mi hai toccato il braccio» dico con disinvoltura, ormai per me è così normale che non ci faccio più caso.
Kevin ride, di gusto anche, si mette le mani sulla pancia e continua a ridere. 

«Oddio Nina, mi sei mancata così tanto» dice asciugandosi le lacrime intorno agli occhi.
Anche tu Kev, lo penso, ma non lo dico. Non dico mai a una persona a cui tengo cose dolci, dopo il suicidio di mia mamma ho iniziato a vivere con il terrore, che qualcuno a cui mi sarei affezionata troppo se ne sarebbe andato, come ha fatto lei.

«Allora, com'è andata la vostra mattinata?» domando per trovare un argomento con cui continuare il pranzo. 

«Papà ti aspettava alla riunione, ma non sei mai arrivata. Dov'eri?» mi domanda mio fratello e solo in quel momento Simon riporta lo sguardo su di me.
Ripenso alla mia mattinata, ma non ci trovo nulla di interessante, così non la racconto.
La vita di quell'uomo ha smesso di essere interessante dopo che ha esalato il suo ultimo respiro.  

«La faccenda che avevo da sbrigare ha richiesto più tempo del previsto, dopo raggiungo Enea in ufficio» rispondo, iniziando a mangiare il mio piatto appena servito. 

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Ciao a tutti, 
spero che il capitolo vi piaccia, se vi va fatemelo sapere con dei commenti.

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