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Il weekend è passato e in casa c'è un clima di tensione a causa mia. Enea l'ha presa abbastanza bene, non ha urlato, non ha sclerato, ha semplicemente detto «Ragazzi abbiamo un problema» per poi uscire dalla stanza e chiudersi nel suo studio.
Ammetto che è stata una reazione inaspettata.

Mi copro il corpo con un telo e faccio la stessa cosa con i capelli, mi rilassa farmi la doccia di mattina è un modo per iniziare bene la giornata, prendo la crema corpo e inizio a spalmarla sulle gambe. Il mio sguardo si ferma inorridito sul riflesso presente allo specchio, ho delle occhiaie che mi arrivano fin sotto i piedi, non dormo molto da quando ho ucciso quell'uomo. Ho messo in pericolo la mia intera famiglia senza rendermene conto e se dovesse succedere qualcosa non me lo perdonerei mai.

«Devi muoverti, la colazione è già stata servita e tu arriverai in ritardo in ufficio» dice Esme entrando in bagno senza neanche bussare.

La sorpasso correndo in camera e iniziando a vestirmi il più velocemente possibile. In pochi secondi indosso un paio di mutande e una camicia  che mi si appiccica al corpo perché ancora bagnato e dei pantaloni gessati. 
Esco dalla camera e cammino a passo svelto verso le scale che portano all'ingresso, immagino che Kevin sia ancora intento a bere il suo caffè e quindi potrà darmi lui un passaggio in ufficio, lo spero. 
Aggiungo alla mia lista mentale delle cose da fare che devo recuperare un'auto oppure informarmi sui mezzi pubblici ed entro nella sala da pranzo trovando seduti al tavolo Simon e Filippo che parlando di una partita che andranno a vedere tra qualche giorno. 
Prendo posto dall'altro lato della tavola, i due fratelli si girano a guardarmi e solo Filippo mi sorride dandomi il buongiorno. 

«Io vado Fili, sono in ritardo» dice Simon prendendo il cellulare ed iniziando a scrivere qualcosa, lascia la stanza lasciandoci soli.

Perchè non mi ha salutato?
Ho fatto qualcosa che non va?
Avrei potuto salutare anche io per prima, non entrare in una stanza della casa in cui sono ospite in silenzio. Stupida Nina.

«Non fare caso a lui, è solo un coglione» Filippo scuote la testa e mi guarda rivolgendomi un sorriso.
Annuisco in risposta e mi maledico per non essere brava come i miei fratelli a fare conversazione, Esme è in grado di parlare anche con i muri. 

«Kevin è già andato?» chiedo sperando in una risposta negativa, ma mi sbagliavo è dovuto partire prima per un appuntamento e questo significa che l'unico modo per raggiungere l'agenzia è prendere i mezzi pubblici. 
Mi pulisco la bocca con un tovagliolo e mi alzo in piedi. 
«Filippo mi puoi dire come faccio a raggiungere l'ufficio con i mezzi pubblici?»

«Posso venire con te, così ti faccio vedere dove puoi scendere» Che carino, spero non gli sia di disturbo, magari aveva altro da fare. 

E' da una vita che non prendo un autobus, mi rilassa prenderli quando trovo il mio posto a sedere, indosso gli auricolari e ascolto la musica osservando il paesaggio, in caso io non riesca a fare tutto questo, odio prendere i mezzi pubblici. 
Sensazione che sto provando ora, visto che mi ritrovo in piedi circondata da gente che non è riuscita a trovare posto a sedere come la sottoscritta.
Sbuffo sonoramente mentre cerco di restare in piedi tenendo stretto tra le mani un palo che arriva fino al soffitto dell'autobus. 
«Prendere i mezzi pubblici in città è sempre un'avventura» 
Guardo Filippo che è in piedi davanti a me, lui a differenza mia sembra completamente a suo agio.
«Lavori anche tu per Enea?»
«No, anche se mi piacerebbe. Prima però voglio finire l'università» 
­«E cosa studi?» alzo lo sguardo per guardare Filippo in volto, è più alto di me di circa venti centimetri, essendo io un metro e sessanta arriverà a misurare un metro e ottanta o ottantacinque. 
«Legge, voglio diventare avvocato come mio papà» mi guardo attorno e noto una ragazza seduta negli ultimi posti che ci osserva, o meglio sta incenerendo me con lo sguardo.
Forse era la sua ragazza?
«Hai la ragazza Filippo?» la mia domanda lo coglie di sorpresa, arrossisce leggermente e scuote la testa.
«No, non ho bisogno di distrazioni»
«Allora perchè c'è una ragazza seduta in uno degli ultimi posti che mi guarda come se volesse staccarmi la testa?»
Filippo si gira alla sua destra per vedere di chi sto parlando e appena individua la ragazza succede una cosa del tutto inaspettata. Le guance del mio quasi fratellastro si tingono di rosso e inizia a balbettare. 
«N-no... c-c-cioè...siamo solo amici» sospira. 
Mi viene da ridere, ma non perchè mi diverte, ma lo trovo tenero. 
«hmm... farò finta di crederci» gli sorrido dolcemente «Però è molto carina, vai a parlarci. Secondo il navigatore alla prossima fermata devo scendere» 
Filippo annuisce e prima di andare verso la sua amica mi saluta dicendomi «Ci vediamo a casa, buona giornata». 
Che carino. 

Scendo appena le porte dell'autobus si aprono, fortunatamente non devo camminare troppo, l'ufficio si trova qualche metro più il là da dove sono scesa. 
Prima di entrare mi do una sistemata specchiandomi nel riflesso di un finestrino. I capelli sono ancora in ordine nella coda che ho fatto stamattina, ho due occhiaie che fanno paura, ma non amo truccarmi e quindi preferisco restare al naturale. 
Ok, sono pronta per entrare. 
Il finestrino nel quale mi stavo specchiando si abbassa e compare la faccia di Simon seduto dal lato del guidatore. Indossa degli occhiali da sole, ha un accenno di barba e i capelli sono un pò spettinati, ma questo non lo rende meno bello, i primi bottoni della camicia sono slacciati e le maniche sono arrotolate sui gomiti. 
«La prossima volta che vorrai specchiarti ricorda che all'interno dell'agenzia ci sono dei bagni e indovina? hanno anche degli specchi» mi dice usando un tono da presa per il culo. 
Mette in moto l'auto, ma fortunatamente faccio in tempo a rispondergli. 
«Quando ti troverai con la macchina sfasciata ricordati di me, sarà un dono per la tua simpatia» 
Mi giro verso la porta di ingresso ed entro, lasciandomi alle spalle la risata di Simon. 






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